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25 Ottobre 2023 14:07

Cosa si mangia per Ognissanti e il giorno dei morti: i cibi della tradizione

Come il Natale o la Pasqua, anche le festività del primo e due novembre hanno degli ingredienti caratteristici, in un mix che lega prodotti stagionali e regionali alla simbologia religiosa e popolare.

A cura di Federica Palladini
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Tra celebrazioni cristiane e culti pagani, la festa di Ognissanti e il giorno dei morti, che cadono rispettivamente il 1° e il 2 novembre, hanno radici antichissime, che spesso uniscono la loro origine religiosa con quella popolare, come succede non di rado in questo genere di ricorrenze e dove il cibo diventa uno degli attori protagonisti. Anche queste festività portano con loro piatti e ingredienti della tradizione regionale – sebbene meno conosciuti rispetto a quelli del Natale e della Pasqua – dove la stagionalità si mescola al simbolismo. Non è un caso quindi, che in queste ricette da Nord a Sud ci siano legumi come i ceci e le fave secche, le castagne e le verze, dolci con melagrana e a forma di bara.

1. Ceci

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La tradizione vuole che fin dai tempi degli antichi Romani i legumi siano legati alla commemorazione dei defunti, in quanto "dai semi nasce il frutto", quindi la vita e così venivano consumati durante queste celebrazioni. Nel mondo contadino era abitudine far trovare in tavola la zuppa di ceci, così che i morti, tornando in visita nella notte a cavallo dei due giorni, potessero nutrirsi e scaldarsi. Per esempio la cisrà piemontese è una zuppa con ceci, verdure di stagione e trippa, simile a quella diffusa nel pavese, in Lombardia, che vede al suo interno le costine di maiale. I ceci in zimino, invece, sono tipici della Liguria: si tratta sempre di questi legumi in brodo, ma in versione vegetariana, con le bietole e il pomodoro, sotto forma di passata o concentrato.

2. Fave secche

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In versione zuppa, macco o stufate, le fave in molte zone d’Italia, dal Veneto alla Sicilia, non potevano mancare in quanto erano una connessione con l’aldilà, rappresentazione nelle credenze popolari delle anime dei morti. Si usavano come offerte, si masticavano in prossimità delle tombe o si esponevano sui davanzali delle finestre, sempre in segno di dono. In Liguria le fave si chiamano bacilli e si servivano accompagnate con il baccalà, mentre in Sicilia si cucinavano le fave a cunigghio (a coniglio), condite con aromi, aglio, sale e pepe. In Veneto, ma non solo perché si trova più o meno in tutta Italia, c’è un dolce ancora in auge che ne prende in prestito la forma e il nome: le fave dei morti, biscotti secchi realizzati con pinoli o mandorle, aromatizzate con grappa o anice a seconda della regione.

3. Castagne

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Altro prodotto tipico dell’autunno sono le castagne, ingrediente di tante ricette che riportano alle commemorazioni dei cari estinti. In Liguria si usavano consumare le castagne bollite, dette balotti, che venivano mangiate durante la funzione della vigilia dedicata ai defunti, così come in molte famiglie contadine italiane si era soliti lasciare ai cari trapassati della castagne cotte sulla tavola, magari accompagnate da un bicchiere di vino. O ancora, il castagnaccio toscano è un classico dolce da realizzare per questa ricorrenza.

4. Verza

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La verza è un ortaggio che appare quando le temperature scendono e i terreni iniziano a gelare. Poiché il suo arrivo coincideva con l’inizio di novembre (parliamo al passato perché negli ultimi anni il freddo si è spostato qualche settimana più avanti) era presente in diverse specialità regionali da Nord a Sud legate a queste festività. In Piemonte c’è la zuppa del Canavese a base di cavolo verza e pane raffermo chiamata anche zuppa dei Santi o zuppa dei Morti, mentre in Molise, nella zona di Carovilli in provincia di Isernia si preparavano le sagne e jerv, una pasta fresca povera a base di acqua e farina condita con le verze più giovani e tenere da lasciare ai defunti al momento del loro ritorno durante la notte. In Lombardia resiste nel tempo la cassoeula, un sostanzioso piatto tradizionale con verza, costine di maiale, cotenna e salsiccia.

5. Carne salada

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In Trentino per rendere omaggio ai defunti si porta in tavola la carne salada, un piatto caratteristico di questa regione realizzato solitamente con carne di bovino adulto (ma può essere anche di selvaggina) messa sotto sale e conservata in una salamoia aromatizzata con aglio, pepe, bacche di ginepro, alloro e rosmarino. Si mangia tagliata a carpaccio, in fette sottili.

6. Grano dei morti

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Grano precotto, melagrana, vincotto di fichi, gherigli di noci, zucchero di canna, cioccolato fondente, cannella in polvere: potrebbe sembrare (quasi) una modernissima bowl, ma in realtà il grano dei morti è un dolce tipico della provincia di Foggia, in Puglia, di tradizione contadina e popolare che veniva preparato con il grano benedetto durante la messa del 2 novembre. La ricorrenza dei defunti coincideva con il momento delle ultime semine e così si ringraziava anche la terra per i frutti che aveva donato: la melagrana, infatti, è simbolo di prosperità e buon auspicio.

7. Torrone dei morti

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Dolce tipico del napoletano, questo torrone dalla forma di bara, tanto da essere chiamato anche ‘o murticiell (piccolo morto), si trova nelle pasticcerie, nelle bancarelle e nei chioschi in occasione di Ognissanti e del giorno dei defunti. In questa versione è un lingotto scuro con cioccolato fondente e nocciole, ma ne esistono diverse varianti, bianche, al pistacchio e al caffè. Anche questo dolce nasceva come cibo dato in offerta ai trapassati, per rendere più piacevole il loro viaggio verso l’aldilà.

8. Pan dei morti

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Le origini del pan dei morti si perdono tra i miti dell’antica Grecia, fino ad arrivare in Brianza e in molte zone del Nord Italia, tra Liguria e Lombardia, dove questi dolcetti a base di biscotti secchi, uvette, frutta secca e spezie a seconda della ricetta di famiglia sono ancora molto diffusi durante queste festività. Una volta preparati in casa, e portati in tavola per nutrire simbolicamente anche i defunti, adesso si trovano in molti panifici e pasticcerie.

9. Frutta martorana

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La frutta martorana è un prodotto tradizionale siciliano, conosciuto non solo in Italia, ma in tutto il mondo, espressione della maestria delle monache della Chiesa della Martorana, situata nel centro di Palermo che le confezionavano fino alla metà del ‘900. Si tratta di riproduzioni perfette di frutti come fichi d’India, uva, pere, mele, arance, mandarini – ma anche di ortaggi – realizzate nei minimi dettagli modellando la pasta di mandorle (detta anche pasta reale) e il miele. La frutta martorana si presenta di solito all’interno di ceste o cassette, abbondante e colorata.

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