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27 Dicembre 2023 15:00

Come capire se il cotechino è buono: riconoscerlo e cucinarlo alla perfezione

Il cotechino è uno dei piatti must have del Capodanno: per gustarlo al meglio bisogna acquistarlo di qualità e cuocerlo senza rovinarlo. Ecco i nostri consigli, con ricette e abbinamenti da provare.

A cura di Federica Palladini
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Salumi e insaccati sono prodotti che fanno parte della tradizione gastronomica italiana: durante i 12 mesi dell’anno non tutti, però, vivono la stessa popolarità. Quando si avvicina la stagione invernale e specialmente il periodo natalizio, ce n’è uno che improvvisamente torna a far parlare di sé dopo un lungo silenzio: si tratta del cotechino, presente in ricette classiche come il tipico bollito misto, ma soprattutto protagonista indiscusso del menu di Capodanno, quando si gusta accompagnato con le lenticchie in umido in segno di buon auspicio.

Come si riconosce un cotechino di qualità? Deve essere porzionabile, con la fetta che mantiene la sua forma e non si rompe, in un equilibrio tra morbidezza e compattezza; avere un colore roseo, tendente al rosso con una consistenza granulosa omogenea e un profumo delicato. Va consumato esclusivamente dopo averlo cucinato immerso in una capiente pentola ricolma d’acqua per un tempo che va da 20 minuti a più di due ore a seconda se acquistato precotto o fresco.

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Come capire quando un cotechino è di buona qualità

Come per il prosciutto o il guanciale, anche i cotechini non sono tutti uguali: bisogna preferirli di qualità, scelta raccomandata non solo per mangiare un prodotto ottimo sotto il punto di vista organolettico e nutrizionale, ma anche per avere una sicurezza maggiore che tutta la filiera sia stata il più virtuosa possibile, a partire dal trattamento dell’animale. Ci si può quindi rivolgere al macellaio o al salumiere di fiducia, oppure puntare su prodotti certificati come il Cotechino di Modena Igp, di cui la trasformazione è supervisionata da un disciplinare e il consorzio di tutela.

Il cotechino è un insaccato realizzato con carni suine macinate, cotenna, sale e pepe, a cui possono essere aggiunti spezie e aromi naturali: il tutto inserito all’interno di un budello naturale o artificiale. È privo di glutine e di lattosio e in commercio si trova fresco o precotto: quest’ultimo ha già subito un trattamento termico a temperatura elevata che stabilizza consistenze e profumi.

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Un cotechino di buona qualità si presenta nella sezione rosaceo, puntinato in modo non uniforme. La fetta è morbida e collosa, non troppo compatta o gommosa, e deve essere facilmente ricavabile, senza sgretolarsi. Nei cotechini, come nella maggior parte dei salumi e insaccati in vaschetta, è contemplato l’uso di additivi, per esempio il nitrito di sodio per le sue proprietà coloranti – nel Cotechino Modena IGP il massimo di tollerabilità è di 140 parti per milione – ed è utilizzato soprattutto nei prodotti precotti rispetto a quelli freschi artigianali. Il consiglio è quello di affidarsi ad aziende bio e leggere con attenzione l’etichetta.

I trucchi per cucinare il cotechino alla perfezione

Cucinare il cotechino non è complicato, c’è bisogno però di qualche accorgimento. Prima di tutto avere una pentola capiente, abbastanza larga da permettere all’insaccato di restare orizzontale.

Il prodotto fresco può avere bisogno di un ammollo in acqua a temperatura ambiente o fredda di circa 1 ora e mezza, 2 ore, per dare all’involucro una maggiore elasticità, evitando che si rompa: la rottura del budello, infatti, comprometterebbe l’intera operazione, rendendolo non commestibile.

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A questo punto si procede avvolgendo il pezzo nella carta da cucina, bucherellandola con uno stecchino, forando così anche il budello: in questo modo si mantiene compatto il cotechino e allo stesso tempo si permette al grasso dell’impasto di fuoriuscire. Se il cotechino quando comprato ha la sua retina non serve coprirlo con l’alluminio, resterà saldo. Si immerge in acqua fredda, si porta a bollore dolcemente e si cuoce a fuoco basso per due ore e mezza, calcolando un cotechino di medie dimensioni.

Si capisce che è cotto facendo la prova dello stecchino, un po’ come nei dolci: infilato, affonderà trovando la giusta resistenza, cedevole e non gommosa. Si può fare lo stesso test anche tastandolo con le dita o con un cucchiaio.

Per il cotechino precotto, la cottura è molto più pratica e veloce: l’insaccato è inserito all’interno di una busta sigillata che deve essere lasciata intatta. Il metodo per cucinarlo viene indicato sulla confezione: comunemente si porta prima l’acqua a bollore e poi si unisce il cotechino che in circa 20-30 minuti è pronto. I tempi dati dai diversi produttori sono solitamente corretti: il suggerimento è quello di rispettarli, così da non rischiare che una volta tolto dal rivestimento si spezzi.

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Ricette e abbinamenti con il cotechino

Le ricette con il cotechino sono strettamente legate alla tradizione, anche se in realtà è più versatile di quanto si possa immaginare. Tra gli abbinamenti più celebri quello con le lenticchie, nel classico di San Silvestro, o da servire con altri legumi tipo i fagioli o del purè di patate o topinambur, per un pranzo della domenica autunnale e invernale. Essendo un alimento grasso, che risulta quasi gelatinoso in bocca, si accompagna bene a salse che puliscono il palato come il cren, realizzata con la radice di rafano, forte e piccantina.

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Nel veronese è tipico il binomio con la salsa pearà, a base di pane raffermo, midollo di bue, brodo di carne e tanto tanto pepe, ingrediente che ne conferisce la nota di sapore caratteristica. Un modo per portare in tavola il cotechino in una versione più elaborata (ma sempre facile) durante le Feste è prepararlo in crosta di pasta sfoglia, arricchito con spinaci oppure si può adoperare per guarnire delle tartine di polenta e lenticchie, così da rivisitare un secondo piatto rustico in chiave antipasto creativo.

Un'ottima idea del riciclo è quella di farci delle polpette, che possono diventare anche un finger food gourmet se presentate con un un twist inaspettato, per esempio il chutney di cipolle, mele e zenzero, ideali per l’aperitivo.

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Quello che i piatti non dicono
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