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23 Dicembre 2022 12:30

I primi piatti delle feste natalizie: dimmi dove abiti e ti dirò “che pasta sei”

L'Italia è il Paese della pasta e, solo per le feste natalizie, si contano una ventina di primi piatti diversi da mangiare secondo la tradizione locale. Vediamoli tutti, dai calorosi canederli ai freschi spaghetti con le vongole.

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Tra cenone della vigilia di Natale e la festività stessa del 25 dicembre l'Italia presenta uno splendido mosaico colorato di pietanze fantastiche con tanti gusti diversi, a volte anche solo nelle sfaccettature. Se ci aggiungiamo anche San Silvestro, Capodanno e l'Epifania scopriamo che nel Bel Paese le feste hanno il sapore della pasta, di primi tanto diversi a seconda delle regioni, ma sempre squisiti. Passiamo dagli spaghetti con le vongole agli agnolotti del plin, senza dimenticare cappelletti e tortellini, i canederli o i cjarsons. Spesso sono paste ripiene fresche, a volte troviamo pasta secca riccamente condita: certo è che a prescindere dalla latitudine, alle nostre tavole ci si diverte molto durante le feste.

I formati di pasta delle feste natalizie in Italia

Paste secche, fresche, ripiene, corte, fini, lisce, rigate: quanti formati di pasta esistono in Italia? Oltre 300 da Nord a Sud per una varietà che sottolinea l'incredibile ossessione che abbiamo per questo cibo squisito. I formati di pasta che usiamo durante le feste sono tutti squisiti e raccontano la storia del nostro Paese: i legami con le vicissitudini del nostro passato sono tantissimi e ancora oggi ci portiamo dietro tradizioni secolari. Vediamo insieme i formati di pasta più iconici che mangiamo durante le feste.

1. I tortellini modenesi e bolognesi

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Secondo la leggenda i tortellini nascono da un oste guardone che, a Castelfranco Emilia, spia una donna bellissima dal buco della serratura e, spinto dalla bellezza di quelle forme, scolpisce nella pasta fresca l'ombelico della donna. Questa è una delle leggende più note della nostra cucina perché i tortellini sono amatissimi in ogni regione d'Italia e, grazie ad alcuni imprenditori, sono riusciti ad arrivare sulle tavole di milioni di persone tramite la grande distribuzione. Questo è un fattore non da poco: molti formati, con le loro tradizioni, sono rimasti confinati nelle rispettive località perché impossibili da trasportare. Il tortellino grazie alla sua bontà ha conquistato le feste italiane: in Emilia-Romagna e nella maggior parte d'Italia il giorno di Natale si mangiano i tortellini in brodo. Curiosamente questo non avviene nella Capitale: a Roma i tortellini si consumano il giorno di Santo Stefano.

2. Gli agnolotti del plin piemontesi

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Gli agnolotti del plin sono tipici della zona del Monferrato e sono in realtà una variazione di un formato più antico, gli agnolotti per l'appunto. A differenza del formato tradizionale, quelli del plin sono "pizzicati" ("plin" significa letteralmente questo in piemontese). Si tratta di una pasta all'uovo ripiena di vitello e maiale, in alcuni casi puoi trovare degli spinaci e questi sono di colore verde. Squisiti in brodo, molti "non-piemontesi" infatti li propongono con questa ricetta a Natale, ma la tradizione li vede solo con burro, salvia e parmigiano; i più fortunati ci aggiungono qualche sfoglia di tartufo che esalta il piatto ancor di più.

3. La fregula sarda

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Un formato composto solo da semola di grano duro e acqua: la fregula è uno dei prodotti più iconici della cucina sarda e ci sono tantissime ricette squisite con questa pasta come protagonista. Caratteristica è sicuramente la forma perché sono dei granellini ottenuti facendo roteare l'impasto e messi a essiccare al sole in un setaccio, ricoperti da un canovaccio. La tradizione ci porta nel mondo dei brodi: la fregola si serve in minestre di pesce, verdure o carne. Ci sono diverse versioni di questo piatto in giro per la Sardegna: squisita è anche una versione un po' più grossa chiamata Pilau di Calasetta condita con un fumetto di pesce, l'aragosta e un granchio sardo, la capra di mare, che si fa spesso alla Vigilia di Natale a Cagliari e dintorni.

4. I canederli trentini (e di tutto il settentrione) 

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Non tutti considerano i canederli una vera pasta perché sono come polpette di pane raffermo, farina, uova, speck, prezzemolo e parmigiano. Chiamati anche knödele, con questo nome tradiscono la discendenza da un ceppo germanico e la provenienza del Trentino Alto-Adige ma già in tempi piuttosto remoti hanno conquistato le tavole di tutto l'arco alpino. Pensa che in un libro del 1700 sono già elencati quindici tipologie diverse di canederli, che toccano Trentino, Veneto, Friuli e Lombardia. Inutile dire che sono perfetti per Natale e solitamente si servono in un brodo di carne piuttosto consistente. In alcune zone montane li puoi trovare anche con un sugo di carne e burro fuso.

5. I cappelletti romagnoli

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Per molti il sapore del Natale è lo stesso dei cappelletti: caldi, avvolgenti, scrigni di un passato antico e glorioso. Le prime testimonianze di questo formato di pasta  risalgono al 1200, a parlarne è fra’ Salimbene da Parma ma sappiamo della loro connessione col Natale solo a partire dal 1500 grazie a Cristoforo di Messisbugo e Bartolomeo Scappi che perfezionano la ricetta alla corte estense di Ferrara e cominciano a servirli durante i pasti delle feste. I cappelletti fanno innamorare tutti i prelati presenti che ne parlano come di un piatto raffinato e nobile, adatto alla solennità del Natale e di tutti i giorni di festa. In Romagna, non a caso, la tradizione prevede i cappelletti come "ultima cena" prima del digiuno quaresimale.

6. Gli spaghetti con le vongole napoletani

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Alla Vigilia di Natale non c'è scampo se sei in una casa a Napoli perché il menu è sempre lo stesso: solo pesce e verdure sia negli antipasti sia nei secondi, ma come primo piatto ci sono gli spaghetti alle vongole. La ricetta è semplicissima e, di casa in casa, varia al massimo per la presenza di qualche pomodorino del piennolo aggiunto al sugo per dare colore e dolcezza al piatto. Da secoli ormai la tradizione è più che consolidata: se alla Vigilia non puoi mangiar carne per motivi religiosi non c'è problema, gli spaghetti "a vongole" sono il palliativo perfetto.

7. I calzoncelli pugliesi

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Hanno tanti nomi diversi: c'è chi li chiama cazune, chi calzoncieddi, chi agnolotti baresi. Sono dei fagottini ripieni a base di semola e acqua, farciti con ricotta, uova e/o carne macinata. Questa tradizione è in via d'estinzione ed è un peccato perché sono squisiti e la ricetta col ragù è una bomba ma purtroppo hanno dato vita a una nuova ricetta, ancor più speciale, che li sta mettendo nel dimenticatoio. I calzoncelli dolci (come in foto) sono un dessert tipico del Natale pugliese, ripieni di castagne, miele, buccia d'arancia e cacao. Nelle case più tradizionaliste sopravvivono i calzoncelli salati, anche questi preparati il 25 dicembre.

8. I culurgiones sardi

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Ripieni di patate, pecorino e menta sono forse i ravioli più (esteticamente) ricercati di cui abbiamo conoscenza. Le decorazioni dei culurgiones sono splendide, minuziose, pensate fin nei minimi particolari con quel bordo appuntito. La farcia varia a seconda della zona e con lei anche la salsa scelta. La più comune è a base di pomodoro e basilico, ottimo anche il condimento con burro e salvia. Oltre ad essere un primo piatto tipico del Natale, i culurgionis nei giorni di festa sono anche un gradito dono come segno di amicizia e rispetto. Sono considerati a tutti gli effetti un piatto cerimoniale e, di conseguenza, hanno tutta una riverenza da parte dei sardi (in particolare dell'Ogliastra) che eleva questa pasta al livello di un monile.

9. Le lasagne emiliane

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Garfield odia i lunedì e ama le lasagne: il celebre gattone ha gusti semplici e pure incontrovertibili. Quello che il personaggio inventato da Jim Davis non sa è che in Italia le lasagne sono consumatissime a Natale. Ci troviamo di fronte a quello che è, forse, il più celebre formato di pasta al mondo dopo gli spaghetti. Le lasagne sono antichissime e ancor oggi le sfogline emiliane tengono viva questa tradizione nei giorni di festa condendo la pasta sottilissima e ricca di uova con il ragù alla bolognese, altro simbolo di abbondanza tipico dei giorni di festa. Nel Sud Italia molti le lasagne le conservano invece per l'Epifania.

10. I natalin liguri

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Foto dalla pagina Facebook "Cucina Ligure"

Nomen omen oseremmo dire: pranzo di Natale o cena della Vigilia, la tradizione impone brodo di trippa e natalin in tutta la Liguria. Ma cosa sono? Maccheroni lunghi e schiacciati con le estremità tagliate storte. I natalin in to broddo a Genova sono arricchiti da salsiccia e polpettine. Una versione più edulcorata sostituisce il brodo della trippa con quello di cappone. Una vera leccornia.

11. I passatelli del Centro Italia

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Anche in questo caso non possiamo dire di trovarci di fronte a una vera e propria "pasta" ma a Natale è senza dubbio uno dei primi piatti più modaioli che ci siano: i passatelli in brodo. Classico intramontabile della cucina del Centro Italia, trovano la massima espressione in Umbria ed Emilia. La preparazione è molto semplice con pangrattato, uova, noce moscata, pepe, midollo di bue e Parmigiano Reggiano.

12. I tortelli di zucca mantovani

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Possono essere a mezzaluna e chiusi "a caramella". chiusi come dei tortellini più grossi o rettangolari come dei ravioli, i tortelli di zucca sono un simbolo di Mantova. Il ripieno è composto principalmente dalla zucca mantovana, per l'appunto, a cui si aggiungono amaretti, mostarda, noce moscata e Parmigiano Reggiano. La tradizione natalizia ormai è desueta ma non perché non si cucinino più a Natale, anzi: sono così buoni che si fanno tutto l'anno. L'usanza nel territorio mantovano e nelle città circostanti è però ancora viva e durante le feste natalizie non possono mai mancare.

13. I manfredi con la ricotta campani

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La ricetta è regionale e non cittadina perché il piatto è strettamente legato alla città di Benevento: questo primo, tipico e immancabile nel menu di Santo Stefano, è il piatto principale del 26 dicembre in tutta la Campania. L'origine è quasi mistica: sarebbero stati inventati nel 1250 in onore del re Manfredi di Svevia, ultimo sovrano della dinastia sveva del Regno di Sicilia. In un viaggio a Benevento, città in cui sarebbe poi morto in battaglia per mano degli Angioini, avrebbe trovato un piatto a lui dedicato: un nuovo formato di pasta, chiamato proprio "Manfredi" (che col tempo sono diventati mafaldine, tripoline o reginette), conditi con una passata di pomodoro e il suo formaggio preferito, ovvero la ricotta. Ovviamente si tratta di una leggenda perché i pomodori sono una di quelle leccornie provenienti dal Nuovo Mondo e abbiamo cominciato a mangiarli solo nel 1700 ma è probabile che ci sia un fondo di verità: vera potrebbe essere la storia della pasta con la ricotta, dubbi ci sono solo sul sugo.

Gli "altri" primi piatti di pasta tipici delle feste italiane

Questi sono i 13 più famosi ma in realtà ci sono tantissimi altri formati e altrettante ricette in giro per la nostra bella nazione che meritano una menzione. È il caso, ad esempio, dei casonsei, piatto tipico di Brescia e Bergamo: sono ravioli di farina, uova e sale, ripieni di carni aromatizzate con noce moscata nella prima città, oppure patate, salame tagliato, salsiccia, spinaci e formaggio in Val Camonica. Molto simili sono anche i casunziei, dei ravioli a forma di mezzaluna ripieni di barbabietole e burro tipici della provincia di Belluno.

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I malloreddu sardi

Scendendo in Abruzzo, Umbria, Lazio, Molise e Marche troviamo le sagne, pasta antichissima di origine abruzzese che si prepara con farina (a volte di farro), acqua e uova e si mangia con i fagioli in una zuppa molto nutriente e vegetariana preparata per la Vigilia, giorno di magro. Sempre in Abruzzo si fa la zuppa di volarelle, l'unico formato di pasta fritto cucinato durante le feste. Serviti in brodo di cardi, qualcuno aggiunge fagioli o altri legumi per insaporire il liquido. Spostandoci verso Ovest ci rechiamo per l'ultima volta in Sardegna con i malloreddus, un piatto storico simile agli gnocchi ma di forma più piccola: tradizionalmente si fanno nel giorno dei morti ma sono il piatto sardo delle feste per antonomasia.

A Sud torniamo in Campania con gli ziti spezzati, rivaleggiano con le lasagne come piatto per eccellenza dell'Epifania ma in molti li preparano anche durante le feste natalizie sia con il ragù sia in una versione di timballo. Sempre in Campania nascono gli strascinati ma si diffondono velocemente in Basilicata, Calabria e Puglia. In particolare quest'ultima regione prepara una versione con grano arso davvero squisita. Restiamo in quest'ultima regione perché è vero che le trovi tutto l'anno ma almeno in una delle sei giornate di festa del periodo ogni vero pugliese le cucina: le orecchiette. Nate a Bari tra il XII e il XIII secolo, sono un formato davvero iconico di tutta la regione. Il condimento tradizionale è con il ragù di castrato, oggi però le cime di rapa dominano incontrastate. In Calabria troviamo invece i fileja, dei lunghi e irregolari cordoni di pasta arrotolati attorno a un ferretto, sono diffusi soprattutto nelle zone di Vibo Valentia e Tropea e si cucinano tra Santo Stefano e Capodanno. Molti calabresi chiamano i fileja erroneamente "maccaruni", ma i "veri" maccaruni sono siciliani dove un tempo venivano preparati su una spianatoia di legna chiamata sbria. Il pasticcio di maccaruni è uno dei piatti immancabili delle feste di Natale e si preparano anche per la festa di San Giuseppe a Palermo. Sono simili ai bucatini ma hanno un diametro più grande e sono irregolari.

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Quello che i piatti non dicono
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