Negroni, Spritz, ma anche Bellini e Garibaldi: il nostro paese può vantare il titolo di patria dei drink dedicati all'aperitivo, ma non solo: tra iconici bitter e amari, prosecco, frutta fresca ed erbe di montagna ecco alcune delle miscele che hanno fatto la storia.
In Italia i cocktail hanno una storia lunga, soprattutto quando si parla di aperitivo. Proprio qui, infatti, sono stati inventati alcuni dei bitter più iconici, come il Campari in Lombardia e l’Aperol in Veneto, che hanno dato vita a drink diventati intramontabili, dall’Americano al Negroni, passando per lo Spritz, celebri ben oltre i confini nazionali. Di seguito ne abbiamo selezionati otto che vale la pena conoscere (e provare davanti a qualche stuzzichino), raccontando anche un po’ delle loro origini, tra errori entrati nella leggenda della mixology e dediche a personaggi illustri, tra pugili, artisti e patrioti.
Iniziamo dal capostipite dei grandi classici italiani, oggi meno noto rispetto ad altri. Nasce probabilmente nell’Ottocento unendo due eccellenze della miscelazione nostrana, il Campari, bitter lombardo messo a punto nel 1860 da Gaspare Campari e il vermouth rosso, tipico del Piemonte e, in particolare, di Torino, inventato a fine Settecento da Antonio Benedetto Carpano. Si serve con ghiaccio in un bicchiere basso, quello dell’Old Fashioned, e si guarnisce con una fettina di arancia. Il gusto è piacevolmente amaro e aromatico e la gradazione alcolica si aggira intorno ai 20 gradi: un drink old school, perfetto per i puristi dell’aperitivo.
Nonostante il nome, l'Americano è italianissimo e arriva agli inizi del ‘900 come evoluzione del Mi-To: si aggiunge soda (o selz), che lo rende più leggero. Ricapitolando quindi: bitter, vermouth rosso e una spruzzata di acqua gassata molto frizzante, per un cocktail pre cena diventato un evergreen. Perché si chiama così? In onore del famoso pugile Primo Carnera, che nel 1933 vinse negli States il titolo dei pesi massimi al Madison Square Garden di New York, incontro entrato nella storia dello sport.
Terzo in ordine di comparsa, ecco il Negroni, che può essere definito il “figlio” dell’Americano. In questo caso, oltre al vermouth rosso e al bitter si unisce il gin in parti uguali, dando origine a un cocktail dal carattere più forte dei precedenti: a renderlo strong è anche la gradazione alcolica sui 28% vol. La sua storia si lega alla città di Firenze e al conte Camillo Negroni, che desiderava una versione più intensa e robusta dell’Americano: siamo nel 1919 nell’aristocratico Caffè Casoni, che lancia uno dei drink italiani più eleganti e famosi al mondo.
L’errore più azzeccato della mixology italiana? Ovviamente il Negroni Sbagliato, frutto di una svista del titolare e barman del Bar Basso Mirko Stocchetto (nato a Venezia nel 1931), considerato il padre dell’aperitivo milanese: nel 1972, mentre stava preparando un Negroni, eccolo che afferra senza vedere lo spumante Ferrari invece del gin, mescolandolo al Campari, al vermouth rosso, al cubetto di ghiaccio e alla fetta di arancia. Il risultato è un cocktail meno alcolico, più beverino, in equilibrio tra dolcezza e note amaricanti: una vera icona.
L’origine del Bellini è antecedente a quella del Negroni Sbagliato, ma sono in qualche modo legate: Mirko Stocchetto, prima di trasferirsi a Milano, aveva lavorato nel prestigioso Harry’s Bar di Venezia accanto ad Arrigo Cipriani, figlio del proprietario Giuseppe. Ѐ quest’ultimo, nel 1948, a miscelare il prosecco di Valdobbiadene con purea di pesca bianca, creando un drink leggero e vivace (sui 7-8 gradi) in omaggio al pittore veneziano Giovanni Bellini. Si serve in una flûte, il celebre calice dal gambo sottile: perfetto per l’aperitivo serale, ma anche per il brunch o un pre-pranzo rinfrescante. Varianti di questo sparkling cocktail sempre by Cipriani sono: il Rossini (come il compositore), con la polpa di fragole al posto delle pesche, il Tintoretto (come il pittore, con il succo di melograno). Non dimentichiamo che Giuseppe Cipriani è anche l’ideatore del carpaccio, raffinato piatto di carne cruda che s’ispira all’omonimo pittore veneziano.
Ancora adesso a Nord Est, la sua patria, è difficile chiamarlo “cocktail”, un termine piuttosto modaiolo per chi un bicchiere di spritz lo vive come un luogo dell’anima. Ma tant’è, visto che il mix di prosecco, seltz e Aperol è entrato ufficialmente nella lista IBA nel 2011, all’interno della categoria “New Era”. L’Aperol Spritz deve il suo grande successo (nazionale e internazionali) alle campagne di marketing del bitter nato a Padova nel 1919 e poi passato nel 2003 al gruppo Campari, ma questo drink affonda le sue radici nell’800 quando, nel Veneto occupato, i soldati austroungarici spruzzavano (spritzen) l’acqua nel vino bianco, per diluirlo: poi nei primi del ‘900 iniziò a venire macchiato con Aperol (a Padova) e Select (a Venezia), diventando il re dell’aperitivo, dall’inconfondibile colore rosso-arancione.
Lo Spritz nel corso del tempo accoglie tantissime rivisitazioni (un po’ come il tiramisù): si usano il Campari, il Cynar e China Martini, che regalano sempre un gusto più o meno amarognolo. Una nuova versione che, invece, punta completamente sulla dolcezza arriva nei primi anni 2000 dall’Alto Adige, dove lo sciroppo di fiori di sambucoo di melissa, piante tipiche del territorio, sostituisce gli amari e i bitter, dando alla bevanda a base di prosecco un colore chiaro, trasparente e inedite note zuccherine e floreali, che vengono subito apprezzate. Lo Hugo Spritz (o più semplicemente Hugo) è considerato ormai un grande classico, leggermente alcolico e molto aromatico, da completare con foglioline di menta.
Concludiamo con un cocktail che unisce simbolicamente Nord e Sud con gli unici due ingredienti che lo compongono: il Campari lombardo e il succo d’arancia siciliano. Leggenda vuole che sia stato messo a punto proprio sulle navi garibaldine miscelando l’agrume con il Marsala, anche se probabilmente la sua avventura inizia nei primi del ‘900, come per gli altri drink che vedono protagonista il Campari: si prepara mettendo insieme cubetti di ghiaccio, il bitter e il succo di arancia appena spremuto, con il risultato di un aperitivo dissetante, in equilibrio tra l’amaro e il dolce, servito in un tumbler alto, che ricorda nel colore brillante la giubba di Garibaldi e dei 1000 che fecero l’impresa.