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18 Dicembre 2020 11:00

Da Nord a Sud, 20 piatti natalizi della tradizione con i vini giusti in abbinamento

Nel numero infinito delle proposte natalizie regionali, abbiamo scelto venti piatti tradizionali da portare in tavola con il giusto vino in abbinamento. Molti piatti si assomigliano: da Nord a Sud spopolano i brodi con le paste ripiene, i bolliti e le verdure invernali, mentre i dolci sono carichi di ingredienti. Ma anche il vino italiano si presta a tanti abbinamenti divertenti.

A cura di Francesca Ciancio
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I piatti della tradizione natalizia e i giusti vini in abbinamento

A Natale la tradizione vince su tutto. Se abbiamo avuto un intero anno per scoprire e appassionarci alle cucine del mondo – soprattutto in chiave delivery per questo 2020 – ora è tempo di ricette delle nonna, delle astuzie delle mamme, di quel segreto che ci si tramanda in famiglia per fare al meglio quel piatto.

Non c'è tavola imbandita a Natale che non abbia almeno una portata della tradizione: in Italia ce ne sono diverse decine per ogni singola regione. Il numero quindi si fa cospicuo e una rassegna completa assomiglierebbe più a un'enciclopedia che a un articolo, ma qui il focus è un altro: trovare la migliore proposta vino per le ricette natalizie nostrane, dal Nord al Sud, tra somiglianze e divergenze. E se diventa difficile trasgredire sul cibo, divertiamoci almeno nello scegliere l'etichetta più appropriata attingendo non solo dai bacini regionali.

La Val d'Aosta e il suo dolce medievale

In Valle d'Aosta le feste hanno il sapore antico e autentico della Micooula, un pane a base di segale e castagne tipico della Valle di Camporcher, una ricetta di origine medievale. Era un pane che si era soliti preparare nei forni comuni all'inizio dell'inverno per poi consumarlo nel corso della stagione inzuppandolo nel latte, nella minestra oppure nel brodo man mano che si induriva. Oggi si consuma a colazione nelle case o nelle pasticcerie, ma è anche un fine pasto da abbinare a un vino dolce come il Valle d'Aosta Chambave Moscato Passito Doc, un Moscato Bianco 100% che sa di salvia e timo quando è ancora giovane, sprigiona note di miele d'acacia, cotognata e frutta candita con qualche anno in più.

I Canederli del Trentino Alto Adige

Di canederli ce ne sono di mille gusti, di carne, di pesce, vegetariani. A non cambiare è la forma: sono gnocchi rotondi a base di pane raffermo gustati con burro e formaggio o in brodo. Sono serviti come primo piatto di solito e, a seconda degli ingredienti usati, si possono abbinare a più vini. Una Schiava o un Pinot Nero altoatesini accompagnano i canederli classici allo speck. Usando carni più importanti possiamo provare con una Barbera d'Asti, oppure tornare su etichette locali come un Lagrein.

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Il ricco bollito misto in Piemonte

Un trionfo di tagli e di tipologie di carne diversa per il piatto più ricco della tradizione piemontese. A fare la differenza, tuttavia, non sono tanto le carni quanto le salse che lo accompagnano: la verde, la mostarda, il bagnet rus, al cren, la cugnà, giardiniera, chutney e potremmo aggiungerne altre. Il giusto abbinamento, infatti, si gioca tutto qui. Possiamo così spaziare da un bianco di corpo come uno Chardonnay passato in legno, un Roero Arneis con qualche anno, un Langhe Nebbiolo di struttura fino alle più nobili Docg della regione come Barolo e Barbaresco.

In Lombardia vada per la zucca

Il primo piatto è di magro per la vigilia e parliamo dei tortelli di zucca, che ha in quella mantovana il punto di riferimento in Lombardia. Una ricetta quindi dal sapore tendente al dolce e che ha bisogno di un po' di sprint in bocca. Perché non chiederlo al vino? Fermiamoci sui bianchi come una Garganega oppure un Trebbiano toscano.

Se è brovada e muset siamo in Friuli Venezia Giulia

Un piatto impegnativo, non c'è che dire, una zuppa di rape con una sorta di cotechino che altro non è che il musetto insaccato del maiale, insieme alle guance. La ricetta prevede anche cannella, pepe, noce moscata e a volte coriandolo, chiodi di garofano o altre spezie. Il tutto è accompagnato dalla brovada, ovvero rape macinate nel vino. Quindi abbiamo la grassezza della carne e l'acidità delle verdure fermentate. Un buon compromesso quindi è una bollicina delicata e fruttata, non troppo tannica né acida come un Lambrusco modenese o un Gutturnio dei Colli Piacentini. Per rimanere in zona va bene un Raboso frizzante del Piave.

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Se dici Pandoro dici Verona (e Veneto)

Torniamo sui dolci, anzi sul dolce di Natale che, se non è panettone, è pandoro. Il cosiddetto Pan de oro, in lingua veneta, è famoso per il colore giallo carico e il sapore e l'odore di vaniglia. Morbidissimo e burroso, non ha nel vino il suo più diretto abbinamento, ma volendoci provare potremmo scegliere un Asti Spumante se ci piacciono le bollicine o prediligere un Moscato d'Asti, dalle note primaverili di glicine e miele millefiori.

I passatelli in brodo in Emilia Romagna

Uova parmigiano e pangrattato e poi un tuffo nel brodo: nulla di più semplice, nulla di più buono dei passatelli in brodo. Facili da preparare e veloci da cucinare. Per farli secondo tradizione sarebbe necessario usare un attrezzo particolare, il "ferro per i passatelli", difficilmente reperibile al di fuori della Romagna, ma anche un semplice schiacciapatate può andar bene. Cosa ci beviamo? Rimaniamo nel territorio e scegliamo un bianco, il Romagna Albana Docg che richiama il colore del brodo quando è intenso, con note delicate di fiori e frutti che bilanciano il sapore formaggioso dei passatelli.

Passatelli in brodo: la ricetta del primo romagnolo

Il fritto misto di terra in Liguria

Non pensate a un fritto misto di pesce. Quello ligure – e genovese in particolare – è di terra, fatto con diverse carni, verdure e ed erbe spontanee, sempre presenti nella cucina ligure. L’olio locale è delicato e leggero e sugli "stecchi" si alternano pezzi di carne e di verdure. Prima di essere passati in pastella poi si avvolgono in un’ostia e solo dopo si passa alla frittura. Una preparazione piuttosto elaborata che richiede dunque un vino che “sgrassi”, ovvero una bollicina. Perché non pensare all’entroterra piemontese che è a due passi dal mare? Stiamo parlando di Gavi e dell’uva cortese con il Gavi Docg Metodo Classico. Se si prediligono i vini fermi si può optare per un Vermentino della Riviera Ligure di Ponente: giovane, beverino e soprattutto con una bella acidità che aiuta a pulire il palato.

I profumi del Panforte in Toscana

Mandorle, noci, cioccolata, spezie, frutta candita, un mix che più natalizio non si può ed è legato a questa festività fin dall’anno Mille. Il panforte senese ha avuto riconosciuta anche la certificazione Igp. Per un dolce così sontuoso serve un vino di livello: provatelo con un Vin Santo o un Moscadello di Montalcino.

In Umbria i cappelletti vanno con i cardi

Se i brodi a Natale sono in pole position, a cambiare spesso è la pasta. In Umbria, ad esempio, ai cappelletti in brodo si aggiungono i cardi nell’impasto. Un piatto quindi ancor più succulento che può reggere bene un buon rosso: un Torgiano se si ha voglia di Sangiovese e Canaiolo oppure un Ciliegiolo in purezza, tra i rossi più in ascesa della regione.

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Vincisgrassi orgoglio marchigiano

Non chiamatele lasagne perché i marchigiani potrebbero risentirsi. Certo, sono piatti che si assomigliano. Le differenze con le lasagne consistono nel tipo di ragù, preparato con carne tagliata grossolanamente e non macinata e nella besciamella, più soda, che dà al piatto una compattezza maggiore. Ogni forchettata è saporita e corposa e sta benissimo con un sorso di Rosso Piceno o Rosso Conero.

Con l’abbacchio andiamo nel Lazio

Non è Natale senza l'immancabile abbacchio alla scottadito con le patate, quantomeno nel Lazio. Una ricetta nata come ricetta pasquale ma che poi è diventata un vero simbolo delle fetività, anche natalizie. La ricetta è semplicissima: basta allineare le costolette di carne sulla gratella, ungerle con un po' di strutto e condirle con sale, pepe e granella. L’agnello chiama il rosso: stappate un bel Cesanese del Piglio.

In Abruzzo vai di timballo di crespelle

Il piatto per l’esattezza è teramano e da quelle parti si chiamano “scrippelle”. La preparazione prevede l’alternanza di crespelle a salsa di pomodoro e polpettine di carne. Quanti strati? Più sono meglio è! E il vino non deve essere da meno, quindi uno strutturato Montepulciano d’Abruzzo fa la sua bella figura.

La pasta fatta in casa in Basilicata, gli strascinati

Una cucina spesso povera quella lucana, ma ricca di sapore, come questa pasta fatta con i ferretti solo con acqua e farina, spesso senza uova. Condita con salsa al ragù, con polpettine di manzo o sugo di salsiccia. Un Natale genuino che richiama un vino schietto come sa essere l’Aglianico del Vulture.

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La zuppa di cardi in Molise

Ritornano i cardi ma questa volta in Molise e non accompagnati dalla pasta. Il termine “zuppa”potrebbe far pensare a una pietanza leggera. Qui invece siamo in presenza di un piatto importante, nato nelle cucine dei contadini e pastori del Centro Italia. Il protagonista di questa minestra è il cardo, un ortaggio invernale dal sapore simile a quello del carciofo, ma che nella forma e nel colore ricorda il sedano. Si accompagna a brodo di cappone o gallina, a rigaglie di pollo e tacchino, a polpettine di manzo e a pane raffermo. Il vino è locale ed è la Tintilia, sconosciutissima altrove, è una Doc che fa onore al carattere forte e saporito dei piatti locali.

La Puglia non rinuncia alle orecchiette con le cime di rapa

Dimenticate la pasta in brodo tipica del Centro e Nord Italia: in Puglia il primo piatto natalizio per eccellenza sono le gustose orecchiette con cime di rapa, una pietanza genuina di origini antichissime, aromatizzata con l’immancabile olio, aglio e peperoncino. Una preparazione dunque non laboriosa ma che porta in tavola sapori decisi. Serve un bianco corposo come uno Chardonnay, ma che è anche un po’ morbido per contrastare l’amaro delle verdure e la sapidità dell’acciuga. Oppure un rosato locale, magari da uve Primitivo o Negroamaro.

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In Campania O’ capitone mette d’accordo tutti

In Campania tra entroterra e costa i menu variano moltissimo, ma di base si lascia molto spazio al pesce e in particolare al capitone, ovvero l’anguilla femmina, dalle dimensioni più cospicue. Secondo la tradizione deve essere acquistato vivo dal pescivendolo il giorno prima della Vigilia di Natale. Anticamente si credeva che, proprio per la sua somiglianza con il serpente, fosse simbolo del demonio: quindi mangiare il capitone era un modo scaramantico per allontanare il male. Fritto è la versione più saporita e per questo che consigliamo una bollicina, un Asprinio d’Aversa in versione spumante brut.

La Calabria sceglie il pesce spada

Olio, cipolla, pomodoro, olive, capperi e uvetta e, ovviamente, il pesce spada: ecco perché si dice alla ghiotta. Un sugo densissimo e saporitissimo, ma anche stratificato nei sapori, che mixa acidità a dolcezza, sapido ad amarognolo. Serve dunque un’etichetta non “aggressiva” che, al contrario, sappia avvolgere tutte queste sensazioni: un Doc Cirò, sia in versione rosata che rossa, a patto che non abbia tannini troppo duri.

In Sicilia si glassa il lacerto

Fuori dalla Sicilia non è un piatto tanto conosciuto: l’agglassato di lacerto altro non è che un pezzo di carne di vitello condito con la glassatura delle cipolle. Una ricetta piena, morbida e cremosa, nota anche come “a grassato”, dove la parte grassa può essere data anche da altri ingredienti cotti e rosolati a lungo. Un vino coprente farebbe un torto a un secondo così appetitoso: meglio pensare a un accompagnamento delicato come a una bottiglia di Cerasuolo di Vittoria o a un Nero D’Avola di annata giovane e con poco legno.

Dolci tipici italiani da rifare a casa: le sebadas

Chiudiamo con i dolci in Sardegna

Chi non conosce le seadas al miele, i dolci fritti al formaggio? Formaggio di pecora spesso, quindi netto nei sapori, che si sposa benissimo con i mieli intensi della macchia mediterranea. Un dolce-non dolce che piace proprio per non essere stucchevole. E non stucchevole è la Vernaccia di Oristano, un vino antico che nel colore ricorda l’oro e nei sentori la frutta secca. Un finale iodato dà il senso dell’isola.

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Quello che i piatti non dicono
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