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19 Novembre 2019 15:16

Cucina romana: 17 piatti tipici e i ristoranti in cui mangiarli

Una cucina dai sapori intensi, che deriva da ricette contadine ormai diventate famose in tutto il mondo: è la cucina romana, custode di autentici capolavori gastronomici. Una tradizione che abbonda in primi piatti - la pasta è infatti un elemento centrale - ma anche di secondi a base di carne e di tantissime verdure diverse che arrivavano dalla zona agro pastorale alle spalle della Capitale. Oggi la cucina romana è una cucina conosciuta e amata da italiani e stranieri: vi raccontiamo 17 piatti tipici con la loro storia, le ricette e i ristoranti in cui andare ad assaggiarli.

A cura di Francesca Fiore
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Dalle paste celebri come carbonara e cacio e pepe, ma anche la meno conosciuta gricia, alle ricette derivate dal quinto quarto che trasudano golosità, fino a specialità ormai diventate anche piatti forti dello street food. È la cucina romana che, con le sue pratiche contadine e gli ingredienti poveri è entrata prima nei menù delle trattorie e poi anche in quelli dei ristoranti più raffinati. Ricette dalle origini antiche ancora oggi custodite dai cuochi e dalle cuoche locali. Ecco 17 piatti tipici della cucina della Capitale, più qualche divagazione in provincia, e gli indirizzi migliori per gustare queste specialità.

1. Supplì

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È il re dello street food romano, ma anche un antipasto che troverete in tutte le trattorie tradizionali (e non solo): il supplì. Una crocchetta di riso al pomodoro con dentro un cuore di mozzarella: anche per questo la cucina romana vuole che sia "al telefono", cioè con il filo della mozzarella che al primo morso si allunga, cosa che lo fa sembrare appunto la cornetta di un telefono. Il suo nome deriva dalla parola francese surprise, sorpresa: nella ricetta originale si inserivano anche le rigaglie di pollo, che oggi vengono sostituite da un semplice ragù ma anche da tanti altri ingredienti, comprese le ricette dei piatti romani tradizionali.

È ben diverso dall'arancino siciliano: non solo per la forma ma anche per gli ingredienti e le tecniche. Dove mangiare il supplì romano? Di indirizzi validi ce ne sono molti ma noi vi consigliamo quelli di Supplizio, format nato proprio dall'amore per questa creazione: lo trovate in una delle più belle vie del centro storico, via dei Banchi Vecchi 143, non lontano da Piazza Navona.

2. Filetto di baccalà

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Un antipasto che potrebbe tranquillamente costituire un pasto: il filetto di baccalà impastellato e fritto. È una delle molte ricette che nasce dall'incontro fra la gastronomia romana e la cucina ebraica: la Comunità ebraica di Roma, infatti, è la più antica d’Europa. Una volta era l'antipasto tipico della Vigilia di Natale, ma oggi a Roma si trova tutto l'anno, anche in versione street food.

Si tratta di un filetto di baccalà che viene immerso in una pastella fatta con farina e acqua frizzante e poi fritto in olio bollente: un piatto goloso e croccante. Nella cucina moderna il filetto è rimasto sostanzialmente invariato, se non per qualche ricetta più creativa che inserisce altri ingredienti, come ad esempio una crema di ceci, fra la panatura e il filetto. Fra le tante opzioni, noi vi consigliamo la versione classica, da assaggiare in un locale storico e interamente dedicato a questa specialità: Dar Filettaro, a Largo dei Librari 88, nel cuore di Campo dei Fiori.

3. Carciofi alla romana e carciofi alla giudia

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Due le versioni dei carciofi che vi presentiamo oggi: i carciofi alla romana e i carciofi alla giudia. I carciofi alla romana sono un piatto tipico primaverile, che si fa con i carciofi della varietà Romanesco raccolti nel litorale nord-ovest della provincia, fra Civitavecchia e Ladispoli: conditi con un mix di prezzemolo, mentuccia, aglio, sale e pepe e sfumati con il vino bianco, si cuociono brasandoli in pentola. Per mangiarli andate da Tram Tram, nello storico quartiere di San Lorenzo, in via dei Reti 44.

Il carciofo alla giudia è completamente diverso: si frigge direttamente in olio bollente, senza copertura alcuna. Niente pastelle o panature per questo piatto antichissimo (citato anche in ricettari del XVI secolo): per farlo servono i cosiddetti carciofi cimaroli, conosciuti anche con il nome di mammole: i migliori fra quelli della varietà Romanesco, perché particolarmente teneri. Venivano consumati in origine alla fine del digiuno dello Yom Kippur, ricorrenza ebraica che celebra il giorno dell’espiazione, ma oggi si possono trovare in tutte le trattorie del Ghetto Ebraico di Roma e non solo. Due gli indirizzi per provarli: quello della trattoria Da Enzo al 29 (via dei Vascellari, 29, vicino alla Bocca della Verità) e quelli di BaGhetto (via del Portico d'Ottavia 57, Rione Sant'Angelo).

4. Santissima trinità: cacio e pepe, carbonara, amatriciana + gricia

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Eccoci ai primi, la parte più celebre della cucina romana, grazie anche a quella che i romani doc chiamano "santissima trinità": cacio e pepe, carbonara e amatriciana. Le origini di questi piatti sono ampiamente discusse e spesso fonte di confronti accesi anche fra gli stessi romani: qualunque esse siano, è impossibile passare da Roma e non assaggiare almeno una di queste gustose specialità. Discorso a parte per la gricia, che non rientra nella trinità, ma che vale la pena provare: in pratica una amatriciana bianca, fatta solo con guanciale e pecorino, che pare sia l'antenata del celebre piatto amatricino.

Dove assaggiare queste specialità? Partiamo dalla cacio e pepe, la più semplice eppure forse la più complicata, dato il delicato equilibrio fra i due ingredienti usati per condire la pasta: basta che il pecorino sia leggermente più stagionato e la magia della cremina bianca non avverrà. Idem il pepe: se è troppo la pasta diventerà subito immangiabile. In questo caso vi consigliamo di assaggiare quella di Felice a Testaccio, via Mastro Giorgio 29, vero mago della cacio e pepe del quartiere Testaccio appunto. La carbonara è un altro piatto altrettanto discusso e decretare chi la faccia meglio a Roma è davvero cosa ardua: andate da Roscioli, un'istituzione della gastronomia romana, e non rimarrete certo delusi. Fra i vari locali della famiglia Roscioli quello da segnare in agenda per la carbonara è in via dei Giubbonari 21/22, nel cuore di Campo dei Fiori.

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Passiamo all'amatriciana, altro piatto simbolo della cucina romana, forse il più discusso per le origini e per gli ingredienti: Armando al Pantheon, Salita dei Crescenzi 31, è il nome più celebre per questa specialità (a ragione).

Infine, la gricia, meno conosciuta ma golosa quanto l'amatriciana: due gli indirizzi in questo caso, uno al centro e uno in un quartiere un po' più periferico (ma assolutamente da visitare), entrambi nomi fondamentali nel panorama gastronomico romano. Il primo è quello di Flavio al Velavevodetto, in via di Monte Testaccio 97, vicinissimo all'affascinante cimitero acattolico della Capitale. Il secondo si trova a Torpignattara, vivace quartiere multietnico nella zona est di Roma: è Osteria Bonelli, che troverete su viale dell’Acquedotto Alessandrino 172/174.

5. Gnocchi alla romana

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Gli gnocchi alla romana, pietanza tradizionale del giovedì, è una specialità misteriosa: un piatto dalle origini incerte, di cui non è dato sapere chi sia stato l’inventore. Anche la presenza di due ingredienti non locali – burro e Parmigiano – fa sospettare che questo piatto non sia nato esattamente nella Capitale. Ad ogni modo, oggi è uno dei primi più amati a Roma che, malgrado il nome, non somiglia molto ai classici gnocchi. Gli gnocchi alla romana, infatti, sono dischetti bassi fatti con semola, latte intero, burro, parmigiano e conditi con salsa e pepe: vengono cotti al forno dopo averli cosparsi con parmigiano. Spesso si possono trovare presentati anche con delle polpette di carne o con il sugo semplice. Per mangiare gli gnocchi alla romana vi portiamo nei pressi di Castel Sant'Angelo, precisamente alla trattoria L'Arcangelo dello chef Arcangelo Dandini (ideatore anche di Supplizio) in via Giuseppe Gioachino Belli 59.

6. Abbacchio a scottadito

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Tipico del pranzo di Pasqua, l'abbacchio è il termine dialettale usato a Roma per riferirsi all'agnello giovane: in particolare un agnello da latte che ha poco più di un mese di vita e che può pesare fino a 7 chili (in media da 4 a 6 kg). Usato in tutto il Centro Sud, a Roma si fa "a scottadito", cioè caldissimo: costolette di agnello marinate con olio extravergine ed erbe aromatiche, cotte sulla griglia o su una piastra di ghisa pochi minuti per lato. Per chi ama questa specialità non un indirizzo storico (ce ne sarebbero diversi da consigliare) ma uno di recente apertura: è L’Avvolgibile, "trattoria popolare" aperta dallo chef stellato Adriano Baldassarre sull'Appia, per la precisione su Circonvallazione Appia al civico 56.

7. Pajata

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Un piatto che dovrebbe rientrare tra i primi perché si mangia con i rigatoni ma non solo. La pajata altro non è che l'intestino tenue del vitellino da latte o del bue, che viene usato per preparare un sugo denso e deciso, con cui si condiscono i rigatoni. Fa parte della tradizione del quinto quarto, cioè tutti quei tagli di carne che i macellai non riuscivano a vendere e che tenevano per la famiglia: tendenzialmente interiora, ma anche parti come la lingua, che si trasformano in diversi piatti oggi amatissimi dai romani e dai turisti.

Dove mangiare una buona pajata nella Capitale? Da Checchino dal 1887 (via di Monte Testaccio, 30) se volete mangiare la versione originale in una trattoria storica: qui la pajata si fa con i rigatoni ma anche in umido o arrosto; oppure da Santo Palato, uno degli indirizzi di maggior successo degli ultimi anni a Roma, se invece volete una versione più moderna (in questo caso bianca).

8. Coda alla vaccinara

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Un piatto particolarissimo, che non troverete altrove: è la coda alla vaccinara, ricetta fatta con la coda di bovino, solitamente bue, cotta insieme al sugo e a verdure varie. Considerata la "regina" del quinto quarto, la coda alla vaccinara è nata nel rione Regola, uno dei più antichi di Roma, dove abitavano appunto i vaccinari: detti anche “scortichini”, erano le persone che nel mattatoio svolgevano il duro lavoro di scuoiare le carcasse degli animali.

Nella tradizione romana  ci sono due versioni principali della coda alla vaccinara: si differenziano soprattutto nella parte finale della preparazione, dove in una viene aggiunta una salsa a base di cacao amaro, pinoli e uva passa (versione di Ada Boni nel libro La cucina romana, 1929), mentre nell'altra no. In realtà di questa specialità esistono diverse versioni che si potrebbero definire "tradizionali", come quella che prevede l'aggiunta dei gaffi, cioè delle guance del bovino, o quello che prevede cannella e noce moscata alla fine. Posto che la gran parte degli indirizzi già nominati fa una buona coda alla vaccinara noi vi consigliamo quella de La Tavernaccia Da Bruno, in via Giovanni da Castel Bolognese 63, quartiere Trastevere.

9. Porchetta

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A merenda, a pranzo e perfino a colazione: la porchetta si mangia a qualunque ora. Non è esattamente un piatto della Capitale, ma delle zone limitrofe: in realtà a rivendicarne la paternità non è solo Ariccia, comune di circa 20 mila abitanti della zona dei Castelli Romani, ma anche Norcia, Umbria, Campli in provincia di Teramo e altre zone fra l'Alto Lazio e l'Abbruzzo. In ogni caso, quella di Ariccia è stata insignita dell'Indicazione geografica protetta e se vi trovate a Roma dovreste andare proprio lì a mangiarla, nelle celebri fraschette: anche perché la zona dei Castelli è molto suggestiva. Ma se proprio non volete spostarvi dalla Capitale vi consigliamo Er Buchetto, in via del Viminale 2F (zona stazione Termini).

10. Santinbocca alla romana

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Un piatto non troppo celebre se confrontato ai suoi colleghi ma assolutamente squisito: i saltimbocca alla romana, succulente fettine di vitello rivestite con prosciutto crudo e salvia, cotte in padella con il burro e sfumate con il vino bianco. In realtà pare che questo piatto non sia nato a Roma né nel Lazio ma addirittura nelle zone di Brescia, dove si cucinano molto i saltimbocca: fatto sta che oggi la versione romana, usata già nel tardo XIX secolo, è arrivata in varie zone d'Italia e anche all'estero, diventando uno dei piatti tipici più noti della cucina italiana. Dove mangiare dei saltimbocca come si deve? Al Grappolo d’Oro, in piazza della Cancelleria 80, nel cuore di Campo dei Fiori.

11. Animelle e Trippa

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Le mettiamo insieme per comodità: sono due pilastri del quinto quarto. Le animelle, usate anche in Piemonte, sono le ghiandole salivari di bovini e ovini giovani: a Roma se ne fa una versione fritta, in cui le animelle vengono passate nella farina cotte e poi condite con prezzemolo e limone. Per coloro che vogliono provare la versione tradizionale delle animelle vi consigliamo ancora Armando al Pantheon (Salita dei Crescenzi 31) una fra le migliori trattorie tradizionali della capitale che abbiamo già citato per la carbonara; per chi invece vuole optare per una versione più creativa l'indirizzo giusto è Trattoria Pennestri, una trattoria moderna che si è decisamente distinta nel panorama romano: la trovate in Via Giovanni da Empoli, 5, a pochi passi dalla Piramide di Caio Cestio.

La trippa alla romana era per tradizione un piatto tipico del sabato, anche se oggi potete trovarlo in menù ogni giorno, o quasi, della settimana: è un taglio di carne che si ricava dalla pancia bovino cucinata con passata di pomodoro, mentuccia fresca e una generosa dose di pecorino romano grattugiato. Per gustare la trippa, benché ci siano diversi locali famosi per la bontà delle versioni che presentano, non possiamo che consigliare L’Osteria della Trippa di Alessandra Ruggeri, un locale nel cuore di Trastevere quasi interamente dedicato a questa specialità (via Goffredo Mameli, 15/16).

12. Fagioli con le cotiche

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I fagioli con le cotiche, un piatto invernale da gustare caldo con del buon pane per fare la scarpetta: è così che si mangia a Roma questa specialità che in realtà registra molte versioni diverse sparse per l'Italia. Una ricetta che si prepara con le cotiche del maiale, la cotenna, i fagioli bianchi, i pomodori pelati, lo strutto e altri ingredienti come aglio, vino bianco e prezzemolo. L'indirizzo giusto ancora una volta è Flavio Al Velavevodetto, trattoria che potete trovare anche, oltre all'indirizzo di Testaccio sopra menzionato, anche a Piazza dei Quiriti 4.

13. Vignarola

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L'ultimo spazio lo lasciamo alla vignarola alla romana, una ricetta primaverile tipica della tradizione contadina laziale che non molti conoscono. Il luogo di nascita dovrebbe essere Velletri, comune in provincia di Roma: qui i viticoltori erano soliti piantare tra i filari diversi tipi di verdure e legumi. Per cui, al ritorno dalle vigne, utilizzando le verdure appena colte preparavano una sorta di minestra fatta con fave, piselli, carciofi e lattuga a cui poi la cucina moderna ha aggiunto anche il guanciale. Dove mangiare la vignarola rigorosamente in primavera? Noi raccomandiamo quella di Felice al Testaccio, già citato per la cacio e pepe, in via Mastro Giorgio 29.

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Quello che i piatti non dicono
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