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17 Aprile 2024 15:00

Cocktail low alcol: molto più di una tendenza, sono il presente e il futuro della mixology

I cocktail low alcol sono i drink a bassa gradazione alcolica. Molto più semplice a dirsi che a farsi: i cocktail più leggeri sono comunque sul 20% vol. La tendenza però sta cambiando con un occhio sempre più attento alla salute e al gusto, meno alla voglia di "sballarsi"

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I cocktail low alcol sono una tendenza in forte crescita negli ultimi anni. Si tratta di drink che prevedono una quantità di alcol inferiore rispetto ai cocktail tradizionali, offrendo un'alternativa più leggera e salutare per chi desidera gustare un buon drink senza eccedere. Non c'è un "disciplinare" che regoli cosa significhi davvero questa dicitura: per convenzione molti parlano di cocktail low alcol quando un drink ha un tenore alcolico inferiore al 12%. In realtà non siamo per nulla d'accordo con questa definizione: il 12% di volume è tanto per un low alcol ed è probabile che, con gli anni, anche i bar del mondo si allineeranno. La richiesta di drink a basso tenore alcolico è sempre maggiore per tutta una serie di motivazioni che andremo a sviscerare: abbassare il volume è quindi una necessità economica perché vendono, non solo una tendenza.

Cosa sono i drink low alcol

Prima di addentrarci nel fenomeno cerchiamo di capire di cosa stiamo parlando. Anche se la tendenza è in ascesa negli ultimi anni c'è sempre confusione perché non esistono dei parametri per definire queste bevande con esattezza. In termini di legge, più o meno in tutto il mondo, sappiamo che le bevande analcoliche sono quelle che hanno un tenore alcolico sotto l'1% ma per i low alcol non esistono normative e quindi è tutto lasciato un po' alla scelta dei singoli bartender.

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Questo tipo di drink possono essere fatti con ogni tipo di distillato, anche quelli con la gradazione più alta, ma solitamente si prediligono prodotti che già di natura hanno un volume minore. Anche il bicchiere fa la sua parte: nel III millennio è dilagata la moda dell'highball (il bicchiere secco e lungo) che ha facilitato il trend grazie alla presenza delle bevande sodate. Pensa al Paloma o al Collins, due drink famosissimi, due classici, che hanno una bassa gradazione alcolica. Teoricamente ne fanno parte anche la Piña Colada o il Mojito ma i veri low alcol sono i cocktail italiani e molto merito di questa moda ce l'ha quello splendido concetto, che abbiamo esportato in tutto il mondo: l'aperitivo.

Da dove viene la tendenza del low alcol?

Se fai una ricerca online, soprattutto sulle pagine americane, ti accorgi che nei canonici articoli di fine anno sulle "tendenze" per l'anno venturo si parla di low alcol da quasi 10 anni. Questo perché, una volta tanto, le mode enogastronomiche le abbiamo dettate noi italiani e non le abbiamo importate da oltreoceano. Gli americani amano l'aperitivo e il crescente turismo verso il nostro Paese ha acuito, stagione dopo stagione, questa tendenza importata Oltreoceano.

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I clienti a stelle e strisce hanno imparato ad amare i drink mai troppo dolci, forti o pesanti, tutti quei cocktail costruiti attorno a tratti rinfrescanti dati dall'effervescenza e dalla finezza di bevuta che stimola il palato. A livello creativo gli aperitivi hanno rappresentato, per i bartender americani, un vero e proprio format con cui giocare, che gli ha permesso di scendere a patti con la personalità degli spirts ad alta gradazione ed esplorare i sapori in modi diversi. Ad oggi si fa sempre più strada l'idea che lo Spritz non sia più un cocktail ma un modo di fare drink.

Questo "patto" li ha costretti, volente o nolente, a cercare ingredienti precedentemente non disponibili o ignorati come i bitter italiani, il St.Germain o altri liquori storici europei. Nell'ultimo decennio, vermouth e liquori di alta qualità sono rientrati in massa sul mercato, grazie a baristi curiosi e importatori desiderosi di colmare il divario merceologico tra l'America e l'Europa, la patria ancestrale dell'aperitivo. Parliamo di continente perché è vero che l'aperitivo è italiano ma su questa tendenza ha influito, in misura minore, anche il concetto di tapas spagnolo e l'aperitivo francese, tradizionalmente fatto alle 18 con il Lillet (una sorta di vermut a base di vino e frutta nato a Bordeaux) e un tagliere di salumi.

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Questa curiosità si è manifestata in una gamma tutta nuova di cocktail creativi e in una divulgazione capillare dello stile low alcol tra i clienti. La base dei consumatori è sempre più esperta e questo ha foraggiato la ricerca. Gia nel 2018 praticamente ogni bar degli Stati Uniti aveva in menu dei drink low alcol con ogni tipo di dimensioni, forme e formati, serviti con tutte le tecniche conosciute. Drink con una buona dose di complessità ma facilmente bevibili e che, soprattutto, ti permettono di provarne diversi in una sera senza il rischio di andare in hangover. Gli americani hanno imparato a capire che le bevande a basso contenuto alcolico non coinvolgono solo gli ingredienti ma tutta la socialità e la cultura che possono ispirare: si convive con le persone, il che è un po' la mission che ogni buon cocktail bar dovrebbe avere.

Dagli Stati Uniti la tendenza è arrivata in tutto il mondo: nei grandi alberghi dei Paesi islamici questi cocktail sono più socialmente accettati e oggi queste nazioni sono da attenzionare per il mercato, per non parlare dell'Asia che oggi è l'El Dorado della miscelazione mondiale. L'Europa sta acquisendo questo nuovo modo di bere, figlio anche dell'attenzione alla salute e all'alimentazione che è sempre crescente. L'Italia lo sta acquisendo un po' più lentamente e questo è paradossale perché, in fin dei conti, galeotto fu lo spritz e chi lo inventò.

Una tendenza che è qui per rimanere

Da anni si parla di tendenza soprattutto perché la Generazione Z e i Millennials (le fasce d'età che guidano i consumi mondiali) cercano con sempre maggiore attenzione i cocktail low alcol e le bevande analcoliche. Un trend della moderazione che si espande a macchia d'olio e che, di sicuro, accompagnerà l'industria del beverage nei prossimi anni.

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Il Fusettone | Foto da Facebook

Basti pensare al Dry janaury, un "movimento" che in pochi anni è passato da decine di seguaci in Inghilterra ai milioni di follower in tutto il mondo. Dopo il mese d'astinenza sono tantissime le persone che proseguono la via del low alcol, preferendo drink leggeri e beverini. Questi drink offrono un'alternativa leggera e rinfrescante alle bevande alcoliche tradizionali, senza rinunciare al gusto o alla socializzazione. I "benefici" (mettiamo le virgolette perché sempre di alcol si tratta) sono molteplici: una riduzione dell'assunzione calorica, un impatto minore sulla salute, un maggior senso di moderazione e autocontrollo. Ovviamente tutto dipende dalla quantità: se bevi 5 low alcol ti ubriachi lo stesso. La cosa più importante è però un'altra: il gusto. La possibilità di abbassare la gradazione di un alcolico ci porta a sperimentare, come successo con i bartender in America. In un mondo di "Bro fammelo carico" per chiedere un maggior contenuto di alcol nei drink, quando anche la dimensione del ghiaccio viene messa in discussione dagli influencer, la tendenza sta definitivamente cambiando. Che tu stia cercando di ridurre il consumo di alcol, mantenere un peso forma o semplicemente provi ad esplorare nuove opzioni bevibili, i drink low alcol offrono un'opzione invitante e salutare per tutti.

Come si calcola la gradazione alcolica dei cocktail

Come facciamo a capire che grado ha un drink? Esiste un'operazione matematica non semplicissima redatta da Mickael Guidot che ci permette di arrivare a una conclusione: (L1 x A) + (L2 x B) ⁄ (L1 + L2). Tradotto in italiano: volume del liquido 1 per la percentuale di alcol di quel liquido più il volume del liquido 2 per la percentuale di alcol del liquido due diviso la somma del liquido 1 e del liquido 2. Confuso? Probabile. Facciamo un esempio pratico.

Il Cosmopolitan è uno dei drink più famosi del mondo e, se fatto da manuale, ha il 19,8% di alcol. La ricetta prevede 30 ml di vodka (40% vol), 15 ml di liquore all'arancia (40% vol), 15 ml di succo di lime e 10 ml di succo di mirtillo rosso, entrambi analcolici. Questo significa che bisogna fare: 30 x 40 + 15 x 40 + 15 x 0 + 10 x 0 diviso 30 + 15 + 15 + 10 che è uguale a 25,7.

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Allora perché il Cosmopolitan ha il 19,8% di volume e non il 25,7%? Perché entra in gioco la chimica con la contrazione. Un litro di alcol più un litro di acqua non fanno due litri di alcol più acqua. La differenza della forza dei legami di idrogeno tra le molecole dell'acqua e quelle di etanolo producono delle variazioni di volume specifico in funzione del titolo alcolometrico. In realtà nella costruzione di un cocktail questa variazione non è così importante ma ci permette di far entrare in gioco la diluizione. Il fattore che più determina la gradazione di un drink è la diluizione del cocktail: l'aggiunta di acqua, per mezzo del raffreddamento con ghiaccio, incide di circa il 6% sulla gradazione totale. La frazione va addizionata con la moltiplicazione dell'1,3% che è il rapporto tra il ghiaccio e il liquido interno secondo Guidot.

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Nel caso del Cosmopolitan abbiamo quindi una riduzione del 6% del grado alcolico ma l'abbattimento potrebbe essere addirittura maggiore. Se ti sembra complicato fare tutti questi calcoli (cosa comprensibilissima) esistono diversi calcolatori online gratuiti che possono semplificare il calcolo della gradazione alcolica di un drink. Basta inserire le quantità di ogni ingrediente e la loro gradazione alcolica, e il calcolatore fornirà il risultato in modo automatico.

Quali sono i cocktail low alcol più famosi?

Ti potrà sorprendere ma praticamente nessun drink classico rientra nella categoria dei low alcol, soprattutto se, come abbiamo detto ad inizio articolo, la quota del 10% di volume ci sembra eccessiva. Il "re" dei drink a bassa gradazione alcolica è lo spritz ma quasi tutte le versioni di questo iconico cocktail hanno oltre l'11% di volume alcolico.

Celebre e molto buono è il Garibaldi, un drink italiano quasi dimenticato a base di bitter e succo d'arancia ideale per l'aperitivo che ha il 6,5% di volume. Online la maggior parte dei low alcol sono dei long drink perché il contenuto alcolico va mantenuto intorno al 20% del volume.

Due ricette carine di cocktail low alcol

La tendenza dei cocktail a bassa gradazione sta spingendo sempre più in là i bartender di tutto il mondo. Negli ultimi anni è entrato a gamba tesa nella mixology italiana il Fusettone, un drink firmato da Flavio Angiolillo a base di bitter Fusetti e soda al pompelmo (5% di volume che si abbassa con la diluizione del ghiaccio). La fantasia e la richiesta sta spingendo sempre più bartender a cimentarsi in questo tipo di stile. Un esempio vivido è quello di Nico Sacco, titolare di Piazza a Viterbo, e di Daniele Cancellara, bar manager di Rasputin a Firenze, due dei locali più importanti del Centro Italia.

Il Degas di Daniele Cancellara

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Questo cocktail è abbastanza complesso, in pieno stile di miscelazione del secret bar fiorentino. Si prepara con:

Ingredienti Dosi
Winestillery Tuscan Vermouth infuso alla fragola 25 ml
Winestillery Tuscan Dry Vermouth 25 ml
Aceto Balsamico di Modena 5 ml
Spumante toscano q.b.
Spuma di matcha q.b.

Il drink dedicato al grande pittore e scultore francese è un build, quindi si inserisce tutto in un bicchiere highball col ghiaccio e si guarnisce con l'aceto balsamico. La spuma di matcha si fa aggiungendo zucchero, albume e colla di pesce all'infuso di matcha per poi caricare in un sifone.

Il Potenza di Nico Sacco

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Anche il bartender laziale di Piazza prevede un highball con un metodo build ma la ricetta è molto più semplice.

Lascia in infusione le arachidi nel bitter e versa in un bicchiere con ghiaccio. Aggiungi il succo di limone e lo zucchero, lascia sciogliere il tutto e colma il bicchiere con la cola.

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A cura di
Leonardo Ciccarelli
Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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