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17 Ottobre 2020 11:00

Riso: le varietà migliori per un risotto a regola d’arte e qualche regola fondamentale

Si fa presto a dire risotto. Emblema della tradizione gastronomica italiana, in particolare del Nord Italia, questa particolare preparazione del riso richiede, a prescindere dalla complessità della ricetta, grande cura e attenzione. A partire dalla scelta della varietà più giusta, in grado di assorbire perfettamente il condimento e rilasciare una quantità di amido tale da ottenere un risultato cremoso e ben mantecato. Vediamo insieme le varietà più adatte e le regole da rispettare.

A cura di Emanuela Bianconi
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Vanto della tradizione gastronomica italiana, il risotto è una preparazione originaria della Lombardia, in seguito diffusasi in tutto il Nord Italia e ancora, in numerose versioni differenti, anche nel resto dello Stivale. Solo apparentemente semplice, questo piatto cela, in realtà, diverse insidie: i consigli e i passaggi chiave sono pochi e basici, ma devono essere eseguiti alla lettera affinché si ottenga un risultato finale davvero impeccabile. "La cucina del riso – così scrisse Cesare Marchi nel suo libro ‘Quando siamo a tavola' – è una cucina di sottigliezze, di arabeschi d'abilità culinaria, di piccoli tocchi segreti eseguiti nascondendo la mano, affinché nessuno ne carpisca il segreto". Ecco cos'è il risotto: un'alchimia misteriosa di sapori e consistenze, insomma una vera e propria arte magica.

La sua caratteristica fondamentale è di essere "legato", ovvero realizzato con risi adatti che cedono lentamente l'amido durante la cottura: i chicchi, pur essendo avvertibili sotto i denti nella loro tenera individualità, sono riuniti in un insieme cremoso più o meno denso, a seconda dei gusti personali (cosiddetto "all'onda"). I risi che normalmente rispondono a tali esigenze sono i fini e i superfini.

Le categorie del riso: dal tondo al superfino

Prima di vedere nel dettaglio le varietà più adatte a questa particolare tipologia di preparazioni, è bene fare una veloce premessa. Il riso prodotto nel nostro Paese viene suddiviso in 4 categorie merceologiche: tondo, semifino, fino e superfino. La classificazione avviene secondo la lunghezza del chicco, non ha nessun valore qualitativo ma è di fondamentale importanza nella scelta più corretta della tipologia a seconda del piatto che si vuole preparare:

  • tondo: detto anche comune, ha un chicco piccolo e chiaro, che resiste poco alla cottura. Ricco di amido, è ideale per zuppe, timballi e dolci (le varietà più conosciute sono Balilla, Cripto, Rubino, Auro e Selenio);
  • semifino: caratterizzato da un chicco tondeggiante di media grandezza, tiene discretamente la cottura e per questo è molto versatile in cucina; viene impiegato soprattutto per risi in bianco, sartù, arancine, supplì, timballi, minestre e talvolta anche risotti (una delle tipologie più note è il Vialone nano);
  • fino: presenta un chicco lungo e affusolato che mantiene discretamente la cottura ed è perfetto per realizzare risotti e contorni (la varietà Ribe è la più conosciuta);
  • superfino: il chicco è grosso e lungo, e si mantiene perfettamente al dente; per questo è il più indicato in assoluto per questa preparazione. Rilascia pochissimo amido, caratteristica che lo rende adatto anche alla cottura pilaf, alle pietanze fredde e alle insalate di riso. Le varietà più famose sono l'Arborio e il Carnaroli, ma non possiamo dimenticare il Roma e il Baldo.
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Le migliori varietà di riso per il risotto

Uno dei problemi maggiori per la riuscita di un buon risotto è l'individuazione dell'esatta cottura, quando anche l'ultimo punto resistente all'interno del chicco sta per ammorbidirsi. Solo in questo esatto momento la preparazione va tolta dal fuoco: la mantecatura finale (ovvero l'aggiunta di burro, formaggio grattugiato o altro a seconda della ricetta), il passaggio nel piatto di servizio e l'intervallo prima che arrivi in tavola consentiranno al chicco di intenerirsi completamente, pur rimanendo ancora elastico. I tempi di cottura possono variare sensibilmente poiché i risi, anche dello stesso tipo e perfino della stessa marca, non sono tutti uguali: si calcolano mediamente 4-5 minuti di tostatura su fiamma media e, a partire da questo momento, 14-16 minuti, regolandosi con l'assaggio del risotto man mano che cuoce.

Se la varietà Arborio, per esempio, richiede grande precisione, il Carnaroli mantiene egregiamente il punto esatto di cottura e perdona qualche esitazione di troppo: per questa ragione è oggi il più utilizzato di tutti. Vediamo insieme le tipologie più indicate:

  • Carnaroli: è anche conosciuto come "il re dei risi". Nato dall'incrocio tra il Vialone e il Leoncino, ha chicchi grossi e affusolati, molto consistenti, in grado di assorbire facilmente gli odori e legarsi al meglio agli ingredienti. Ricco di amido, tiene bene la cottura, poiché presenta maggiori quantità di amilosio, e conserva una consistenza soda e perfettamente al dente. Per queste caratteristiche, è la tipologia di riso più utilizzata, soprattutto nei ristoranti, per realizzare dei risotti ben mantecati e all'onda. Si produce nei terreni coltivati a risaia della Lomellina, in Lombardia, nel Delta del Po e anche in Piemonte.
  • Arborio:  ha chicchi grossi e lunghi, un elevato contenuto di amido e una discreta resistenza alla cottura. Originario del Piemonte, il suo nome deriva dall'omonima località, in provincia di Vercelli,  dove è stato scoperto per derivazione dalla pianta del Vialone e per la prima volta selezionato a partire dal 1946; oggi viene coltivato anche nel Pavese, nel Ferrarese e nel Polesine. Anche questa varietà di presta perfettamente alla realizzazione di risotti impeccabili ma con una sola accortezza: rispetto al Carnaroli, ha una tenuta di cottura inferiore e il passaggio da crudo a troppo cotto avviene con grande rapidità. Il consiglio è, dunque, quello di lasciarlo sempre leggermente al dente.
  • Roma: è una varietà storica della risicoltura italiana; si caratterizza per i chicchi grossi, bianchi e tondeggianti, con un'alta percentuale di amido. Assorbe bene i condimenti e, rispetto alle altre varietà della stessa categoria, ha un tempo di cottura inferiore. I risotti realizzati con questa tipologia sono morbidi e cremosi, ma può essere impiegato anche per risi in bianco o al sugo, sformati e timballi. Viene coltivato nella maggior parte dei territori vocati alla risicoltura: dalla Lombardia al Piemonte, dal delta del Po alla Sardegna.
  • Baldo: introdotto nel 1977, deriva dall'incrocio tra l'Arborio e lo Stirpe e viene coltivato prevalentemente nel Vercellese, nel Novarese e nel Pavese. Tra le varietà fin qui elencate è forse la meno nota, ma negli ultimi anni sta riscuotendo un successo via via maggiore, grazie a una consistenza e a un gusto impeccabili. Si caratterizza per i chicchi lunghi e cristallini che, se ben tostati al momento della cottura, si mantengono al dente; ha un'ottima capacità di assorbire i condimenti e i risotti risultano avvolgenti e ben amalgamati.
  • Vialone nano: nonostante sia un semifino, questa varietà, se di buona qualità, è particolarmente indicata e impiegata per la preparazione del risotto. Tutelato dall'Indicazione Geografica Protetta, è tipico della Bassa veronese ed è coltivato in aree irrigate con acqua di risorgiva. I chicchi hanno forma tonda e semilunga, con dente pronunciato, testa tozza e sezione tondeggiante; devono apparire di colore bianco e presentare una "perla" centrale estesa. La presenza di quest'ultima e l'elevato contenuto di amilosio, gli consentono di assorbire perfettamente i condimenti, di mantenersi al dente e avere un'ottima tenuta di cottura con tempi anche inferiori rispetto alle altre varietà maggiormente impiegate.
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Le altre regole d'oro

Oltre alla tipologia di riso da utilizzare, esistono altre regole altrettanto essenziali per ottenere risultati impeccabili:

  • tostatura: il primo, indispensabile, passaggio per la cottura è la tostatura, che consente di intaccare il rivestimento esterno dei chicchi così che questi possano rilasciare il loro amido, responsabile della cremosità di un risotto ben riuscito. In una padella unta con una noce di burro (ma anche un altro grasso va bene) fate saltare a fuoco vivo il riso, mescolando per 4-5 minuti con un cucchiaio di legno, in modo che i chicchi si ungano in modo uniforme, rimanendo così ben separati gli uni dagli altri. Solitamente la tostatura segue un soffritto; in questo caso bisogna fare molta attenzione alla cipolla, che brucia facilmente. L’ideale è soffriggerla a fuoco dolcissimo, toglierla dalla casseruola per far tostare il riso, e poi aggiungerla con il primo mestolo di brodo;
  • cottura: una volta tostato il riso, abbassate la fiamma e iniziate la cottura vera e propria, aggiungendo poco brodo alla volta, man mano che viene assorbito. Il brodo deve essere tenuto sul fuoco in continua ebollizione e deve coprire tutto il riso; questo metodo permette di mantenere una temperatura di cottura costante e, nel contempo, di far muovere i chicchi senza doverli mescolare in continuazione, ma solo di tanto in tanto. A 1 minuto dal termine, aggiungete gli altri ingredienti precedentemente cotti: questa procedura, oltre a essere molto pratica, consente di esaltare al meglio tutti i sapori;
  • mantecatura: a fine cottura, spegnete il fuoco, aggiungete del burro (anche in questo caso può andar bene un altro grasso, preferibilmente dal gusto leggero) formaggi o eventuali altri ingredienti, e mescolate per bene. Coprite con il coperchio, lasciate a riposare per 2-3 minuti (altro passaggio fondamentale), distribuite nei piatti da portata e servite.

Adesso non vi resta che mettervi ai fornelli e dare ampio spazio alla creatività. Qualche suggerimento? Ecco dieci ricette tipiche della tradizione italiana, tutte da sperimentare in versione casalinga.

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