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21 Febbraio 2020 11:00

Tutto sul Rum: storia, produzione, tipologie e i migliori in commercio

Un distillato leggendario grazie alle scorribande piratesche raccontate da Stevenson nella letteratura e da Jack Sparrow. Scopriamo tutti i segreti del rum: la produzione, l'invecchiamento nelle botti, tutti i tipi di rum che esistono ed ancora, la sua leggendaria nascita che attraversa pagine cupe della storia dell'uomo.

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«Quindici uomini sulla cassa del morto,

yo-ho-ho, e una bottiglia di rum per conforto!

Il bere e Satana li ha spediti in porto,

yo-ho-ho, e una bottiglia di rum per conforto!»

Il motivo ricorrente de ‘L’isola del Tesoro' di Robert Louis Stevenson, cantato dai pirati manigoldi nel capolavoro del 1883 che ha cambiato per sempre la visione piratesca del mondo. Prima della narrativa dell’autore scozzese i pirati erano semplicemente brutti e sporchi marinai aggrappati al denaro e al liquore. Dopo Stevenson sono diventati dei veri personaggi leggendari, con tanto di inni, riti e moda ben definita: tant’è che capolavori come ‘Peter Pan' e ‘Pirati dei Caraibi' si rifanno all’immaginario di Stevenson. Il minimo comune multiplo tra la realtà e la letteratura è il rum, un’acquavite ottenuta dalla distillazione della melassa della canna da zucchero o del suo succo. Abbiamo chiesto a Salvatore D’Anna, bartender dell’Archivio Storico, cosa fosse il rum per lui: “ È il lavoro di una vita, un prodotto con cui io ho iniziato a lavorare 20 anni fa e che mi ha dato parecchie soddisfazioni”. L’Archivio Storico è un bar napoletano (via Scarlatti, 30) premiato più volte tra i migliori d’Italia e presente in diverse guide nella ristorazione grazie al menu dello Stellato Pasquale Palamaro e ai cocktail di D’Anna che propone il rum in mixology in varie forme, “dai rum pregiati, che consigliamo di bere lisci, a quelli premium da cocktail. Siamo molto attenti all’utilizzo del rum necessario alle nostre ricette”.

La storia del rum

La narrativa di Stevenson ha contribuito suo malgrado ad un falso mito sulla nascita del rum che lo vede legato ai paesaggi incontaminati delle spiagge caraibiche. Tutto ciò è impossibile, perché essendo un distillato della canna da zucchero, nasce in Asia dove si hanno tracce antichissime di distillati ottenuti dalla canna da zucchero chiamati Arrack. Un altro esempio è il brum, un distillato prodotto in Malesia risalente a migliaia di anni fa che Marco Polo portò in Italia come “Ottimo vino di zucchero” dopo averlo assaggiato in Cina e Iran.

La prima distillazione di rum è avvenuta a Londra con le canne da zucchero indiane nel XV secolo (anche in India si otteneva un distillato simile al brum). Per il rum caraibico bisogna aspettare addirittura il 1600: le prime produzioni le dobbiamo agli schiavi che scoprirono la fermentazione delle melasse, un sottoprodotto del processo di raffinazione dello zucchero. Non è proprio rum come lo intendiamo oggi.

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Il successo che ottiene la prima distillazione a Londra è tale che l’Impero di Carlo II Stuart decide di fondare nel 1664 una distilleria nelle Colonie Americane in quella che oggi è Staten Island. Per sostenere la richiesta dell’alcolico, dopo tre anni ne apre una a Boston e via via in tutte le colonie: fino al punto che la produzione di rum diventa la più grande e florida industria del New England coloniale. Il rum prodotto nel Nuovo Mondo è così pregiato, così ricercato, da diventare moneta corrente come l’oro in Europa. Le stime di consumo ritrovate negli archivi imperiali parlano di 13,5 litri pro capite fino alla Guerra d’Indipendenza del 1775. un consumo altissimo. Secondo alcuni storici la Sugar Act del 1764 imposta dall’Impero che ha fatto alzare il prezzo di produzione del rum potrebbe aver contribuito a causare la rivoluzione americana.

Alla fine del conflitto una delle immagini più forti della storia è legata al rum: George Washington che si alza su una botte di rum delle Barbados prima del discorso del suo insediamento nel 1789.

Fino alla fine del ‘700 non si parla ancora di rum caraibico come prodotto tipico: poi che succede? La richiesta è così alta che si incrementano gli scambi tra le colonie, i Caraibi e l’Africa in modo da sostenere questa necessità. Gli scambi con l’Africa non sono però sui prodotti, sono sugli esseri umani. Il rum veniva prodotto dalla melassa ottenuta in Africa, la quale a sua volta veniva imbarcata sulle navi europee dirette in Africa per essere utilizzato, fra le altre cose, come merce di scambio per ottenere essenzialmente schiavi da portare in America e così via. Un circolo di morte, dolore e perdita andato avanti per oltre un secolo. La melassa fermentata scoperta dagli schiavi, che lenisce le fatiche degli oppressi, contribuisce alla nascita di un’industria locale che resta sotto l’egida dell’Impero Britannico. Dopo la Rivoluzione scattano delle restrizioni commerciali nei confronti del Regno Unito che favoriscono lo sviluppo della cultura del whiskey americano e fanno scemare la “moda” del rum.

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Ci sono varie storie legate al Rum caraibico e a distillerie aperte dai marinai alle Barbados e a Martinica, ma fino al ‘900 il rum prodotto sulle isole è di bassissima qualità. Lo sviluppo della tradizione distillatrice nel Mar dei Caraibi lo si deve al Proibizionismo: il rum diventa uno dei liquori proibiti più cercati grazie al successo ottenuto in Europa e Sudamerica e al grande numero di immigrati negli Stati Uniti che il rum lo avevano provato. Di fatto questo prodotto fa parte del tessuto sociale degli emigranti di inizio ‘900 e lo sarà ancora di più dopo: durante quel ventennio, infatti, tanti bevitori trovarono rifugio a Cuba e in Giamaica.

Dal 1919 al 1933 i pirati sono sostituiti dai rum-runner, degli spericolati che, tramite le navi, i fiumi e i canali, portavano il rum caraibico fin dentro gli speakeasy. Il flusso è stato così elevato da coniare una Rum Row, la “linea del rum”, una “strada” d’acqua che veniva percorsa da navi più piccole, guidate anche da altri contrabbandieri e da pescatori temerari.

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I tanti immigrati americani di Cuba e Giamaica scoprono l’era del Tiki e si appassionano alla miscelazione, nata proprio durante il Proibizionismo per rendere meno disgustoso l’alcol che arrivava nei bar. Alla fine degli anni ‘30 i magazzini erano così pieni di rum che per acquistare un barile di whiskey, bisognava acquistare almeno 10 di rum, Da qui nascono tantissimi cocktail a base rum portati alla ribalta da grandi artisti come Hemingway che consegna alla storia il mojito e il daiquiri tramite ‘Il Vecchio e il Mare'.

Durante la Seconda Guerra Mondiale la produzione negli Stati Uniti torna a concentrarsi sul whiskey e questo favorisce il mercato nei Caraibi; alla fine della stessa il rum è pronto alla conquista del mercato globale.

Come si fa il rum, un processo lungo 5 fasi

Il rum nasce dalla coltivazione intensiva di canna da zucchero. La pianta, una volta giunta a maturazione, va tagliata e pressata in un mulino per ottenere il succo. Anticamente, dopo la pressa, questo estratto veniva lasciato a fermentare per ottenere una sostanza alcolica. Ancora oggi nelle Antille Francesi è questo il metodo con cui si ottiene il rum, ma non è più quello corretto.

Fase 1: la coltivazione della canna da zucchero

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I germogli vengono piantati tra febbraio e agosto a seconda del clima locale. Questo procedimento è molto importante e influenza fin da subito la riuscita dell’alcolico: migliore è il momento, più elevato sarà il contenuto zuccherino, meno materiale di scarto verrà prodotto dalla distillazione. La pianta cresce per 18 mesi fino a raggiungere i 3 metri d’altezza nelle aree tropicali e il metro nelle zone subtropicali; viene quindi raccolta, tagliata e mandata alla macinazione. Se l’estratto della canna va direttamente alla fermentazione si ottiene il rum agricolo; questo verrà poi depurato, decantato, filtrato e versato nei tini di fermentazione, passaggio che avviene spontaneamente in 36/48 ore, producendo un rum molto leggero senza alterazioni aromatiche. Questo metodo "antico" finisce qui: il rum moderno, invece, viene prodotto in maniera diversa. Il secondo metodo, infatti, è quello che produce tutti gli altri rum in commercio: i residui della produzione di zucchero inviati alla fermentazione per il rum industriale, per poi seguire le fasi che descriveremo.

Fase 2: la fermentazione

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La fermentazione del rum è molto semplice: aggiungere il lievito al succo di canna o alla melassa. Il lievito si ciba della parte zuccherina e crea l’alcol etilico, gli acidi e gli altri elementi che verranno estratti con la distillazione. La fermentazione avviene con dei tempi molto diversi: alcuni si limitano a 24 ore, altri a 15 giorni a seconda del rum che si vuole ottenere. Più sarà lunga la fermentazione più il rum avrà alte dosi di alcol, acido e residuo per avere un prodotto molto più corposo.

Fase 3: la distillazione

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Questo processo separa l’alcol dall’acqua per selezionare gli aromi che si desidera ottenere. Per i prodotti commerciali di medio e basso prezzo il prodotto fermentato viene inserito in alambicchi continui e distillato una sola volta per ottenere un liquido trasparente con una gradazione tra i 70 e i 90 gradi.

Più aumentano le distillazioni, maggiore sarà la qualità del rum che, a differenza del wiskhey e della vodka, è soggetto a tecniche di distillazione molto varie, a seconda della decisione dei produttori e del luogo di provenienza. La base è però comune a tutti: il liquido viene riscaldato a 80° e successivamente ricondensato per ottenere l’alcolico.

Fase 4: l’invecchiamento

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Il rum distillato è sempre trasparente perché la distillazione purifica ogni liquido cancellando tutte le tracce di impurità. Esistono gli aromi derivanti dallo zucchero ma non sono distinguibili al palato. Di solito il rum viene fatto invecchiare in botti di legno di quercia americana, fatte carbonizzare all’interno. Il liquido penetra all’interno dei pori, assumendo questo aroma e rilascia un’ulteriore parte di alcol che evapora. Più o meno ogni anno, il rum in invecchiamento perde il 10% di alcol per questo motivo il mastro distillatore rabbocca le botti di tanto in tanto. Un sistema molto caratteristico è quello chiamato Solera, derivante dal brandy spagnolo: le botti d’invecchiamento sono poste a piramide per avere un blend naturale dell’acquavite.

Da sottolineare che non avendo una legge sicura e unitaria, gli anni di invecchiamento del rum non sono indice di qualità.

Fase 5: la miscelazione

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Come in ogni produzione avuta dalla II Rivoluzione Industriale in poi, la forza dell’oggetto è dovuta alla standardizzazione della proposta e questo per il rum è un problema. Un alcolico della stessa annata, dello stesso produttore, ma posto in botti differenti, assume sapori differenti. L’abilità dei produttori di rum e l’unicità di questo alcolico sta proprio nella miscelazione degli ingredienti che creano il rum ricercato. Questo risultato si ottiene miscelando rum con diversi anni d’invecchiamento, come ad esempio il cosiddetto rum blended, mentre altri miscelano i rum di una stessa annata ma di diverse botti (e in questo modo si ottiene il rum millesimato).

Quanti tipi di rum esistono?

Avendo una componente umana tanto forte nelle fasi di lavoro, il rum è soggetto a tantissime variabili che ne differenziano il tipo e lo stile. Quest’ultimo è derivante soprattutto dalla zona di produzione e sono tantissime, mentre i tipi veri e propri di rum sono solamente sette.

1. Il Rum bianco

Come si può facilmente intuire, parliamo di un alcolico bianco trasparente. La gradazione è più leggera rispetto agli altri tipi ed è molto profumato. Si ottiene dopo un affinamento in barile e una successiva distillazione per rimuovere il pigmento senza intaccare il bouqet organolettico. Questo tipo di rum è quello più commerciato al mondo anche perché perfetto per i cocktail ma, come ci conferma Salvatore D’Anna, ottimo da bere anche in purezza. Tra i migliori rum bianchi che possiamo suggerire c’è sicuramente il Muller LL IV/3177, un rum caraibico che prende il nome dal lotto dell’alambicco in cui è distillato; presenta un profumo fresco, intenso e fruttato, di agrumi dal gusto caldo e potente. Da provare poi il Forsyths 151 Proof,  un distillato caldo e potente. La quintessenza del rum giamaicano. Questi due prodotti hanno prezzi importanti, se invece vogliamo gustare un buon prodotto in rapporto qualità-prezzo, consigliamo il Veritas. Prodotto alle Barbados, derivante dalla Melassa, ideale per i cocktail grazie alla purezza del gusto. Quasi una Vodka. Il rum bianco è così trasparente che in ‘Oltre i confini del mare', il quarto film della saga ‘I Pirati dei Caraibi', Jack Sparrow afferma che “ci sono volte, quasi tutte le volte, che preferisco guardare il mondo attraverso un bicchiere di rum”.

2. Il Rum amber

Un rum dal colore rame chiaro, distillato e maturato in legno di quercia che precedentemente ha ospitato il bourbon. L’invecchiamento è di un paio d’anni ed è molto profumato. Per citare i migliori rum amber non si può non partire dal Damoiseau Vintage 1953, probabilmente il più vecchio rum in circolazione. Proveniente dalla Guadalupa, 31 anni di invecchiamento tropicale in barriques di rovere francese da 225 litri. Colore molto intenso, note agrumate e di legno che evolvono in note vegetali di tabacco, cannella e vaniglia. Il costo è proibitivo, oltre i 1300 euro per un prodotto raro e da collezione. Da provare il Malecon Selección Esplendida 1979, un blend delle migliori annate e delle migliori distillazioni, praticamente la selezione della selezione. Scendendo di prezzo suggeriamo il Pyrat, un rum che affina per almeno 15 anni in barili di quercia francese e americana per poi subire un ultimo, finale, passaggio in botti precedentemente contenenti liquore all’arancia. Gusto fruttato e corposo per una degustazione più semplice ma comunque di qualità.

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3. Il Rum scuro

La caratteristica principale di questo distillato è il sentore di caramello. Il consiglio è di degustarlo in purezza per apprezzarne ogni sfaccettatura. Molto bello da vedere, quanto facile da “imbrogliare”. D’Anna ci suggerisce un piccolo trucchetto per degustare il rum: “Una tecnica molto semplice per smascherare gli ‘imbroglioni, è quella di prendere un po’ di rum tra le mani e sfregare le dita finché non si perde il liquido. Se la mano resta asciutta allora il rum è secco ed è di buona qualità, al contrario, se resta appiccicaticcia vuol dire che quel rum è più zucchero aggiunto che alcol e non va bene”. Questo tipo di rum è soggetto ad aggiunta di caramello o melassa prima dell’imbottigliamento. Il migliore è probabilmente il Santa Teresa Bicentenario, un rum prodotto in quantitativi molto limitati, soli 1.200 litri all’anno. Ogni bottiglia è numerata e riporta la firma del fondatore. Una bottiglia intagliata e da collezione, per un rum da meditazione. Da provare assolutamente il Diplomático Mantuano, un blendend figlio di una doppia distillazione dal sapore speziato molto persistente.

4. Il Rum añejo

Un rum semplice e semplicemente invecchiato. Non presenta particolarità organolettiche se non il sentore di zucchero o al massimo di vaniglia. Ottimo sia in mixology che bevuto liscio. Da provare il Vieux Traditionnel Riviere du Mat 2004, un rum dell’Isola di Reunion invecchiato tra i tre e i cinque anni in botti di rovere. Interessante il Belize di Fair Spirits, un distillato morbido, caldo e profondo, ottenuto da canna da zucchero biologica.

5. Il Rum Overproof

Il rum con la gradazione alcolica più alta. Difficilissimo assaggiarlo in purezza, è ottimo nella miscelazione. Secondo la leggenda nasce per testare la polvere da sparo: dopo averla bagnata col rum, se prendeva fuoco, era la prova che la percentuale di etanolo era alta e la polvere ricca. Se nonostante tutto volete rischiare, suggeriamo il Pure Single Jamaican, un rum invecchiato 7 anni che ha una gradazione “solo” al 60%, contro la media dei rum che si attesta al 40%.

6. Il Rum Speziato

Si tratta di un distillato arricchito dalle infusioni di spezie e frutti. Aroma prevalente è la vaniglia ma non di rado si trovano cannella e limone. Questo distillato fa storcere i puristi perché ci sono tanti dubbi riguardanti la genuinità del rum di base. Per molti non si tratta di un vero distillato a questo punto della produzione ma di un liquore a sé stante. Molto utilizzato nella miscelazione dei long drinks alla frutta, suggeriamo il Kraken Black Spiced che ha un aroma ben bilanciato, morbido e gentile al palato.

7. I Rum Premium, super premium, ultra premium

Il distillato di migliore qualità, da provare assolutamente in purezza. Moltissimi sono i sapori che si possono avvertire, tra cui il legno naturalmente. Sono miscelati solo dai migliori maestri, come fossero dei cocktail ma puri, senza intrusioni esterne: botti diverse, distillazioni diverse, rum diversi. Tutto unito dalla sensibilità del produttore e da come rabbocca l’alcol evaporato. Da provare il Rare Collection Albion' El Dorado Demerara 2004, fatto con la ricetta di una distilleria chiusa 50 anni fa o, ancora, il Solera Gran Reserva Especial ‘Royal' Zacapa, una riserva dei migliori rum guatemaltechi invecchiati fino a 30 anni con metodo Solera.

Come degustare il Rum

Torniamo a chiedere aiuto al nostro Salvatore D’Anna che ci stoppa subito: “Difficile la degustazione perché non te ne accorgi subito della qualità. Questo è un distillato che va tenuto in mano per parecchio tempo, affinché il calore umano riscaldi il prodotto e faccia evaporare tutti i sentori. Le sfaccettature sono molteplici ed ognuno cerca il sapore che preferisce”.

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Ma c’è qualcosa da evitare? “Sicuramente lo zucchero aggiunto” continua il barman dell’Archivio Storico, “chi si aspetta un rum dolce, di facile bevuta, non deve aspettarsi un rum buono. L’odore di acetone è un altro campanello d’allarme”. Per un prodotto di livello dobbiamo sentire all’olfatto tutti gli aromi derivanti dalla lavorazione. Questo non è un processo semplice e si acquisisce con l’assaggio costante del prodotto, di varie tipologie diverse.

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A cura di
Leonardo Ciccarelli
Nato giornalista sportivo, diventato giornalista gastronomico. Mi occupo in particolare di pizza e cocktail. Il mio obiettivo è causare attacchi inconsulti di fame.
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