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20 Giugno 2021 15:00

La pasta (italiana) come piatto del cuore durante il lockdown

"Il consumo di pasta durante il lockdown", la ricerca di Doxa per Unione Italiana Food e Agenzia ICE, ha eletto la pasta come la regina delle tavole durante i mesi di "clausura". Non solo in Italia, anche in Francia, Germania, USA e UK c'è stato un vero e proprio boom di ricette a base di questo alimento: il più preparato, davanti anche alla pizza e al pane.

A cura di Alessandro Creta
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Lunga, corta, liscia, rigata, asciutta, fresca o ripiena. Basta che sia italiana e, stando a una ricerca condotta in occasione dello scorso World Pasta Day da Doxa per Unione Italiana Food e Agenzia ICE, nella maggior parte dei casi è stato proprio così. Su un campione di oltre 5000 persone analizzate tra Italia, Germania, Francia, UK e USA è emerso come la gente, costretta a star chiusa in casa durante i mesi di lockdown, abbia riscoperto la pasta come "piatto del cuore". E i prodotti Made in Italy sono risultati i più diffusi tra le tavole poste sotto la lente d'ingrandimento. Secondo lo studio, inoltre, una persona su 4 tra quelle monitorate ha aumentato il proprio consumo di pasta, con la maggioranza della popolazione che ha ammesso di mangiarla in media da 1 a 4 volte a settimana. In sostanza, 6 italiani su 10 la consumano ogni giorno, e anche all'estero dimostrano l'amore per questo cibo.

Costrette in casa, con ben poche attività da poter svolgere, le persone si sono riscoperte più o meno abili ai fornelli. Non solo pane e pizza, ma soprattutto pasta, nelle sue forme più diverse e declinata nelle ricette più svariate. C'è infatti chi ha voluto rispettare le preparazioni della tradizione, decidendo di realizzare piatti conosciuti e riconoscibili, chi invece ha optato per altre vie, nuove ricette e diverse tecniche di cottura.

Stando ai dati raccolti il 26% del campione ha replicato preparazioni tradizionali e classiche, il 21% invece, considerando il molto tempo a disposizione, si è dato alla realizzazione di piatti più elaborati. Non solo sperimentazione nelle ricette o nelle metodologie di cottura, ma novità anche per quanto riguarda la tipologia di pasta: il 15% del campione totale ha acquistato nuovi formati e varietà come quella integrale, di legumi o senza glutine.

I motivi del grande successo della pasta? Sicuramente l'economicità, le proprietà nutritive, la sua semplicità di preparazione; versatile e facilmente abbinabile con gli ingredienti tipici delle varie cucine nazionali. Il 59% degli intervistati ha ammesso di amare la pasta per la sua capacità di lunga conservazione, il 40% sostiene come "mangiare un alimento buono e gratificante aiuti sempre nei momenti difficili”. Il 25% invece ha affermato come la pasta sia un alimento sano, sottolineando l'importanza della "cucina del benessere durante emergenze sanitarie come il Covid".

Grande successo per uno degli alimenti più caratteristici e iconici del nostro Paese. Famigliare, rassicurante, comfort food: tutte caratteristiche che fanno della pasta uno dei prodotti più consumati al mondo e che l'hanno resa ancor più diffusa durante i vari mesi di lockdown.

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Liscia, rigata, lunga o corta: basta che sia pasta italiana

Dalla ricerca condotta emerge inoltre come in ogni Paese i cittadini prediligano un differente tipo di pasta. Se in Italia andiamo pazzi per il formato corto e rigato, sono in totale contrapposizione i nostri cugini francesi che consumano maggiormente quello corto e liscio (ricorderete durante la primavera 2020, nei supermercati italiani, gli scaffali presi d'assalto con le povere penne lisce snobbate dai clienti). Gli americani e gli inglesi preferiscono optare per gli spaghetti o comunque un formato lungo, in Germania invece sono più indirizzati verso la pasta ripiena.

Che cosa accomuna però le scelte di gran parte delle abitudini delle persone analizzate? La provenienza della pasta. In Inghilterra circa il 72% degli acquirenti si rifornisce della pasta del Belpaese, percentuali al ribasso ma comunque importanti per quanto riguarda Francia (68%), Germania (54%) e Stati Uniti (48%). Una volta in più, l'Italia mette d'accordo tutti (o quasi).

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Quello che i piatti non dicono
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