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24 Ottobre 2022 11:00

Il “consulu”, la bellissima tradizione del Mezzogiorno nei giorni di lutto

In Sicilia troviamo pasti completi e diversi momenti della giornata, in Campania si comincia dalla pizza e si arriva all'immancabile "zucchero e caffè". Vediamo cos'è "u cunsulu", la solidale usanza meridionale dei giorni di lutto.

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La parola è in dialetto ma l'etimologia è meravigliosa: cunsolo o consulu, a seconda della regione di provenienza, deriva da "consolare, portare conforto". Per chi non lo sapesse, stiamo parlando della tradizione tutta meridionale di portare in dono del cibo alle famiglie dei defunti. Generi alimentari che servono per il fabbisogno immediato così da sollevare chi vive il lutto dall'incombenza di preparar da mangiare. Singolare è la diffusione della tradizione: si trovano tracce di questa usanza solo nelle regioni italiane in cui la dominazione araba ha permeato maggiormente la cultura, quindi Sicilia, Campania, Calabria, Puglia e Basilicata. Un gesto di civiltà che mostra la vicinanza delle persone in un tragico frangente della vita.

Una "mutua" per aiutare chi ci vuole bene

Vista la diffusione è idea comune che questa usanza derivi da un'antica tradizione Araba. ‘O cunsulu "originale", se così vogliamo dire, si trova proprio in Sicilia, la zona che più di tutte è stata a contatto con questa cultura.

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I più ossequiosi siculi si presentano a casa delle famiglie in lutto con dei cibi cotti e fumanti nelle ore immediatamente successive alla morte del defunto. In questo modo i familiari possono concentrarsi sul dolore della dipartita senza dover pensare a cosa preparare da mangiare. Un gesto caritatevole, amorevole, che sprona amici e familiari ad andar avanti: un modo molto discreto per dire "ci sono anche io, non sei solo" a chi sta soffrendo per la morte di una persona cara. Il cunsulu siciliano è affascinante perché fatto di momenti, segue un vero e proprio percorso: le pietanze calde subito dopo la morte del congiunto, la colazione con il caffè la mattina successiva, poi pranzo e cena. I parenti vengono accuditi dai vicini, dalle persone che li amano. Questo rito si prolunga dai tre ai cinque giorni successivi al triste evento.

In Sicilia l'usanza va ben oltre il semplice "servizio" gastronomico: in alcune zone dell'isola si offre un aiuto economico per le spese del funerale. Lo si fa con tutti, alle famiglie meno abbienti ancor di più: tutti hanno diritto a delle esequie onorevoli, non è giusta la discriminazione in base al reddito ed è per questo motivo che le persone più vicine al defunto si mettono a disposizione sia dal punto di vista culinario sia dal punto di vista economico.

Molto simile alla Sicilia è l'usanza in Calabria con una continua offerta di cibo alle famiglie dei morti, si differenzia invece in Puglia dove ci si limita a fare una sorta di banchetto con uova, pane, vino e legumi. Anticamente il pane veniva preparato sulla bara o sulle tombe affinché entrasse a contatto con il morto ma da circa un secolo ci si limita a offrirlo ai parenti. Effettivamente in questo modo andavano a benedirsi tutte le buone norme dell'HACCP.

Discorso diverso in Campania dove ‘o cuonzolo è sinonimo di "zucchero e caffè". Qui è necessario un passo indietro perché Campania e Sicilia hanno in comune i cibi caldi e la differenziazione in base alla giornata, ma nella prima regione sopraggiunge l'accoppiata dedicata ai conoscenti meno stretti.

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Generalmente i parenti e gli amici arrivano con qualcosa di caldo subito dopo la morte del congiunto: i pasti più gettonati sono il gattò di patate, perché è buono pure da freddo e si scalda facilmente, oppure minestre calde e metri di pizza. Molto gettonata è anche la mozzarella di bufala o la parmigiana a seconda del periodo dell'anno in cui avviene la tragedia. Al mattino colazione sempre pronta con sfogliatelle e cornetti caldi. Un mare di cibo che viene distribuito tra le stesse persone in lutto e lasciato sul tavolo alla mercé di chi ne ha bisogno e ha un languorino nei lunghi momenti di veglia. Ma cosa c'entrano zucchero e caffè dunque? Questi sono i doni riservati ai conoscenti o ai familiari alla lontana che si recano a casa del defunto nei giorni successivi, quando tutta la calca è ormai passata, per esprimere le proprie condoglianze. Visto che cibo ce n'è in abbondanza è inutile aggiungere altri beni deperibili, per questo si vira su due elementi che le famiglie possono conservare anche per tantissimo tempo e che fa sempre comodo tenere in casa. Molti preferiscono regalare i biscotti in scatola, i celebri danesi che tante volte nelle case delle nonne abbiamo bramato per poi essere delusi da ago e cotone. Un altro semplice modo per sostenere la famiglia colpita dal lutto.

La tradizione dei banchetti funerari

Il legame tra la morte e il cibo è presente in tutte le culture del mondo. In Medio Oriente e negli arcipelaghi asiatici con forte presenza cattolica (come Malesia e Filippine) ci sono tradizioni molto simili al cunsulu italiano. Nei Paesi anglofoni c'è il celebre funeral party che spesso vediamo nelle serie tv e nei film. Anche il resto d'Italia non scherza, soprattutto quella parte di Paese particolarmente legata alle tradizioni contadine.

Il funeral party è infatti un discendente diretto dei banchetti funerari presenti nell'Italia Centrale, ormai scomparsi ma diffusissimi fino all'inizio del ‘900. Questa tradizione ha però origini antichissime ed è così diffusa nel mondo perché viene dai riti pagani della Roma imperiale. Abbiamo tanti affreschi che testimoniano queste usanze, mantenute anche dopo l'unificazione dell'Impero sotto un'unica religione che ne ha ereditato usi e costumi. Per i Romani la morte non rappresenta la fine della persona e quindi il banchetto coinvolge anche il sepolto. In tante necropoli, soprattutto a Ostia e Porto Isola Sacra (vicino Fiumicino), sono state scoperte delle tombe con dei "tubi" che servono per nutrire il defunto prima della sepoltura finale e del viaggio verso l'oltretomba. Un rito di passaggio che non ha nulla a che fare con la tristezza ma è legato solo alla gioia e al desiderio di allontanare tutti i sentimenti negativi che, naturalmente, nascono in questi frangenti della nostra vita.

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Quello che i piatti non dicono
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