Il malto diastasico offre ai lieviti non solo una quantità di zuccheri semplici subito disponibili, ma anche un nutrimento continuativo e regolare grazie alla presenza di particolari enzimi, utili nelle lunghe lievitazioni.
Il malto diastasico è un miglioratore naturale della lievitazione ricavato dalla germinazione dei cereali, in particolare da quella dell’orzo. La sua funzione principale è fornire sia zuccheri semplici che i lieviti all’interno di un impasto possono utilizzare subito, sia dare ulteriore nutrimento favorendo il processo di amilasi grazie a un’elevata presenza di enzimi (alfa e beta amilasi) che scompongono gli amidi complessi della farina, trasformandoli in ulteriori zuccheri semplici. Questo significa che il malto diastasico conferisce un supporto continuativo durante la maturazione della pizza e il suo uso si rivela particolarmente adatto nelle lunghe lievitazioni e negli impasti indiretti, tipo la biga. Andiamo alla sua scoperta.
Il malto diastasico è un prodotto molto utilizzato nella produzione di lievitati che ha la stessa origine del malto: deriva dall’ammollo, germinazione ed essiccazione dell'orzo (che diventa orzo maltato), oppure di altri cereali (come il frumento o la segale), indicati più genericamente come cereali maltati. Durante questa lavorazione i chicchi vengono fatti ammollare, quindi macerare in acqua al fine di far crescere il germe: in questa fase avvengono diverse reazioni chimiche che portano alla saccarificazione dell'amido, trasformandolo in maltosio, grazie all’azione di alcuni enzimi, detti appunto diastasi, che sono principalmente le amilasi. Dopo l'essiccazione sia gli zuccheri che gli enzimi rimangono nel prodotto finito, anche se questi ultimi non in uguale quantità a seconda dello scopo d’uso. Nel malto “classico” non sono presenti o sono presenti in percentuali ridottissime, dove praticamente non svolgono alcun effetto e vengono considerati inattivi: in questo caso a funzionare è il maltosio che agisce come lo zucchero semolato e il miele, velocizzando la fermentazione, ma esaurendosi velocemente. Nel malto diastasico questi enzimi sono invece attivi dando il loro contributo alla regolazione della fermentazione degli impasti, nella texture alveolata, nel colore dorato e nel profumo. A seconda della concentrazione, si riconosce un basso o alto potere diastasico che viene misurato attraverso l’analisi Pollak: una scala di valori determinata a seconda di quanto maltosio riesce e produrre 1 kg di malto in 30 minuti, che si può tradurre con la sua capacità di ridurre gli amidi della farina in zuccheri semplici. Una bassa capacità si aggira attorno alle 4.500-6.500 unità Pollak, un’alta dalle 10.000 in poi, arrivando a un’altissima di 24.000.
Quando in commercio si trova il prodotto con la specifica “malto diastasico” è perché il potere è medio-elevato, cosa che spesso viene indicata anche sulla confezione: le unità non compaiono in etichetta, ma si possono trovare segnalate nella descrizione all’interno dei prodotti disponibili negli e-commerce dei singoli marchi. Ma in che tipologie è reperibile sul mercato? Le più diffuse sono:
Abbiamo visto che usare il malto diastasico può portare nell’impasto della pizza degli effetti positivi che possiamo riassumere in:
Non tutte le preparazioni per pizza, però, necessitano del suo utilizzo: per esempio non è utile in quelle con lievito istantaneo e con lievitazioni brevissime, perché il malto diastasico tenderebbe a velocizzare troppo la fermentazione, rendendo l’impasto molle e appiccicoso. Si può usare, invece, per le pizze a lunga maturazione sia con lievito di birra sia con lievito madre o negli impasti indiretti, dove nell’arco di tutto il processo è fondamentale avere una continua produzione di zuccheri e quindi di nutrimento per i lieviti. Negli impasti diretti lo si può inserire all’inizio, mentre nella biga e nel poolish va messo quando si forma l’impasto vero e proprio e non come starter. Quali sono le quantità corrette? Generalmente si tende a non usarne più dell’1% sul totale della farina, anche se il consiglio è quello di basarsi sulle istruzioni che si trovano scritte sulle confezioni.
Ultimo dettaglio: il malto diastasico essendo un boost di enzimi è ideale unito a farine che ne contengono pochi, in quanto le amilasi sono naturalmente presenti nell’amido della farina, ma non in modo univoco. In gergo l’attività amilasica della farina si calcola attraverso il Falling Number che viene indicato in alcune schede tecniche di prodotti con la sigla FN: è vantaggioso conoscerlo in quanto se si ha già a disposizione una farina con una forte attività enzimatica (valori FN <300), non sarà necessario aggiungere il malto diastasico per bilanciarla, mentre al contrario, con un FN >350 si rivela provvidenziale. Come regolarsi in assenza di questa informazione? Il suggerimento è seguire la ricetta, altrimenti solitamente il malto diastasico è consigliato con le farine destinate ai prodotti da forno con lunga lievitazione, in quanto hanno una debole attività enzimatica.