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14 Settembre 2023 11:00

Burrata: com’è nata, com’è fatta e i migliori abbinamenti con cui provarla

Tra le eccellenze italiane che hanno saputo unire tradizione e coolness, conquistando anche l'estero, c'è senza dubbio la burrata. Il merito è tutto del suo ripieno "a sorpresa", quasi peccaminoso.

A cura di Federica Palladini
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La burrata è un prodotto della tradizione gastronomica made in Italy spesso protagonista di piatti estivi grazie al suo caratteristico ripieno, la stracciatella, ingrediente con cui arricchire in modo versatile pastasciutte, risotti, bruschette e insalate. Un formaggio tipico che si può gustare in versione tanto rustica – così com’è, al massimo con un po’ d’olio buono – quanto cool, nei ristoranti di tendenza.

Riconoscere la burrata tra gli altri latticini è piuttosto semplice: si tratta di una specie di sacca dalla forma sferica, che varia dai 100 gr al chilo di peso, realizzata con pasta filata (quella della mozzarella) e farcita con panna fresca e altra pasta filata sfilacciata a mano. All’estremità ha un’escrescenza dovuta alla chiusura, che può eventualmente essere ulteriormente sigillata con un nastro di rafia alimentare. Il colore è etereo, bianco e brillante, e il sapore fresco. Quando si taglia, vedere la panna uscire è sinonimo di qualità, così come lo è la sua consistenza lattiginosa.

Com’è nata la burrata e come si fa: tutto merito dei caseifici artigianali

Se dovessimo continuare a compilare un’ipotetica carta d’identità della burrata, allora localizzeremmo la sua nascita in un punto preciso d’Italia, ovvero l’Alta Murgia, nella provincia di Bari, dove nei primi del ‘900 Lorenzo Bianchino, casaro di Piana Padula, a causa di una nevicata dovette escogitare un metodo per conservare i suoi latticini, non potendoli portare fuori dalla masseria. Creò quindi con l’impasto della mozzarella un involucro nel quale mise la panna che affiorava dal latte, arricchendola con ulteriori straccetti di pasta filata, per poi chiudere il tutto a palloncino. Un espediente anti spreco che ha generato una delle specialità pugliesi più conosciute e rinomate, tanto che la Burrata di Andria è certificata con il marchio Igp dal 2016, ha un consorzio di tutela e un disciplinare di produzione.

Tutta la bontà della burrata è custodita dalla maestria dei casari che portano avanti questa lavorazione con metodi artigianali, visto che esperienza e manualità sono due elementi fondamentali per avere un risultato eccellente. Le materie prime con cui viene realizzato quello che viene definito anche l’“oro bianco di Puglia” sono:

  • Latte vaccino. Deve essere di ottima qualità, crudo o pastorizzato. Si utilizza per fare la pasta filata che servirà sia da guaina sia da ripieno e per estrarre la panna. In alternativa è diffusa anche la preparazione con il latte di bufala.
  • Siero innesto o altri acidi alimentari. Si tratta della componente che permette l’acidificazione del latte: la lavorazione con il siero innesto è quella più legata alla tradizione, in quanto si usa il residuo della caseificazione precedente. Sono consentiti per legge anche l’acido citrico e l’acido lattico, che svolgono la stessa azione, ma tendono a standardizzare il gusto del prodotto.
  • Caglio animale o coagulante microbico. Il primo è il caglio di vitello naturale, mentre il secondo è un enzima che si ricava dalla fermentazione di particolari muffe: viene impiegato nella realizzazione dei formaggi vegetariani.
  • Sale. Aggiunto durante la filatura o la salamoia.
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Le fasi in cui è diviso il procedimento di preparazione sono tre. Vediamole brevemente.

  1. Preparazione della pasta filata. Il latte viene acidificato e poi riscaldato e coagulato attraverso l’effetto del caglio, ottenendo ciò che si definisce cagliata. Questa viene rotta con un apposito strumento e ridotta in pezzetti grandi come un fagiolo. Si lascia riposare il tempo necessario (qui è l’abilità del casaro a entrare in gioco) per poi procedere alla filatura, unendo i grumi all’acqua calda e al sale: il risultato deve essere una pasta molle e facilmente lavorabile.
  2. Preparazione della stracciatella. Una parte della pasta filata realizzata serve per il ripieno. Si riduce a sfilacci rigorosamente a mano, strappandoli e trasferendoli in acqua fredda, per poi immergerli nella panna. Nonostante esistano macchinari per compiere questa operazione, la consistenza perfetta della stracciatella è data solo dal gesto manuale, che “sbrindella” senza tagliare o triturare.
  3. Farcitura e chiusura. A questo punto si modella la pasta filata destinata all’involucro tenendola in mano, prima allargandola e appiattendola e poi mettendo al centro una generosa porzione di ripieno, che con il suo peso le darà la forma di un cappuccio, che infine viene annodato e arrotondato. Si completa il tutto con una salamoia di pochi minuti se non c’è stata salatura in precedenza.

Burrata di bufala laziale e campana: due varianti regionali

Regione che vai, burrata che trovi? Un po’ sì. Perché se la burrata born in Puglia più classica è a base di latte vaccino, così non è per altre due tipologie, ugualmente famose in Italia: stiamo parlando della burrata di bufala laziale e della burrata di bufala campana, originarie di due regioni dove gli allevamenti di questi bovini fanno parte della tradizione e da cui si ricavano prodotti caseari altrettanto famosi, dai latticini (tipo la mozzarella) ad altri formaggi (scamorza, toma, etc).

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Per quanto riguarda la burrata di bufala laziale è inclusa nei PAT, ovvero nei Prodotti Agroalimentari Italiani tipici di un territorio, ed è considerata a rischio scomparsa, in quanto solo pochissimi caseifici la mantengono. Rispetto a quella pugliese, si differenzia in sostanza per la materia prima, latte di bufala e non vaccino, sia all’esterno che per la stracciatella. In Campania, invece, il termine burrata è usato sia per indicare l’omologa laziale, sia in riferimento a un formaggio completamente diverso, sempre tra i PAT regionali che, a seconda della forma, prende anche il nome di burrino. Il burrino o burrata di bufala, infatti, ha una particolarità che lo rende differente dai precedenti: al suo interno vi è una pallina di burro, così da giustificarne, in questo caso, il nome.

Come utilizzare la burrata in cucina: i migliori abbinamenti con cui provarla

La burrata costa in media un terzo in più della mozzarella. La si trova al banco del supermercato, nelle formaggerie o ancora nelle botteghe che vendono prodotti tipici ed è acquistabile anche la sola stracciatella. Prima di conoscere come abbinarla al meglio, ecco una curiosità sul packaging: molto spesso la burrata pugliese è confezionata all’interno di una busta per alimenti decorata con finte foglie verdi, non edibili. Un abbellimento che deriva dall’antica usanza di avvolgere questo latticino all’interno delle foglie di asfodelo – una pianta dell’Alta Murgia – donando un retrogusto leggermente amaro oltre che per conservarlo.

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La burrata in cucina è diventata un vero e proprio passepartout, soprattutto durante la bella stagione, quando un tocco di stracciatella si può paragonare alla grattata di bottarga, per creare ricette sfiziose, ma senza fatica. Un semplice crostone con prosciutto crudo e pomodorini, per esempio, diventa scioglievolissimo, così come la sua cremosità rende voluttuosa qualsiasi pastasciutta, meglio se condita con profumi che richiamano il Sud, dai friggitelli alle melanzane. Il sapore neutro e avvolgente in bocca della stracciatella è ottimo per smorzare gusti più decisi o piccanti, tipo quello della ‘nduja, o per essere aromatizzato con scorza grattugiata di limoni o arance, mentre la sua pannosità è perfetta per giocare con le consistenze croccanti, da provare con granella di pistacchio e altra frutta secca. In commercio è facile trovare burratine dalla pezzatura più piccola, tipo 50 grammi, ideali se le si vuole presentare intere su una pizza (calcolandone una a testa) o su un tagliere misto come antipasto o aperitivo.

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Essendo un formaggio fresco, se non freschissimo, è consigliabile consumarlo appena acquistato, riponendolo in frigorifero nel suo liquido massimo un giorno e lasciandolo a temperatura ambiente prima di mangiarlo, così da poter valorizzare tutte le sue proprietà organolettiche. Con la burrata e la stracciatella spazio alla fantasia in cucina, ma senza esagerare sia nella frequenza che nelle porzioni. Trattandosi di alimenti grassi, è meglio tenerli da parte come asso nella manica per le occasioni speciali.

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