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17 Luglio 2021 11:00

Salina, l’isola eoliana che diventa paradiso della cucina vegetale

Con un mare sempre meno pescoso, le isole devono adeguarsi: non è quindi un caso se la cucina vegetale cresce e sperimenta soprattutto in luoghi circondati dal mare. È quanto accade alle Eolie, e in particolare a Salina, dove chef e albergatori attingono a piene mani dall'orto per creare anche piatti stellati.

A cura di Francesca Ciancio
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Più che una moda, un trend di crescita che va affermandosi in tutto il mondo. È quello della cucina vegetale, anche nella ristorazione gourmet che non sceglie la via del vegetarianesimo per una questione di gusto o di benessere, ma per valorizzare ciò che è più abbondante e tracciabile, come verdure, ortaggi, frutta, al posto del pesce, il cui approvvigionamento è sempre più complicato, e della carne, la cui produzione e lavorazione è spesso fonte di grande inquinamento. Una tendenza che salta ancora più all'occhio in posti piccoli quali possono essere le isole, il cui richiamo marittimo non fa pensare subito a orti e frutteti. Eppure è quanto sta accadendo in diversi arcipelaghi italiani.

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A tirare la volata sono le isole Eolie che, grazie alla matrice vulcanica dei terreni, possono contare su un fattore pedologico che fa la differenza nella resa dei frutti della terra. L’attenzione da parte delle persone a cercare ingredienti in alternativa alle proteine animali fa il resto. Ristoranti, osterie, piccole aziende agricole fornitrici possono contare su prodotti che dalla semina alla trasformazione non conoscono alcun passaggio industriale e le conduzioni sono spesso familiari.

Veg già nel nome, I Tenerumi di Davide Guidara

Lo chef campano conosce bene il paniere green della Sicilia e per questo ha accettato la sfida presentatagli dai proprietari del Therasia Resort Sea&Spa sull'isola di Vulcano che hanno chiesto al cuoco under 30 di concentrarsi su un menu totalmente vegetale. Il nome scelto è quello de I Tenerumi (foglie e tralci delle zucchine serpente), proprio per mettere al centro le verdure. Una cucina, quella di Guidara, non affatto blanda, al contrario prepotente, acida, con una concentrazione spiccata sul gusto. I prodotti vengono da un terreno a ridosso della struttura dove è stata fatta ricerca per piantare sementi antiche siciliane.

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Il grosso del lavoro è anche sulle tecniche di lavorazione che vedono spiccare fermentazioni e maturazioni, affinché ogni ingrediente tiri fuori i propri succhi utili all'amplificazione del gusto.

Tutte le sfumature di Salina in una colazione

Francesca ha le mani d'oro, e fa una delle cose più belle che si possano fare per un'ospite in vacanza, preparare una colazione buona e genuina con tutti i prodotti che la sua famiglia, i Cincotta, coltivano. L'Hotel Belvedere è a Leni, la parte dell'isola di Salina più arcaicamente contadina, dove qui i patii chic lasciano spazio all'orto dinanzi all'entrata di casa. Tutti ne hanno un pezzetto, per le verdure, le piante aromatiche e gli alberi da frutto. Francesca ne ha un po’ di più e ormai sull'isola è famosa per le sue venticinque marmellate, fichi e menta, zucca e cannella, mele e rose, limone e vaniglia, albicocche scure… tutte da assaggiare sul pane, senza burro possibilmente, o semplicemente a cucchiaiate.

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Ce ne sono diverse anche con tipologie di agrumi differenti, dal ciaculli al mandarancio; con gli stessi frutti poi fa i succhi e alcune marmellate essiccate. Le torte non sono mai dolcissime perché all'albergatrice piace mettere assieme nocciole e zucchine o mandorle e zucca e, se si preferisce il salato, non mancano i sott'olio e le verdure in agrodolce. Da qualche tempo ha piantato un po' di frutti esotici e in tavola si trovano anche composte di papaya, mango e limone-caviale.

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Al posto del cioccolato ci sono degli speciali bon-bon fatti con mandarini kumquat canditi insieme al gelsomino. Anche le formaggette le affinano in famiglia e vanno accompagnate con una confettura di cipolla, rosmarino e malvasia. L'affondo nella tradizione locale è con i donis, frittelle dolci rotonde che ricorrono nei battesimi e nell'inaugurazione dei tetti delle nuove case, perché a Leni si usa ancora così: se c'è una nuova abitazione c'è una nuova famiglia e si friggono dolci per festeggiarla.

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Francesca poi ci aggiunge il vino cotto, in cui consiglia di intingere le frittelle: una ricetta antica che prevede l’aggiunta della cenere dei tralci della vite nel mosto d’uva. La cottura è lunga e lenta e il risultato finale è una specie di aceto balsamico pregiato in chiave isolana.

Tra il blu e il bianco di Capofaro ci sono i colori dell'orto di Gabriele

Sette anni come braccio destro e oggi chef capo della brigata di Capofaro Locanda&Malvasia a Malfa, Gabriele Camiolo, siciliano di Modica, se l'è sudata tutta la sua competenza nel trattare, trasformare e valorizzare i vegetali della tenuta di proprietà dei Tasca d'Almerita. Il 70% dei prodotti che usa crescono alle spalle del ristorante, mentre le farine per la pasta e il pane arrivano da Regaleali, l'azienda in provincia di Palermo della famiglia. Il pesce si cerca di circoscriverlo a quello locale, quindi piccoli tonni, alalunga, ricciole.

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Al momento il pescato delle Eolie non brilla per abbondanza. Sulla carne Gabriele è ancora più drastico e ha messo in carta solo agnello e maialino. C’è anche un po’ di coniglio e quest'ultimo è, per antonomasia, la carne bianca delle isole, ma Camiolo lo lavora come se fosse una bresaola, salando le cosce e lavorandole con spezie e pepe per poi lasciarle a essiccare per tre settimane. Lo serve in fettine sottili, delicate e magre.

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Il caleidoscopio di colori però è nei piatti di verdure come le carote al barbecue, cotte in crosta di pane e sale, passate sullo yakitori con caramello di carote, arancia e cipolle e nappate leggermente da una crema di mandorle tostate. Vengono accompagnate da erbe amaricanti come i fiori di senape, finocchietto e ravanello.

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Nobilita anche il cavolo trunzo di Acireale – un presidio Slow Food – prima cotto in un brodo vegetale ricco di erbe aromatiche e poi passato in padella in un burro di nocciola. La parte fresca del tubero viene appoggiata sulla radice e il tutto viene glassato con il fondo del brodo e una salsa di pinoli.

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"Un altro viaggio": Martina Caruso non va così lontano

È il nome del nuovo menu di Martina Caruso, stella Michelin del ristorante-hotel Signum a Malfa. Questo “altro viaggio” è forse più interiore che esterno. L’anno di stop forzato deve averle fatto scoprire altri lati di Salina, altre pieghe. Il tempo per sé l’ha portata spesso nell’orto che coltiva il padre Michele. Anche la giovane cuoca sa che il mare delle Eolie non è così tanto generoso e allora l’idea è stata quella trasformare una mancanza in opportunità.

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Allora perché non farci un brodo con il pesce e metterci dentro la pasta con pomodori e mandorle e renderla un po’ piccante con le erbe raccolte nei dintorni? Oppure portare in tavola la murena, ma non fritta come si usa da queste parti, ma al vapore. Lavorarla in maniera puntigliosa per eliminare tutte le spine – che sono tante – e servirla con la limbarda, un’altra erba che fa parte della famiglia del finocchietto di mare.

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La triglia poi è un prodotto “feticcio” di Martina perché è sempre stata nei suoi menu. Questa volta te la serve con zucchine dell’orto e more di Vulcano. Altro suo piatto-firma è il gelato al cappero dove l’ingrediente non perde mai la sua anima sapida e che la chef lavora con una ricotta di Vulcano.

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Anche nel caso della Caruso sono ricette con lo sguardo rivolto al lato verde dell’isola e non necessariamente solo al mare. E sono ricette che raccontano la storia agricola delle isole Eolie, fatta di legumi, pomodori, capperi, uva malvasia, di ortaggi e verdure croccanti grazie ai terreni minerali. A Salina tutto questo è evidente grazie alla presenza possente dei due colli, Monte dei Porri e Monte Fossa delle Felci, una riserva naturale che fa predominare il verde sull’azzurro. E di certo sull’isola ci sono più orti che barche.

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Quello che i piatti non dicono
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