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18 Marzo 2024 12:30

Penicillium camemberti a rischio: il fungo di Brie e Camembert potrebbe estinguersi

Un gruppo di ricercatori lancia l’allarme riguardo a uno dei funghi più utili alla produzione di formaggi iconici. Perché sì, fughi e muffe possono essere “buoni” e diventare alleati nella preparazione di alcune specialità gastronomiche, dai più celebri formaggi, ai salumi, al vino.

A cura di Martina De Angelis
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I ricercatori del Cnrs (Consiglio nazionale della ricerca scientifica), la più grande e più importante organizzazione di ricerca pubblica in Francia, hanno pubblicato uno studio allarmante: alcuni dei formaggi francesi più importanti come brie e camembert, ma anche Roquefort potrebbero arrivare a scomparire. Tutto dipende dal costante impoverimento generico dello storico fungo Penicillium camemberti, responsabile della fermentazione caratteristica di questi formaggi, ora a rischio estinzione.

La spiegazione è abbastanza semplice: il fungo che si forma su questi tipi di formaggi è cresciuto inizialmente in modo organico, sviluppando muffe che hanno portato alla nascita di queste varietà. In seguito il fungo è stato ottenuto da spore coltivate in laboratori, a partire dagli anni '50 è stato addirittura clonato e unito ad altri ceppi, e da qui il problema: la selezione eccessivamente drastica ha ridotto la diversità genetica del fungo di origine.

Il Penicillium camemberti ha quindi perso la capacità di prolificare naturalmente diventando sempre più difficile da trovare. E se non c'è il fungo, non nasce nemmeno la muffa necessaria ai formaggi in questione. Sì perché forse non lo sai, ma muffe e funghi non sono sempre pericolosi: ne esistono alcuni considerati “buoni” e che possono essere usati per produrre alimenti diventati delle vere e proprie eccellenze.

Muffe e funghi: come sono collegati

Quella che siamo abituati a chiamare muffa, in effetti, è un fungo. O meglio: si tratta di funghi microscopici pluricellulari che sviluppano su vari substrati, sia di origine vegetale che animale, alimenti compresi. Appartenendo alla famiglia dei funghi, hanno una struttura abbastanza simile che comprende il micelio, a sua volta composto da ife, ovvero strutture cellulari filamentose che vediamo e riconosciamo come “muffa”. Questi organismi microscopici che identifichiamo come muffe sono ovunque, nell’aria, nel suolo, sugli alimenti e persino sul nostro corpo.

Questo perché possono viaggiare nell’aria, dove si riproducono attraverso piccole spore, resistere a condizioni ambientali estreme e crescere quando trovano un ambiente favorevole, nello specifico ricco di umidità e nutrienti. I funghi che danno origine alla muffa sono migliaia e di tipologie differenti, oltre a essere importantissimi per l’ecosistema poiché contribuiscono alla materia organica e al riciclo dei nutrienti.

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Quando sentiamo nominare la parola muffa il pensiero va subito a quella patina che ricopre pareti e alimenti danneggiandoli (anche se alcuni cibi sono recuperabili) e quindi la associamo a qualcosa bisogna il più possibile prevenire o eliminare. In realtà non è sempre così: esistono infatti delle muffe considerate “buone” perché servono a migliorare le qualità di un determinato prodotto, come per esempio alcuni formaggi e salumi, e anche alcuni vini.

Cosa sono le muffe buone

Le muffe buone sono quella serie di muffe particolari che si sviluppano da un ceppo selezionato per via della  bassissima capacità di produrre micotossine pericolose per la salute, e quindi perfettamente sicure da utilizzare nella produzione di certi alimenti. Le muffe quindi possono essere delle vere alleate in cucina e infatti fin dall’antichità vengono utilizzate per creare determinati prodotti. Senza di esse, infatti, non esisterebbero importantissimi formaggi, soprattutto quelli erborinati, dove attraverso l’erborinatura il formaggio stagiona senza imputridire assumendo sia la classica texture a venature e macchie blu/verdi sia sviluppando la celebre fragranza, più o meno pungente.

Ma non esisterebbero nemmeno moltissimi salumi, alcune tipologie rinomate di alcolici e persino il pane: sì perché anche il lievito, in realtà, è una specie di fungo microscopico, che si differenzia dalla muffa poiché è unicellulare, mentre le muffe sono organismi pluricellulari.

Tipi di muffe buone e il loro impiego: formaggi, insaccati e vini

Le muffe buone vengono utilizzate da sempre in una grande varietà di prodotti alimentari, che proprio grazie a esse acquisiscono un sapore e una consistenza davvero unici. Le tipologie più diffuse in campo alimentare sono quelle che appartengono al genere Penicillium, lo stesso fungo che Alexander Fleming ha isolato nel 1928, il Penicillium chrysogenum o notatum, da cui si ricava la penicillina.

Ad esempio il Penicillium camemberti, protagonista proprio della ricerca del Cnrs di cui parlavamo in apertura. L’impiego delle muffe buone nel mondo caseario, infatti, è uno dei più noti: è evidente, come già accennato, nei formaggi erborinati, ma anche nei formaggi a crosta “fiorita”, ovvero quelli che presentano la muffa in forma di strato bianco sulla superficie.

Tra i formaggi più famosi prodotti con le muffe spiccano brie, camembert e roquefort – i formaggi a rischio sparizione se dovesse estinguersi il fungo da cui derivano – ma anche il nostrano gorgonzola, l’inglese blue stilton e il francese bleu d'Auvergne.

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I formaggi non sono gli unici prodotti per cui viene usata la muffa. Sono tantissimi anche gli insaccati, dal salame al culatello, passando per la bresaola. La muffa è distinguibile a occhio nudo poiché è uno strato di colore bianco-grigio, che ricopre l’intero budello del salume e anche in questo caso la muffa serve a far invecchiare in modo corretto l’insaccato

Il campo meno noto è quello dei vini: esistono infatti alcune particolari vini molto pregiati e molto rari per cui si usa proprio una muffa buona. Sono i vini botritizzati o muffati, una tipologia di vini dolci che di solito si servono a fine pasto col dessert o in degustazione con formaggi erborinati e foie gras.

Per la loro produzione si usa un fungo che si chiama Botrytis cinerea, un parassita che attacca la vite facendo marcire l’uva in presenza di terreni bagnati e di un’alta concentrazione di umidità nell’aria per tempi prolungati. In determinate condizioni naturali gli acini, diventati color della cenere, diventano “marciume nobile”: la muffa, infatti, permette di far scaturire zuccheri naturali e sostanze aromatiche che conferiscono al vino un profilo gustativo inedito.

Tra i più conosciuti vini botritizzati ci sono il Sauternes nella zona di Bordeaux, il Tokaji nel nord-est dell’Ungheria, i Trockenbeerenauslese austriaci e tedeschi mentre in Italia il più noto è prodotto a Orvieto: è l'Orvieto Doc muffa nobile, ma delle tipologie di vino previste dalla denominazione Orvieto Doc.

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