Non si tratta di due prodotti che sono uno più buono dell'altro. Il primo non subisce il processo di depurazione durante la lavorazione e si presenta torbido, con un gusto intenso adatto a essere usato a crudo. Il secondo è limpido e più delicato, molto versatile in cucina.
Quando si sceglie un olio extravergine d’oliva – il più delle volte lo si fa al supermercato – tra le tante diciture che sono indicate sulla bottiglia può capitare di imbattersi anche nell’indicazione “non filtrato”. Si tratta di un’informazione che spesso rimanda a un’immagine più autentica del prodotto a cui si associa l’idea di maggiore genuinità. Bisogna dire fin da subito che, in realtà, quella tra un olio grezzo (così come viene anche chiamato) e un olio filtrato non è una distinzione che si basa sulla qualità, con il primo superiore e il secondo inferiore. Piuttosto, sono due approcci produttivi diversi che portano a caratteristiche peculiari, sia dal punto di vista visivo e organolettico, sia in termini di conservabilità e utilizzo. Vediamo quali sono le principali differenze.
La diversità tra un olio filtrato e uno non filtrato risiede nella fase finale della lavorazione. Vuol dire che entrambi derivano da olive – quelle delle cultivar da olio – che vengono spremute a freddo: dopo questa estrazione meccanica, il succo può essere sottoposto a un processo di filtrazione o meno. Quando avviene, significa che dal liquido si eliminano tramite appositi filtri delle micro-particelle solide di polpa o di buccia e dell’acqua di vegetazione dell’olio appena prodotto. L’olio grezzo, proprio perché contiene questi residui, ha saltato il passaggio, venendo imbottigliato subito dopo la spremitura.
La prima differenza che salta all’occhio riguarda l’aspetto. L’olio filtrato è limpido, trasparente, dal colore che può variare dal verde prezzemolo al giallo dorato a seconda della varietà e del grado di maturazione delle olive. L’olio grezzo, invece, si presenta torbido e opaco, con tonalità verde-giallognola che si modifica in base alla quantità di sedimenti presenti. Questi ultimi, con il tempo, tendono a depositarsi sul fondo della bottiglia, formando un velo più denso.
Rispetto ai valori nutrizionali, tra le due tipologie non ci sono cambiamenti sostanziali. A essere diverse sono le proprietà organolettiche, con l’olio non filtrato che esalta il gusto e il profumo del frantoio, con le note vegetali molto più marcate, specialmente a ridosso della sua produzione. L’olio filtrato, invece, è meno intenso e più delicato, più dolce o “piccante” in relazione alla materia prima da cui si ricava: sapori e aromi in genere qui sono più stabili ed equilibrati nel lungo periodo, perché i residui, invece, continuano a interagire con la composizione oleosa, sviluppando per esempio sfumature amare o rancide, che diventano un potenziale difetto.
Con la filtrazione abbiamo visto che si eliminano le parti organiche che sostano nell’olio grezzo e fermentano. Si tratta di elementi solidi e di acqua suscettibili alla formazione di muffe, lieviti e batteri: per questo, a norma di legge, un olio non filtrato si mantiene intatto fino a 3 mesi, mentre quello filtrato è più duraturo, con il termine a 18 mesi. Una buona purificazione dopo la molitura delle olive, infatti, permette al prodotto di ottenere un’ottima conservabilità.
A questo punto, scopriamo come le caratteristiche appena descritte si riflettono anche sull’impiego in cucina. L’olio grezzo, con il suo profilo gustativo e aromatico deciso, è molto efficace a crudo, per esaltare piatti semplici e rustici: spazio a bruschette, zuppe, insalate di legumi e verdure grigliate. L’olio filtrato, invece, è più versatile: puoi utilizzarlo sia come condimento finale sui piatti più disparati, dal pesce alla carne, o come ingrediente per il pesto (e le sue tante declinazioni), sia in cottura, perché ha una maggiore resistenza all’ossidazione e una migliore stabilità termica, usato per cucinare quotidianamente, per realizzare sughi e salse e per friggere.