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14 Agosto 2022 11:00

Una storica pescheria di Napoli ci spiega come fare il cuoppo fritto di mare perfetto

Per le vie di Napoli è uno degli street food più diffusi. Ne vanno matti sia i locali sia i tanti turisti in visita in città, e anche d'estate è difficile rinunciare a questa specialità fritta. Alla scoperta del cuoppo di mare con chi a Napoli lo prepara ogni giorno.

A cura di Alessandro Creta
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Tra gli street food più tipici e iconici di Napoli, accanto alla pizza fritta e a quella a portafoglio, c’è senza dubbio anche il cuoppo di mare. Per la precisione, il cuoppo fritto di mare. Un’autentica specialità, realizzata con piccoli pesci, crostacei e molluschi cotti nell’olio bollente dopo un veloce passaggio nella farina.

Nonostante la temperatura elevata il cuoppo fritto è uno dei cibi da strada più consumati d’estate dai turisti in visita a Napoli, incuriositi da questo rustico quanto riconoscibile cono di carta paglia pieno di dorata frittura di mare.

Da mangiare passeggiando per le caratteristiche vie storiche oppure sedendosi all’ombra di qualche chiesa del centro cittadino, il cuoppo fritto è una soluzione veloce, pratica, gustosa e saziante, valida per ogni stagione e proposta praticamente da chiunque qui proponga street food ai numerosi passanti.

Il cuoppo napoletano ha un suo fratello al Nord Italia, lo scartosso di pesce veneziano, e le due preparazioni si somigliano molto sia per ingredienti sia per la presenza della carta paglia arrotolata su se stessa a formare un cono. La stessa parola, cuoppo, tradotta dal dialetto campano significa appunto cartoccio a forma di cono.

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Per dovere di cronaca aggiungiamo come a Napoli esistano diversi tipi di cuoppo: quello di terra (composto da mozzarelline, crocchette di patate, zeppole, un po’ di verdurine), quello dolce e quello di mare, ed è di lui che parleremo e di cui vi sveliamo alcuni segreti. Trucchetti e suggerimenti strappati a una pescheria del centro storico di Napoli, situata nel caratteristico quartiere della Pignasecca. Più tradizionale e verace di così, insomma, non si può. Prima però scopriamo un po' di storia del cuoppo.

Come nasce il cuoppo

Se oggi il pesce acquistato viene per lo più sistemato in buste di plastica, in principio era il cuoppo di carta paglia a contenere il pesce appena comprato, così che potesse essere portato comodamente a casa. Il cuoppo, inteso come preparazione, nasce nella Napoli del 1800 e, come praticamente ogni sorta di street food, l’origine è piuttosto popolare. Chiamato anche cuppetiello, comunemente prevede al suo interno alici, baccalà, gamberi, anelli di calamari e moscardini. Tutti passati nella farina prima del tuffo nell'olio bollente. Ingredienti semplici, fritti per dare ulteriore sostanza a materie prime in cui di sostanzioso non c'è poi così tanto.

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Si racconta come il popolo acquistasse dai pescatori di ritorno dal mare le specie di ridotte dimensioni, difficilmente vendibili al mercato. Erano i poveri, quindi, ad accaparrarsi pescetti e piccoli molluschi, fritti una volta a casa per rendere il tutto più gustoso e saziante. Poteva capitare, comunque, che questa specialità povera potesse essere venduta direttamente in strada dai friggitori.

Del cuoppo ne parla la giornalista e scrittrice napoletana Matilde Serao, nel suo Il ventre di Napoli, pubblicato nel 1884. L'autrice scrive: "Dal friggitore si ha un cartoccetto di pesciolini minutissimi, fritti nell’olio, quei pesciolini che si chiamano fragaglia e che sono il fondo del paniere dei pescivendoli; dallo stesso friggitore si hanno, per un soldo, quattro o cinque panzarotti, vale adire delle frittelline in cui vi è un pezzetto di carciofo, quando niuno vuol più saperne, o un torsolino di cavolo, un frammentino di alici".

Come fare il cuoppo perfetto: i consigli della pescheria di Napoli

Per saperne di più sul cuoppo fritto di mare abbiamo coinvolto una storica pescheria di Napoli, situata nel quartiere della Pignasecca (sede del più antico mercato cittadino). Pescheria Azzurra, nata nel 1947, oltre a vendere il pesce dispone da qualche anno anche di uno spazio con cucina (una risto-pescheria di fatto) in cui si sfornano di continuo anche cuoppi fritti. A chiederne, per lo più, i tantissimi turisti che transitano per questa zona, incuriositi da questo cartoccio giallognolo pieno di delizioso pesce.

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Alici, gamberi, salmone, baccalà e pesce spada finiscono nel cuoppo

Abbiamo parlato con proprietario, il signor Mimmo, che ci ha raccontato con passione uno dei nuovi simboli gastronomici di Napoli. Accanto alla pizza, oggi, la città è famosa anche per il suo iconico cartoccio di pesce fritto.

"Le varietà principali a finire nel cono di carta sono alici, gamberi e calamari, poi se si hanno disponibilità si aggiungono anche pesce spada, salmone, baccalà o moscardini. Danno più sapore, più gusto, tutto è più buono", esordisce Mimmo nel suo racconto del cuoppo napoletano. "Tutti i ritagli dei pesci vengono fritti separatamente pur avendo tempi di cottura molto simili, pur con una manciata di minuti di differenza. In totale devono cuocere tra i due e i quattro minuti, si vede comunque quando sono pronti, perché si imbiondiscono, diventano dorati, sembrano quasi dire ‘scolaci, siamo pronti‘". Dopodiché un veloce passaggio su carta assorbente e l'impiattamento per una tradizionale frittura al piatto oppure delle belle manciate all'interno del cartoccio per un gustoso street food al sapore di mare.

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Ancor prima della frittura, però, sono importanti i passaggi precedenti. "Il pesce si passa nella farina 00, bisogna setacciarlo come si deve per evitare poi grumi nell'olio, che deve essere di girasole e sempre pulito, cambiato periodicamente per avere una frittura di qualità". Qualità concetto valido, anzi fondamentale, pure per il pesce utilizzato: "Se è scadente, non fresco, abbattuto male o scongelato non a dovere poi il sapore si guasta, e si nota quando si mangia".

Capitolo sale e limone? "A gusto, noi di base il sale dopo la frittura lo mettiamo, ma alcuni clienti ci chiedono di non aggiungerlo. Così come il limone; a me non piace perché disturba il sapore del pesce, ma alcuni ce lo vogliono".

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Il signor Mimmo

Prima di salutarci, poi, l'ultimo pensiero di Mimmo sul cuoppo e sul legame con Napoli: "Oggi il cuoppo fritto è rappresentativo di Napoli quasi quanto la pizza, e questo deve essere un vanto. Tantissimi turisti ce lo chiedono ogni giorno, e tutto ciò è importante per una città che di turismo ci vive".

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A cura di
Alessandro Creta
Laureato in Scienze della Comunicazione prima, Pubblicità e Marketing poi. Giornalista gastronomico per professione e mangiatore seriale per passione, mi piace navigare tra le pieghe del cibo, perché il food non è solamente cucina, ristoranti e chef. Appassionato di olio evo ma anche di viaggi, sono particolarmente incuriosito da cibi strani e sconosciuti. Mi fate felice con un Verdicchio. Mi trovate su Instagram: @cretalex
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