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5 Settembre 2023 15:00

Cos’è l’olio di sansa, la differenza con l’olio extravergine di oliva e gli usi in cucina

Al supermercato lo si nota tra tipologie di olio per il suo prezzo conveniente: si tratta di un sottoprodotto della spremitura delle olive e non fa male alla salute. Ecco quello che c'è da sapere.

A cura di Federica Palladini
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Tra gli scaffali dei supermercati dedicati alle diverse varietà di olio, è facile imbattersi in etichette che riportano la dicitura “olio di sansa di oliva”. Cosa può colpire maggiormente un consumatore a una prima occhiata veloce? Senza dubbio il prezzo, perché rispetto all’olio extravergine d’oliva questa tipologia è meno costosa, più della metà. Ciò significa che è un prodotto di qualità minore, ma non per questo da scartare a priori, perché usato in cucina in determinate preparazioni può essere un valido sostituto.

Che cos’è l’olio di sansa e come si produce

Prima di tutto c’è da specificare che l’olio di sansa è un olio di oliva a tutti gli effetti che si ricava dalla sansa, ovvero lo scarto composto da polpa, noccioli e bucce che rimane dopo l’estrazione dell’olio dalle drupe. Questo sottoprodotto della spremitura non viene buttato, ma può essere riutilizzato per diversi scopi tipo la produzione di biogas, di pellet come combustibile per quanto riguarda la sua componente legnosa (il nocciolo), o impiegato per una seconda estrazione di olio: un ottimo modo per ridurre gli sprechi.

Nella sansa, infatti, è presente una discreta percentuale di olio (fino al 6% del suo peso), che però non può essere ottenuta meccanicamente, ma con un processo chimico che avviene in specifici stabilimenti industriali chiamati sansifici. In una prima fase l’olio viene separato dai residui solidi tramite un trattamento con appositi solventi, il più comune è l’esano, diventando olio di sansa greggio che può essere destinato alla cosmesi naturale, ma non è commestibile. Si passa così alla seconda fase, quella della raffinazione e della distillazione, al fine di diminuire l’acidità e di eliminare completamente le sostanze chimiche potenzialmente nocive per l’uomo. A questo punto si procede con l’ultimo passaggio, ovvero miscelare l’olio di sansa raffinato con olio di oliva vergine, così da poterlo sfruttare in cucina.

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Differenza con l’olio di oliva extravergine e usi in cucina

Già dal suo metodo di lavorazione si intuisce che l’olio di sansa di oliva e l’olio d’oliva extravergine sono molto diversi. L’olio extravergine, per definirsi tale secondo parametri stabiliti dall’Unione Europea, deve possedere caratteristiche ben precise, come per esempio essere il risultato di un procedimento di estrazione meccanica e avere un livello di acidità massimo dello 0,8%. L’olio di sansa si ottiene chimicamente – come visto – e la sua acidità arriva attorno l’1%: in termini di composizione di acidi grassi – che influiscono sull’acidità del prodotto e quindi sulla sua qualità – sono presenti acido linoleico (da 9,5% a 15,5% rispetto al limite del 2,5% nell’extravergine) e acido elaidico (0,2%), che si trova specialmente nella margarina.

Nonostante questo, l’olio di sansa mantiene una percentuale di acidità contenuta se confrontata con gli oli di oliva vergini che da regolamento possono arrivare fino al 2%, una buona digeribilità e proprietà organolettiche soddisfacenti: il suo gusto è neutro, molto delicato, così come l’aroma. Come impiegarlo quindi al meglio in cucina? Nei lievitati e in panificazione ha la capacità di rendere fragranti il pane, le focacce, ma anche taralli e biscotti, se quello che si cerca è la croccantezza. Oppure è consigliato come condimento che non altera i sapori, per esempio su arrosti e carne alla griglia, o al posto dell’olio di semi per friggere, in quanto ha un alto punto di fumo, che gli permette di resistere alle temperature elevate, così da presentare fritti asciutti e crunchy.

In conclusione, c’è da sottolineare che il procedimento chimico con cui è ottenuto l’olio di sansa di oliva non è dannoso per la salute. Siamo di fronte, infatti, a un prodotto destinato al mercato alimentare, riconosciuto dalla legge tra gli oli di oliva commercializzabili.

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