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La freschezza degli ingredienti che utilizziamo per cucinare fa la differenza: a parità di prodotto, infatti, uno che conserva le sue caratteristiche organolettiche e funzionali darà un migliore risultato in termini di gusto, profumi e consistenze. Se per alcuni cibi è più semplice intuire quando sono andati a male, per altri, invece, è più complicato, perché i segni di deperimento si nascondono. Di seguito, abbiamo selezionato 10 alimenti di uso comune, dalle uova alla farina, passando per frutta, verdura e formaggi, per capire quando sono ancora freschi e quando, invece, non lo sono più e come è meglio comportarsi.
1. Frutta e verdura

Tra gli alimenti più altamente deperibili ci sono la verdura e la frutta: quando acquistate non devono avere parti danneggiate, ammaccature che potrebbero velocizzare il deterioramento, presentare inizi di marciume. I colori esterni sono vividi e non sbiaditi, e la scorza tesa e integra. La consistenza è soda e compatta, non cedevole o floscia. Per mantenere la freschezza, le modalità di conservazione sono fondamentali: alcuni ortaggi vanno in frigorifero, nell’apposito cassetto, altri, invece, si mantengono meglio fuori.
2. Latte

Capire quando il latte fresco aperto è andato a male è abbastanza semplice: annusandolo, l’odore è sgradevole e pungente, ed è sconsigliato assaggiare se già si avvertono questi sentori acidi intensi – il gusto sarà altrettanto acre – o se alla vista compaiono grumi e da bianco si è ingiallito. Su ogni confezione è indicata la data di scadenza: se non hai ancora aperto il cartone o la bottiglia, sappi che in genere il latte dura due/tre giorni in più rispetto a quanto riportato, quindi, non buttarlo, ma usa i sensi per verificare se è ancora buono e come utilizzarlo.
3. Formaggi

Un altro alimento a cui prestare attenzione sono i formaggi, in particolare quelli freschi a pasta filata o morbida, dalla mozzarella allo stracchino, passando per la crescenza. Il loro gusto è delicato, il colore bianco e il profumo tenue: nel momento in cui questi aspetti dovessero alterarsi, con tonalità giallo-verdi e note acide al palato e al naso, allora è possibile che sia iniziato il processo di degradazione. In questi prodotti caseari, infatti, le muffe penetrano velocemente all’interno ed è impossibile toglierle come si fa, per esempio, nei formaggi stagionati o semi stagionati, dalla pasta dura, dove basta eliminare lo strato superficiale contaminato con un coltello per consumarli ancora. Gli erborinati, stile gorgonzola, invece, “puzzano” naturalmente, in quanto hanno alla base muffe buone – nello specifico Penicillium glaucum – che ne caratterizzano il profilo organolettico e la texture. In questo caso bisogna fare attenzione durante la conservazione alla formazione di marciume, con imbrunimento e odore di ammoniaca.
4. Burro

Un burro che sosta per troppo tempo in frigorifero conservato in maniera non idonea potrebbe andare a male: fai fede alla shelf life riportata sulla confezione (quando chiusa) e controlla che non si sia irrancidito per via dell’ossidazione. La formazione esterna di una patina gialla è il segnale che il burro si è ossidato, con un cambio drastico di sapore. Rimuovere lo strato giallognolo non serve, perché tutto il prodotto sarà diventato acido e inutilizzabile nelle ricette.
5. Farina

La farina è un prodotto che dura a lungo. Dopo la data di scadenza, però, tende a perdere le sue proprietà, per cui potrebbe non essere più adatta alla preparazione dei lievitati: quella integrale, in cui c’è ancora il germe del grano, ha una durata minore, tra i 3 i 6 mesi, rispetto a quella raffinata, che dura fino a sempre se tenuta nelle condizioni migliori. Non è più buona quando cambia colore, si formano grumi, l’odore è stantio e compaiono dei piccoli insetti.
6. Uova

Le uova sono uno tra gli alimenti che desta maggiore preoccupazione, per via del rischio salmonella, un batterio che si distrugge quando l’uovo raggiunge temperature di 70-75 °C, ovvero cucinandolo sodo. Per le uova fresche, quando sono confezionate, è utile avvalersi della data di scadenza riportata sul guscio, preceduta dalla parola ENTRO. Per legge, un uovo è considerato fresco nei primi 28 giorni dalla sua deposizione: quest’ultima può essere indicata in etichetta – è facoltativo – con la sigla DEP. Se hai a che fare con uova del contadino o che non ricordi più da quanto tempo le possiedi, puoi avvalerti del classico metodo della nonna, ricordando che non è sicuro al 100%. In una ciotola colma d’acqua metti le uova e osserva: quando galleggiano è meglio non mangiarle.
7. Pane

A seconda della tipologia, il pane si mantiene fresco per 24 ore o fino a una settimana, tenuto a temperatura ambiente all’interno del suo sacchetto. Una pagnotta non più fresca è secca e l’odore stantio, vecchio, non più fragrante. Se a contatto con troppa umidità, si potrebbe avere anche la formazione di muffa: succede spesso quando viene messo in una busta di plastica e sigillato. Un pane raffermo, però, è ancora utilizzabile: puoi farlo rinvenire in forno, bagnandolo leggermente e consumandolo subito, oppure usarlo in ricette del riciclo, dalle polpette a dolci regionali in chiave anti spreco.
8. Olio

Un olio extravergine d’oliva in genere dopo 12-18 mesi inizia a perdere le sue proprietà organolettiche: non significa che è dannoso per la salute, ma che non ha più le sue caratteristiche peculiari in termini di profumo, gusto e proprietà benefiche. In ogni caso, se conservato in modo scorretto, vicino a fonti di luce o di calore dirette, è possibile che l’olio vada a male, innescando il processo di ossidazione e conseguente irrancidimento: in questo caso si alterano visibilmente l’odore che diventa sgradevole e il sapore, amaro e pungente.
9. Aceto

Difficilmente l’aceto si deteriora: l’alta componente acida (acido acetico), infatti, crea un ambiente sfavorevole alla proliferazione di agenti patogeni, tanto che questo prodotto viene ancora considerato uno dei migliori conservanti naturali. Una bottiglia lasciata aperta a lungo può comportare un indebolimento del sapore o un intorpidimento del contenuto: in quest’ultimo caso possono essere dei semplici residui, oppure la cosiddetta madre dell’aceto, una massa gelatinosa di batteri – siamo di fronte a un prodotto ottenuto da una fermentazione – che non è pericolosa, ma risulta poco invitante alla vista. Capita meno negli aceti acquistati al supermercato e più con quelli artigianali e home made.
10. Lievito

Alleato nella preparazione di pane, pizze e focacce, è comune avere un panetto di lievito di birra in frigorifero. Come capire se non è più fresco? Il tipico colore beige ingrigisce e sulla superficie si formano macchie o, addirittura, muffe. Si tratta di un ingrediente delicato che, però, può essere impiegato anche quando è scaduto. Per capire se è ancora attivo quando non presenta nessun segno di deperimento, un trucchetto è quello di aggiungerlo in un bicchiere con acqua tiepida e un po’ di zucchero e mescolare: se dopo 10 minuti si è formata una leggera schiuma, allora vuol dire che è ancora valido.