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11 Maggio 2025 16:00

Bakery tourism: la nuova frontiera del turismo che sta conquistando il mondo 

Hai mai percorso 360 chilometri soltanto per mangiare una brioche di una famosa pasticceria? C'è chi lo ha fatto ed è un fenomeno sempre più in crescita: si tratta del bakery tourism, un vero e proprio pellegrinaggio alla ricerca del prodotto da forno perfetto.

A cura di Arianna Ramaglia
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Di motivi per viaggiare ormai ne abbiamo a decine: ma, come se non bastassero, è moda dell’ultimo momento organizzare un viaggio solo per assaggiare un cornetto a forma di cubo o il miglior ​​wienerbrød danese. Non è un’esagerazione o una metafora: si tratta del bakery tourism, fenomeno in costante crescita, grazie soprattutto – quasi pleonastico dirlo – all’avvento dei social. A parlarne è stato il quotidiano britannico The Guardian in cui sono state riportate diverse esperienze in cui le persone hanno raccontato di aver viaggiato per ore in treno, macchina o bici solo per provare questo o quel prodotto.

Alla ricerca dei sapori autentici

Il mondo di internet ormai dà la possibilità a tutti di conoscere quelle curiose realtà locali che, in assenza dei social, rimarrebbero appannaggio di pochi. Sì, perché basta un reel su Instagram o Tik Tok per scoprire anche quella piccolissima pasticceria situata in un paesino di mille abitanti, in cui la proprietaria ha avuto in eredità quel negozietto che sembra uscito direttamente dal favoloso mondo di Amélie e in cui si sfornano i migliori pain au chocolat di tutta la Francia. Allora uno poi si chiede: "Chi sono io per non assaggiarlo?!” e vai con zaino in spalla per vedere se il popolo del web dice la verità oppure no.

Ovviamente non si tratta soltanto di realtà sconosciute: parliamo anche di personaggi influenti di questo mondo, come Cédric Grolet a Parigi o Iginio Massari a Brescia. Ma a cosa è dovuto questo dilagante e specifico turismo enogastronomico? Probabilmente a una maggiore consapevolezza e conoscenza rispetto a determinati prodotti e ingredienti: l’attenzione quasi maniacale, ma giustificata, dei produttori – siano essi pasticceri, fornai o pizzaioli – verso prodotti di qualità e, soprattutto, più artigianali che industriali, ha aperto le porte a sperimentazioni molto interessanti di cui il consumatore vuole essere partecipe. Perché si ha voglia di essere protagonisti in prima persona di un’esperienza unica che non può essere vissuta altrove – perché magari si utilizzano prodotti puramente locali o si preparano golosità classiche ma con una tecnica propria di quella attività, come il cronut di Ansel ad esempio – e vivere quello che viene definito turismo esperienziale, in cui, appunto, il turista non parte semplicemente per staccare un po' la spina, ma anche per scoprire piccole realtà o abitudini locali, magari ancora sconosciute ai più.

E quale emozione migliore di quella che dà il cibo? Una di quelle attrazioni che più colpiscono i viaggiatori, si sa, ed è una cosa che non riguarda soltanto il gusto: un’esperienza gastronomica si vive attraverso tutti i sensi. E, in questo caso, le bakery non fanno eccezione: non è solo assaggiare quel prodotto, ma riguarda l’attesa che, come tutti sanno, aumenta il desiderio, in cui cominci ad assaporare quella meraviglia che ti ha già conquistato solo guardandola, e poi arriva l’odore, quella inebriante fragranza di dolci appena sfornati che basterebbe pure solo quello per renderti felice e, infine, arriva l’assaggio, il momento preciso in cui ti rendi conto se ne è valsa davvero la pena oppure no.

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In giro per il mondo per trovare il pane perfetto

Ovviamente questo fenomeno non riguarda soltanto il nostro Paese: addirittura in Corea del Sud è già stato coniato un termine per questo tipo di tendenza ed è bbangjisullae, una parola composta da bbang, che significa "pane" e seongjisullae, ossia "pellegrinaggio". Molte sono state le testimonianze riportate dal Guardian in cui, ad esempio Darcie Maher baker-patron di Lannan a Edimburgo ha dichiarato che "la gente arriva da tutto il mondo. È incredibile per me. Abbiamo appena avuto qualcuno che è venuto dal Canada per provare la panetteria. L'anno scorso c'era un neozelandese che ha prenotato il suo viaggio proprio per venire a Lannan" o ancora una coppia formata da un bibliotecario e sua moglie scienziata, conosciuti come “bakery pilgrims" proprio per questi pellegrinaggi alla ricerca del pane perfetto, che hanno “percorso 360 chilometri a piedi attraverso la Scozia solo per un brioche al Bakehouse di Mallaig”.

I più temerari poi addirittura viaggiano di notte per arrivare all’alba e non perdersi i prodotti appena sfornati. E se tutto questo può sembrarti una follia, ti sorprenderà sapere che esistono addirittura delle mappe del pane, come quella pubblicata da Taste Atlas. Insomma, si tratta di veri e propri pellegrinaggi solo per vivere quel perfetto momento in cui aprire quel sacchetto marrone e gustare un prodotto fatto a regola d’arte.

Quali sono le mete italiane

Come poteva il nostro Paese mancare nella lista dei posti in cui provare dei meravigliosi prodotti da forno? In Toscana ad esempio è possibile provare il pane toscano Dop, privo di sale e adatto per accompagnare salumi e formaggi; o ancora raggiungere l’Emilia-Romagna solo per scoprire qual è la ricetta originale della loro famosa piadina.

Se sei un amante delle focacce poi non puoi perderti la famosa focaccia barese o la puddica, specialità della città di Brindisi; se sei fan dei dolci invece cosa ti impedisce di metterti alla ricerca del più buono pasticciotto leccese. O, per restare in tema di focacce, perché non arrivare fino in Sicilia per quella tipica messinese o spingerti verso ovest, a Palermo, e lasciarti conquistare dallo sfincione – ma anche da una brioche con gelato, sia chiaro. E se parliamo di isole, come non nominare la Sardegna, patria del pane carasau e del pane guttiau. Provare poi a risolvere l’annosa questione napoletana su chi fa la migliore sfogliatella o scoprire chi prepara i migliori maritozzi della Capitale.

La lista sarebbe infinita: non ti resta quindi che preparare le valigie e iniziare il tuo, come direbbero i coreani, bbangjisullae.

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Quello che i piatti non dicono
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