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16 Maggio 2022 18:05

Aviaria, guerra e aumento dei prezzi: perché le persone consumano sempre meno uova

Si mangiano sempre meno uova. Dopo un'impennata della primavera del 2020, quella del primo lockdown, il settore avicolo sta conoscendo un trend al ribasso dovuto a vari fattori. La guerra in Ucraina, con aumento dei costi di trasporto e delle materie prime, tra le motivazioni.

A cura di Alessandro Creta
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Sempre meno persone consumano le uova. E la motivazione non sarebbe legata prettamente al costo della merce. Stando all’analisi dei trend degli ultimi due anni infatti sono drasticamente calate le vendite di prodotti avicoli, e i motivi sono stati resi noti nel corso dell'ultimo Poultry Forum di Rimini, conclusosi lo scorso 6 maggio. Tra le motivazioni anche la guerra in Ucraina, con annesso aumento di costi di produzione e trasporto causato dal conflitto.

L’impennata dei consumi registrata durante il primo lockdown (molte le ricette home made a base di uova), tra l'altro, non fa altro che accentuare questa forbice al ribasso. Numeri e dati riportati da una recente analisi condotta da Ismea: secondo questo report, il settore avicolo è tra quelli più colpiti dall'impennata dei costi di produzione.

Perché si mangiano sempre meno uova

Prima ma non esclusiva motivazione dietro questo calo c’è un aumento del prezzo al pubblico, dettato da un’impennata dei costi di produzione. Condizionano in questo senso sia i rincari energetici sia quelli delle materie prime destinate all'alimentazione animali. Tutto ciò influisce al +21,1% sulle spese di produzione della carne avicola e incrementa del 50% il prezzo finale delle uova. A influire in tutto ciò anche l’aumento dei costi di trasporto. Una grossa fetta di questi aumenti va ricondotto anche (se non soprattutto) all’attuale situazione politica internazionale.

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Come detto, però, il calo dei consumi non è da ricondurre solamente una questione economica. I recenti casi di aviaria registrati (individuati inizialmente in Cina e ultimamente anche nel Nord Italia) intimoriscono i consumatori, favorendo questa tendenza al ribasso. Le restrizioni imposte a causa dei focolai stanno infatti mettendo in ginocchio la produzione. Come detto, poi, sarebbe impensabile confermare il trend di vendita registrati durante il primo lockdown del 2020: e come sempre avviene, dopo un’importante impennata segue un fisiologico calo.

Secondo l’analisi Ismea, tra l’altro, dopo un calo del 10% registrato nel 2021 e e del 9% nei primi mesi del 2022, questo trend al ribasso è destinato a confermarsi anche nei mesi a venire. Lo scenario non sembra vedere cambiamenti all'orizzonte e anche se le materie prime dovessero essere acquistate da fornitori diversi da quelli tradizionali, i prezzi rischiano di rimanere alti fino alla prossima primavera.

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Quello che i piatti non dicono
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