Aumento vertiginoso dei prezzi e contemporanea crisi a causa dell'aviaria: negli USA gli scaffali sono vuoti e c'è un po' di panico anche perché è uno degli alimenti base della loro alimentazione. L'Europa (e in particolare l'Italia) è invece meno colpita grazie a una serie di misure preventive che hanno limitato il contagio delle galline.
Il prezzo delle uova negli Stati Uniti ha subito un'impennata senza precedenti arrivando a sfiorare i 5 dollari alla dozzina, un nuovo record. Un aumento dovuto sia all'inflazione sia all’epidemia di influenza aviaria H5N1, che ha colpito duramente gli allevamenti avicoli del Paese. Parliamo di un fenomeno che ha avuto ripercussioni significative sul mercato: scene di "saccheggi" simili a quanto abbiamo visto qualche anno fa con la pandemia e i supermercati presi d'assalto per lievito e penne rigate. La situazione in Italia e in Europa è diversa però quindi non dovresti avere paura. Anche nel Vecchio Continente abbiamo avuto dei focolai di influenza aviaria, ma le misure di controllo e prevenzione hanno contribuito a contenere la diffusione del virus. In Italia, in particolare, sono state immediatamente rinforzate le misure di biosicurezza negli allevamenti per limitare il rischio di contagio e al momento non si registrano casi. La filiera dell'Unione Europea ha mostrato una maggiore resistenza a questo virus e quindi non dovremmo correre alcun rischio.
Negli Stati Uniti un alimento basico come le uova sta vivendo un'inflazione senza precedenti, con prezzi che hanno toccato cifre record. Ma cosa sta succedendo oltreoceano? La causa principale di questa impennata è l'influenza aviaria, un virus che ha costretto gli allevatori ad abbattere milioni di capi per arginare il contagio. Un'epidemia davvero devastante che costringe gli allevatori a chiudere l'intera struttura, una volta scoperto il focolaio, e a sacrificare tutti gli animali: milioni di tacchini, polli e galline ovaiole uccisi, con un trend in continua crescita. Dopo l'abbattimento, seguono mesi di procedure complesse per smaltire le carcasse, sanificare gli ambienti e ripopolare gli allevamenti, ritardando ulteriormente la ripresa produttiva. Questo ha portato, solo tra dicembre 2024 e gennaio 2025, all’abbattimento di oltre 41 milioni di capi e a perdite economiche multimilionarie.
L'aumento dei costi non è imputabile solo all'influenza aviaria e all'inflazione. Gli allevatori devono affrontare spese crescenti per le misure di biosicurezza, per gli stipendi, per il carburante e per i mangimi. Inoltre, la domanda di uova è in costante aumento, alimentata anche dalla popolarità dei "breakfast spot", ristoranti a tema che servono piatti della colazione a tutte le ore (e lì le uova sono fondamentali al mattino).
La diminuzione dell'offerta è evidente nei supermercati americani, con scaffali spesso vuoti e limitazioni all'acquisto. Gli analisti prevedono un'ulteriore crescita dei prezzi, con un picco atteso in prossimità della Pasqua perché è il periodo in cui se ne vendono di più. Le previsioni parlano di 7 dollari a dozzina, un aumento del 41% rispetto alle stime precedenti. Per contestualizzare, nel 2019 il prezzo medio era di soli 1,20 dollari.
Anche noi abbiamo avuto dei casi di influenza aviaria: 25 casi a gennaio, tutti risolti immediatamente tant'è che a febbraio non è stato rilevato nessun caso stando al sito del Bollettino Epidemiologico Nazionale Veterinario. La situazione è quindi sotto controllo grazie a rigide misure di prevenzione adottate sia a livello nazionale sia a livello europeo. Le autorità veterinarie monitorano costantemente gli allevamenti, e le norme di biosicurezza riducono il rischio di contagi massivi come quelli osservati negli Stati Uniti.
Ciò nonostante anche noi stiamo vedendo un incremento significativo del prezzo. Da agosto il costo all’ingrosso delle uova da galline allevate in gabbia è salito del 34%, arrivando a 1,87 euro al chilo, mentre le uova provenienti da allevamenti a terra hanno raggiunto 1,99 euro al chilo. Questo aumento è attribuibile non solo ai timori legati alla diffusione dell’aviaria, ma anche al rialzo dei costi di produzione e di trasporto. Nonostante ciò, il mercato italiano non sta vivendo una crisi analoga a quella americana: gli scaffali dei supermercati restano ben forniti e non si registrano fenomeni di accaparramento.
L'Europa tutta è stata meno colpita perché fin da subito ha messo in campo delle misure stringenti che rendono il settore avicolo molto più resistente alle epidemie. Gli allevamenti europei, infatti, sono sottoposti a controlli rigidi e regolari, con protocolli di sanificazione rigorosi e piani di emergenza ben definiti in caso di focolai. Inoltre, la presenza di numerosi Paesi produttori consente di compensare eventuali cali di offerta, garantendo un mercato più stabile. Nonostante l’aumento dei prezzi registrato negli ultimi mesi, la situazione in Italia e in Europa resta dunque sotto controllo. La filiera avicola italiana, grazie a una produzione diversificata e a un’attenta gestione del rischio, è in grado di assorbire eventuali shock senza compromettere l’approvvigionamento di uno degli alimenti più consumati dagli italiani.