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6 Ottobre 2025 13:00

Olio di colza: alternativa valida o compromesso poco salutare?

La cattiva reputazione di questo alimento era legata alla presenza di una sostanza tossica potenzialmente dannosa per il cuore, ma la versione moderna dell'olio di colza, meglio conosciuta come canola, ne abbassa le quantità, eliminando i rischi.

A cura di Federica Palladini
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Ci sono ingredienti base di cui è impossibile fare a meno: non solo perché servono in modo funzionale nelle ricette, ma anche per il loro valore nutritivo. Tra questi compaiono i grassi per cucinare, che possono essere di origine animale – basta pensare al burro – o vegetale, tra cui olio d’oliva e olio di semi. L’olio di colza appartiene a quest’ultima categoria che da sempre suscita discussioni: buon sostituto dell’olio che arriva dal frantoio oppure no? Sulla colza si è dibattuto molto in tempi passati: la troviamo nei prodotti confezionati, tra merendine, dolci e surgelati, ma anche in bottiglia a un prezzo minore di quello di molti suoi “colleghi”. Vediamo nel dettaglio che tipo di alimento è e del perché non è un pericolo per la salute.

Che cos’è l’olio di colza

Quando si parla di olio di colza ci si riferisce a un grasso vegetale che si ricava dai semi della Brassica napus, una pianta appartenente alla famiglia delle Brassicacee che prende il nome comune di colza (quando fiorisce è una suggestiva profusione di fiorellini gialli). L’olio, secondo uno studio, è il terzo più diffuso al mondo, dopo quello di palma e di semi di soia: già conosciuto in Asia da oltre 2000 anni, si utilizzava come combustibile per accendere le lanterne, lampade e lampioni nell’800 e nel ‘900, prima dell’arrivo dell’energia elettrica, ed è ancora comune come materia prima dei carburanti ecologici per auto, i cosiddetti biodiesel.

La sua estrazione è diversa da quella dell’olio d’oliva o di semi di lino, che prevede un procedimento meccanico a freddo: questo, con rare eccezioni, somiglia a quella della maggior parte degli oli di semi, con l’impiego di solventi chimici e successiva raffinazione. Si tratta quindi di un prodotto economico, facile da realizzare su larga scala e versatile.

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L’olio di colza fa male?

Prima di vedere quali sono le sue caratteristiche, rispondiamo subito alla domanda che tende ad affliggere chi trova scritto in etichetta questo ingrediente. L’olio di colza non fa male: le dosi che vengono generalmente assunte, infatti, non implicano danni diretti per la salute.

Perché, allora, soprattutto in passato, si riteneva pericoloso, se non addirittura velenoso? Per colpa dell’acido erucico, un grasso acido monoinsaturo omega-9 presente in grandi quantità nella colza selvatica (ma anche nella senape) e che negli anni Settanta – svolgendo ricerche sui ratti, non sull’uomo – si scoprì essere potenzialmente tossico per il cuore. Per questo, sempre in quel decennio, alcuni scienziati canadesi (tra i maggiori paesi produttori ancora oggi) misero a punto in laboratorio una nuova cultivar di Brassica napus, geneticamente modificata, eliminando gran parte di questa componente e destinata all'alimentazione: non a caso, infatti, è nota come canola, acronimo di Canadian Oil Low Acid.

Secondo un parere dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare, l’acido erucico rappresenta ancora più del 40% degli acidi grassi totali nelle specie spontanee di colza, mentre scende al di sotto dello 0,5% nella canola.

Chi deve fare attenzione? I bambini fino ai 10 anni che consumano abitualmente torte, dolci e biscotti confezionati potrebbero rischiare, a lungo termine, di sviluppare patologie cardiache.

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Proprietà e benefici dell’olio di colza

L’olio di colza che troviamo al supermercato è l’olio di canola. Più che a livello di condimento si rivela conveniente nell’industria alimentare, in quanto molto economico e di facile disponibilità: raro vederlo sugli scaffali, popolare in prodotti da forno (come grissini o crackers), merendine, surgelati e margarine. Ha un punto di fumo abbastanza elevato, circa 200 °C, e per questo si impiega anche nelle fritture e viene inserito negli oli alto oleici, più stabili al calore.

Dal punto di vista nutrizionale, studi recenti, seppur preliminari, non lo demonizzano affatto, anzi: si distingue per un ridotto contenuto di acidi grassi saturi (si fermano a meno del 7%, quando invece prevalgono nell’olio di palma) e per una elevata presenza di acidi grassi insaturi, in particolare l’acido alfa-linolenico (ALA), un omega-3 di origine vegetale utile per la salute cardiovascolare e per tenere a bada i processi infiammatori.

Come riportato in un articolo della BBC dello scorso maggio, una meta-analisi di 27 studi ha scoperto che l'olio di canola riduce significativamente il colesterolo LDL (quello cattivo) rispetto all'olio di girasole, mentre un'altra ricerca sostiene che aiuta a diminuire il peso corporeo, soprattutto nei soggetti affetti da diabete di tipo 2. Nella sua composizione, da segnalare anche la vitamina E, in particolare tocoferoli, e composti fenolici, ovvero tutti antiossidanti con effetto protettivo sulle cellule.

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