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22 Agosto 2018 7:00

Lardo di Colonnata IGP: storia, come si prepara e come mangiarlo

Il lardo di Colonnata è un salume IGP (indicazione geografica protetta) che si produce con il lardo proveniente dall'adipe del dorso del suino che si stagiona in conche di marmo di Carrara. Il salume, infatti, è un prodotto tipico di Colonnata, un paesino situato sulle Alpi Apuane, in Toscana e nasce intorno al 1800 come piatto povero.

A cura di Redazione Cucina
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Il lardo di Colonnata è un salume IGP (indicazione geografica protetta) che si produce con il lardo proveniente dall'adipe del dorso del suino che si stagiona in conche di marmo di Carrara. Il salume, infatti, è un prodotto tipico di Colonnata, un paesino situato sulle Alpi Apuane, in Toscana e nasce intorno al 1800 come piatto povero.

La forma del lardo di Colonnata è rettangolare, è alto circa 3 cm e ha, nella parte inferiore, la cotenna e, nella parte superiore, il sale per conservarlo. Il salume appare morbido, il suo colore è bianco, leggermente rosato, e ha un sapore fresco, aromatico perché arricchito con spezie ed erbe aromatiche.

Per comprare l'originale lardo di Colonnata è preferibile andare nella famosa frazione di Massa Carrara e rivolgersi ai bottegai. Slow Food ha riconosciuto 16 bottegai all'interno del presidio di Massa Carrara in cui è possibile acquistare del vero lardo di Colonnata.

Come si prepara il lardo di Colonnata

Il lardo di Colonnata si prepara con la schiena del maiale che viene tagliato in tanti pezzi da circa 7 kg l'uno. Dapprima c'è la preparazione della conca con lo strofinamento delle sue pareti con l'aglio per almeno sei mesi. In seguito, i pezzi si lavano e si posizionano, all'interno della conca, 12 strati di lardo a cui si alternano 12 sfoglie di una mistura fatta di sale marino, pepe, rosmarino, cannella, chiodi di garofalo, coriandolo e salvia. Il lardo sta nella conca per un periodo che va dai 6 mesi ai 3 anni e, per tutta la durata, ogni quindici giorni si controlla la conca. Il suo marmo, infatti, non è sensibile alle variazioni termiche e permette, così, un'ottima stagionatura grazie ad un perfetto assorbimento degli aromi.

Il lardo di Colonnata si può considerare pronto dopo sei mesi e un giorno e la preparazione avviene nell'arco di tempo che va dal 1 settembre al 31 maggio. Il lardo migliore, infatti, è stagionato al massimo per un paio di anni perché non è troppo aromatico.

Storia del lardo di Colonnata

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Il Lardo di Colonnata IGP non ha una storia conclamata ma ci sono solo alcune ipotesi e tante leggende sull'origine di questo salume. Secondo alcuni, l'origine del nome "Colonnata" risale all'epoca romana quando si sfruttavano gli schiavi nelle cave di marmo. Ma, come suggerisce il disciplinare di produzione, ci sono alcuni elementi in comune che stabiliscono un'origine del lardo: in primis il culto di Sant'Antonio Abate, che è tipicamente locale, che permetteva la guarigione dal fuoco sacro attraverso l'applicazione del lardo sulle ferite. Questo, con la coincidenza della sagra del lardo con la festa di San Bartolomeo, fa capire che l'origine non può essere celtica o longobarda ma di un popolo cristiano. Inoltre il lardo deve essere per forza di cose nato a Colonnata perché la sua storia è strettamente legata alla vita dei cavatori di marmo poiché era il loro cibo povero.

Come si mangia il lardo di Colonnata: ricette e consigli

Dopo aver controllato sull'etichetta che si tratti del Lardo di Colonnata IGP, degustatelo tagliandolo a fette sottili da mettere su bruschette calde oppure usatelo per piatti caldi come involtini di carne. Potrete servirlo con crostini oppure preparare dei bucatini al lardo che faranno la felicità di tutti. Ecco la ricetta:

Bucatini al lardo di Colonnata

Fate soffriggere uno spicchio d'aglio in padella. Tagliate i pomodorini e fateli saltare in padella. Fate bollire la pasta. Tagliate il lardo a liste sottili, tagliuzzate del peperoncino piccante e aggiungeteli in padella con i pomodorini. Scolate la pasta e unite il condimento. Servite i bucatini al lardo di Colonnata in un piatto da portata.

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Quello che i piatti non dicono
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