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19 Novembre 2019 11:00

San Daniele Dop: storia, caratteristiche e abbinamenti di un’eccellenza italiana

Il San Daniele Dop è uno dei prosciutti crudi più amati e ricercati al mondo. La sua patria è un piccolo borgo del Friuli, da cui prende il nome: dietro questa eccellenza italiana c'è un vero e proprio patrimonio di tecniche e tradizioni, che lo rendono unico. Ecco la storia del San Daniele Dop, le sue caratteristiche e gli abbinamenti migliori da proporre a tavola.

A cura di Francesca Fiore
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Un profumo intenso, un gusto delicato e raffinato: è il San Daniele Dop, uno dei prosciutti italiani più celebri al mondo. La grande qualità di questa eccellenza sta tutta nell'equilibrio: quella sottile linea di demarcazione fra dolce e salato che rende il suo sapore unico al mondo. Ma come nasce un prosciutto così raffinato? Vi raccontiamo la storia del San Daniele Dop, le caratteristiche della sua produzione e i migliori abbinamenti da proporre a tavola.

San Daniele Dop: come nasce una specialità famosa in tutto il mondo

Il San Daniele è un prosciutto crudo stagionato protetto prima dalla Denominazione di Origine Controllata (legge n. 507 del 1970) e, dal 1996, con la Denominazione di Origine Protetta dall'Unione Europea: le sue caratteristiche sono dovute al particolare ambiente geografico, che include non solo le risorse naturali, ma anche i fattori umani. Un'eccellenza italiana con una storia lunghissima alle spalle: le prime testimonianze legate alla sua produzione risalgono agli insediamenti di epoca pre-romana nell’area friulana compresa tra le Alpi Carniche e le Alpi Giulie. È questo infatti il cuore della produzione di questo raffinato prosciutto: San Daniele del Friuli, borgo di circa 8 mila abitanti della provincia di Udine, situato all’interno dell’area dell’Anfiteatro Morenico. La posizione del borgo e il suo particolare microclima fanno sì che questo sia un luogo privilegiato per la stagionatura delle cosce di maiale: il merito è anche della compresenza dei venti delle Alpi, che vengono da nord, e della brezza del Mar Adriatico, proveniente da sud.

Oggi il San Daniele viene prodotto da 31 aziende autorizzate nel comune di San Daniele del Friuli, fra cui la più celebre è sicuramente Dok Dall'Ava, secondo le modalità definite dal relativo Disciplinare di produzione che ha valore di legge: sui prosciutti certificati viene impresso a fuoco il marchio del Consorzio, che comprende anche il codice identificativo del produttore.

San Daniele Dop: le fasi della produzione

Il San Daniele Dop è un prosciutto crudo stagionato riconoscibile anche e non solo per il caratteristico zampino: la particolare lavorazione tradizionale prevede che la coscia sia sempre integra, cosa che aiuta la diffusione dell’umidità e, quindi, una migliore stagionatura. La materia prima è fatta da cosce di suini italiani provenienti da 10 regioni, allevati e macellati esclusivamente in Italia e alimentati con una dieta controllata a base di siero di latte e cereali nobili. Le razze sono la Large White e la Landrace, a volte combinate con la razza Duroc, o ibridate. Il suo processo di produzione è lungo e complesso:

  • La prima fase della lavorazione è quella della selezione: le cosce che superano il controllo preliminare di conformità possono essere avviate per la lavorazione. Le carni scelte vengono conservate per 24 ore a una temperatura che va da -1° a 3°: in questo modo la carne si compatta e si "tonifica". Subito dopo le cosce vengono rifilate con dei tagli specifici e precisissimi, in modo da favorire la perdita di umidità.
  • La seconda fase è la salatura: dopo ulteriori 24 ore le cosce vengono ricoperte di sale marino e stese ad una temperatura che va da 0° a 4°.  Inizia dunque una maturazione preliminare: secondo la tradizione locale ogni prosciutto deve riposare così per un numero di giorni corrispondente al numero di chili del suo peso.
  • Terza e importante fase, la pressatura: i prosciutti vengono pressati lungo la massa muscolare in modo da far penetrare in profondità il sale. Questa distribuzione uniforme darà alla carne una consistenza perfetta per la stagionatura vera e propria. È questo passaggio che conferisce al prosciutto la sua celebre e caratteristica forma a chitarra.
  • Siamo dunque alla fase del riposo, che non è quella della stagionatura vera e propria: le cosce salate vengono messe a maturare in grandi sale dedicate, dove viene mantenuta un’umidità variabile tra il 70 e l’80% e una temperatura compresa tra i 4° e i 6° . Una fase che dura 4 mesi e che permette al sale di distribuirsi in modo omogeneo all’interno del prosciutto.
  • Quinta fase è quella del lavaggio, fondamentale per la buona riuscita del prodotto finale: le cosce vengono lavate con acqua tiepida, cosa che favorisce la tonificazione della carne.
  • Arriva dunque la sesta fase, quella della stagionatura vera e propria: si svolge solo ed esclusivamente all’interno del territorio comunale di San Daniele del Friuli  per almeno 13 mesi dall'inizio della lavorazione. Durante la stagionatura è cruciale mantenere condizioni specifiche per quanto riguarda la temperatura, l'umidità e la ventilazione dei locali.
  • Settima e penultima fase, la sugnatura. Una volta che i prosciutti hanno superato la stagionatura, sulla parte non coperta dalla cotenna è applicata la sugna, una pasta costituita da grasso suino e farina di riso o di frumento. Lo scopo di questo passaggio è quello di proteggere e contemporaneamente ammorbidire quella specifica porzione di carne, per evitare che la carne sottostante si asciughi.
  • Ottava fase, i controlli con battitura e puntatura. Durante la stagionatura, infatti, i prosciutti vengono controllati spesso, in due modi: la battitura, con cui si valuta la consistenza del prosciutto, e la puntatura, che consiste nell’infilare un osso di cavallo in alcuni punti, per valutarne lo stato di stagionatura e la bontà. Come si fa? Attraverso l'olfatto: i maestri del San Daniele, infatti, sanno riconoscere "a naso" se qualcosa è andato storto durante la produzione.
  • Infine, la marchiatura, che avviene solo dopo il 13° mese di stagionatura: si fanno gli ultimi accertamenti sul prodotto da parte dell’IFCQ, l’istituto di controllo e solo i prosciutti che superano questi test vengono certificati e marchiati a fuoco con il marchio San Daniele.
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Caratteristiche organolettiche del San Daniele Dop

Qual è il risultato di un processo così complesso? Un prosciutto dal sapore elegante, in perfetto equilibrio tra la parte dolce e le fragranze classiche della carne stagionata. La fetta è di colore rosso-rosato, con striature di colore bianco o bianco-rosato nel grasso intramuscolare (la cosiddetta marezzatura, cioè la distribuzione del grasso in maniera uniforme) e in quello di contorno. Il suo profumo è delicato ma diventa più persistente man mano che la stagionatura va avanti: questa può variare infatti da un minimo di 13 mesi fino a 16, 18 e anche 24 mesi. Sono diverse le tipologie in commercio: lo potete trovare intero con l'osso, disossato, in tranci oppure affettato. Naturalmente, per una questione di integrità dei sapori e degli aromi, consigliamo di evitare il prosciutto già affettato.

Proprietà e calorie del San Daniele Dop

Solo due ingredienti, carne italiana e sale marino, per un prosciutto privo di conservanti, coloranti e additivi vari. Con 320 kcal, il San Daniele garantisce 25,7 g di proteine nobili, ovvero quelle che hanno tutti gli amminoacidi essenziali, fondamentali per il corretto sviluppo delle cellule del nostro copro. Inoltre è ricco di sali minerali, soprattutto sodio (attenzione, dunque, se soffrite di ipertensione) ma anche potassio e fosforo. Non mancano le vitamine, soprattutto quelle del gruppo B, ma anche la vitamina E è presente in una piccola percentuale. Anche la composizione dei grassi è equilibrata: su 100 grammi di prodotto, i grassi saturi sono pari a 6,47 g, quelli mono insaturi sono pari a 8,58 g e quelli polinsaturi si attestano sui 2,69 g.

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Come conservarlo

Le norme per la conservazione del prosciutto San Daniele dipendono dalla tipologia scelta: è bene seguire queste indicazioni, non solo per una questione di sicurezza alimentare, ma anche per preservare la qualità del prodotto.

  • Affettato fresco al banco salumi. L'integrità del sapore dipende molto dalla conservazione fatta dal banco salumi. È preferibile consumare il prodotto affettato al banco entro 12 ore dall'acquisto, meglio se entro 2-3 ore, in modo da conservare bene tutti gli aromi e i sapori. Se è necessario conservarlo in frigorifero, è meglio conservarlo ad una temperatura compresa fra 1° e 6°;
  • pre-affettato in vaschetta. Da conservare in frigo, ad una temperatura intorno ai 5° massimo, massimo per 120 giorni per la vaschetta chiusa: in caso di vaschetta aperta è bene consumarlo entro 12 ore, tirandolo fuori dal frigo il prosciutto 5-10 minuti prima del consumo;
  • prosciutto intero con l'osso. Questa tipologia deve conservata in un luogo fresco e asciutto, anche a temperatura ambiente, dai 15° ai 20°, fino al momento dell’utilizzo. Una volta tagliato, coprite la parte interessata dal taglio con della pellicola e conservate il prodotto in frigo. Il prosciutto con l'osso conservato in frigo si può consumare massimo per un mese: quando si riprende il taglio è preferibile scartare la prima fetta perché può ossidarsi e/o asciugarsi in modo eccessivo;
  • prosciutto disossato, intero o in tranci. Solitamente venduto in sottovuoto: una volta scartata la confezione ricoprite la parte superiore con della pellicola trasparente e conservate in frigo le fette tagliate a una temperatura compresa fra 1°e 6°. Se il prosciutto viene estratto dal sottovuoto intero, deve essere completamente ricoperto dalla pellicola trasparente.
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Abbinamenti con il vino

Il San Daniele è un prosciutto dall'aroma particolare e delicato, che non vuole accanto vini troppo strutturati, che possano coprire il suo gusto elegante. L'abbinamento più immediato e sicuro è con il Friulano che, grazie alla sua essenza leggermente erbacea riesce a mettere in risalto la dolcezza del prosciutto: un bianco con un po' di corpo, che non soccombe alle note sapide ma le esalta. Altri vini che si accostano bene sono il Pinot Grigio e la Ribolla Gialla, che con la sua acidità "sgrassa" la bocca; ma anche un Colli Orientali del Friuli Sauvignon, un Alto Adige Chardonnay o il marchigiano Verdicchio dei Castelli di Jesi (Marche) o, infine, le bollicine Franciacorta o Oltrepò Pavese Brut, che sono più in contrasto e per questo riescono ad esaltare il sapore del prodotto. Non molti indicati i rossi, soprattutto quelli strutturati: chi non ama i bianchi può comunque optare per un buon rosato fermo o anche un Trento Spumante Rosè.

Abbinamenti in cucina

Il miglior modo di gustare il San Daniele è sicuramente in purezza, tenendolo lontano dai fornelli: in ogni caso il san Daniele viene usato anche in molti piatti cotti. L'abbinamento più immediato, quello con il melone, può essere sostituito dall'accostamento con altra frutta, magari acida, come i frutti rossi o le ciliegie, o anche molto dolce, come i fichi. Interessante anche l'abbinamento con il miele, preferibilmente miele di acacia per esaltare le note dolci, o miele di castagno per far risaltare il contrasto. Se volete gustarlo a tavola potete abbinarlo a un pane casereccio o a un formaggio fresco, dal sapore leggermente acidulo.

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Quello che i piatti non dicono
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