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22 Maggio 2020 11:00

Investimenti, nuovi modelli di sviluppo, identità forte: il futuro secondo Andrea Graziano

Per ripartire in modo stabile servono nuovi modelli di sviluppo basati su una visione lungimirante e non semplici "toppe" come le risorse a fondo perduto. Serve attrarre investimenti sicuri, tutelare i dipendenti e puntare sulla loro formazione. Il creatore di Fud Bottega Sicula, Andrea Graziano, ha le idee chiare su quelli che dovranno essere gli "ingredienti" della ristorazione post Covid.

A cura di Francesca Fiore
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Un imprenditore e selezionatore con una solida reputazione e una grande passione è spesso punto di riferimento per gli altri colleghi: è proprio questo il ritratto di Andrea Graziano, ideatore di Fud Bottega Sicula, un marchio a cui si legano una serie di locali e iniziative che hanno dato “nuova vita” alle produzioni siciliane d’eccellenza. “Ho passato la mattinata a rispondere alle domande di colleghi in preda al panico per la riapertura” ci racconta. “Sono giornate particolari, in cui regna la confusione più assoluta: le linee guida per i ristoratori sono arrivate tardi e non sono per nulla chiare. Ci sono interpretazioni che fanno sì che la categoria perda, in media, fino al 70-75% dei posti. Il problema sta sempre nel gestire quelle persone che non sono un nucleo familiare, ma che vogliono passare la serata insieme, e che magari sono arrivate dal ristoratore in macchina insieme e vorrebbero stare vicine per godersi la serata”.

L’emergenza sanitaria ha fatto esplodere una situazione già disastrosa, con un intero settore – quello della ristorazione – in crescita selvaggia ormai da anni, ma senza una precisa programmazione: sopravviverà solo chi ha lavorato per un’identità forte. Ma servono nuovi modelli di sviluppo che siano stabili e lungimiranti, per attrarre investimenti italiani ed esteri: solo così si uscirà dalla crisi a testa alta. È questa l’opinione – chiara e netta – di Graziano.

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Da quando i suoi locali hanno chiuso, Graziano ha continuato a mantenere viva l’attenzione e la speranza nei suoi dipendenti. “In questi mesi di chiusura siamo stati molto attivi: abbiamo fatto formazione al personale con corsi on line di ogni tipo, abbiamo cercato di canalizzare la nostra frustrazione in attività creative, io stesso ho discusso in streaming con addetti ai lavori e personaggi di questo mondo per cercare delle soluzioni nuove e spunti e superare questa situazione di difficoltà”.

Il vaso di pandora della ristorazione

Secondo Graziano, il Covid ha solo accelerato una situazione già disastrosa. “L'emergenza ha solo innescato una sorta di ‘esplosione’ del settore, mettendo in luce le gravi storture che già c’erano. Se dopo una chiusura forzata di 2 settimane un imprenditore annuncia la chiusura, vuol dire che c’è qualcosa che non va nel modello economico: a livello del singolo esercizio, certo, ma anche del settore in generale. Se un imprenditore non può permettersi di chiudere 10 giorni, anche per andare in vacanza, c’è un problema da risolvere”.

La prima delle cause di questo gonfiarsi a dismisura del settore sta nel falso mito del ristorante come impresa facile da avviare e gestire: “Per diversi anni in molti hanno pensato che la gastronomia fosse uno sbocco semplice e immediato, ora capiamo che non è così. Come in ogni campo ci sono gli imprenditori che programmano e creano un’identità forte e quelli che si buttano a capofitto senza nessuna lungimiranza. Però è chiaro che il nostro settore è allo sbando”. Una situazione paradossale, perché "da un lato abbiamo regole sanitarie severissime, le più severe d’Europa, messe in pratica anche prima del Covid -19, e quindi i ristoranti sono davvero sicuri; dall’altro lato non abbiamo nessun modello di sviluppo stabile che permetta davvero a questo settore di aiutare un po’ l’economia”.

Investimenti versus fondo perduto

“Non serve protestare in anticipo, fare sceneggiate o consegnare chiavi: la situazione è complessa e noi ne siamo consapevoli. Ma arrivare al giorno prima della riapertura senza avere indicazioni chiare e certe supera ogni limite”. Il nodo della questione sta proprio in questo: la capacità di organizzarsi e tutelare le aziende, la mancanza di visione e lungimiranza. “Nessuna attenzione è stata data, ad esempio, al personale, che è il nostro patrimonio più grande. La cassa integrazione divisa in due tranche, ad esempio, è un vero problema per noi, perché avremo il personale al completo da far lavorare mentre i locali con capienza più che dimezzata. Se lo Stato mi dice ‘blocchiamo i licenziamenti’ io sono d’accordo, ma poi non può far slittare la cig: in questo modo io devo far lavorare tutti, anche se ho bisogno di ⅓ del personale; è una situazione impossibile”.

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Per ripartire, però, Graziano non si appella al fondo perduto – “solo una toppa” – o al momentaneo stop alle tasse. “Tutti volevano il fondo perduto, io non ero d’accordo: è inutile darmi 20 o 30 mila euro adesso; piuttosto serve fare una programmazione per rilanciare realmente il settore, come è stato fatto per l’edilizia: il bonus al 110% per le soluzioni ecologiche vuol dire che tutti investiranno. Si muoveranno le imprese di costruzioni, l’arredamento, tutti i sistemi tecnologici basati su idee sostenibili”. Con la ristorazione, invece, il problema è stato affrontato in maniera opposta: “Ci hanno dato il contentino rinviando le tasse a settembre, con il credito d’imposta agevolato e le utenze defiscalizzate, ma solo per tre mesi. Non hanno nemmeno provato a trovare una strategia di lungo corso. E cosa dovremmo fare noi a settembre, dopo 2-3 mesi di chiusura e altrettanti mesi di lavoro, con un fatturato che nella migliore delle ipotesi arriva forse al 35-40% del normale fatturato?”.

Un sistema di sviluppo lungimirante: le idee per il futuro

Per affrontare bene la situazione, “la prima cosa è pensare alle risorse umane, magari con un sistema che agevoli la rotazione del personale e che tuteli nell’immediato chi deve restare a casa” spiega l’imprenditore siciliano. “Secondo, serve una riduzione della contribuzione sui dipendenti. Si possono attirare investimenti, per nuove attività, anche in questo momento: l’unico modo è assicurarmi una tassazione sostenibile sul lungo periodo. Gli imprenditori non hanno nessun impulso a investire in uno scenario come il nostro”. Serve, dunque, un modello di sviluppo economico che non guardi solo all’immediato e neanche al medio periodo: “Abbiamo bisogno di nuovi modelli economici, che guardino al futuro: per attrarre investimenti nazionali e non, serve aumentare la fiducia nei nostri modelli di business e questo possono farlo solo le istituzioni. Noi imprenditori possiamo impegnarci, ma nel quadro di una programmazione votata alla crescita: una crescita ragionata che giovi a tutti e che non metta in pericolo il nostro grande patrimonio gastronomico”.

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Perché, naturalmente, anche gli imprenditori devono applicare questa visione delle cose al proprio lavoro: “Un imprenditore non deve mai fermarsi, la visione è fondamentale. Noi abbiamo cercato sempre di fare cose nuove, ma non credo che questa pandemia stravolgerà tutto: chi si è sempre dedicato al delivery continuerà a farlo, ad esempio.Trovare nuove forme di interazione con la clientela per noi è essenziale e ci caratterizza da sempre. In questo momento abbiamo due locali in apertura bloccati ma, parallelamente, avevamo avviato il laboratorio, un luogo di sperimentazione pura funzionale a un gruppo che produce piatti sperimentali da inserire poi nei vari menu dei locali che già abbiamo”.

Il lavoro fatto con Fud Bottega Sicula in tanti anni ne è un esempio: “Oltre mettere in piedi una rete di selezione e vendita per i prodotti d'eccellenza che scegliamo, abbiamo creato un vero e proprio indotto. Fud è diventato quasi un marchio di garanzia per gli altri imprenditori: questo lo facciamo a prescindere da situazioni commerciali. Ci sono piccoli produttori che producono il 50% del prodotto per noi e l’altro 50% lo danno a qualcuno che è arrivato lì su nostro suggerimento”. Una rete per fare business, certo, ma anche per dare visibilità e futuro a prodotti artigianali con pochissimi sbocchi di vendita.

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Il post Covid per i clienti

Ma cosa succederà dopo che la confusione di questi mesi si sarà dipanata? “La gente ha voglia di socialità, ha voglia di andare a mangiare fuori: la gastronomia continuerà ad essere un tratto forte e distintivo della nostra identità nazionale e un pezzo importante del nostro Pil” spiega Graziano. “I clienti avranno più consapevolezza ma anche minori risorse da investire in una cena: sceglieranno posti con una forte identità, di cui si fidano e che davvero mettano valore aggiunto nella loro attività. Se bisogna andare al ristorante con tutti gli accorgimenti del caso, i clienti punteranno su quelle situazioni in cui si riesce a godere dell’esperienza intera, che non riguarda solo la parte cibo, ma anche tutta una serie di elementi. Chi ha lavorato già prima per avere una identità forte sopravviverà e riuscirà anche a uscirne più solido”.

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