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3 Agosto 2025 11:00

Fett’unta, crostino, pani cunzatu e altri tesori: l’Italia raccontata attraverso la bruschetta

Ogni regione ha il suo modo di chiamarla, di prepararla, di amarla: la bruschetta è un racconto fatto di pane e di cultura. Ecco quali sono alcune delle varianti più famose del termine "bruschetta".

A cura di Francesca Fiore
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In Italia, ogni piatto ha una storia. Ma alcuni, come la bruschetta, ne custodiscono mille: storie di contadini, di domeniche in famiglia, di olio nuovo e pane vecchio, di parole che cambiano da collina a collina. Chiunque sia cresciuto nel Bel Paese ha assaporato almeno una volta una fetta di pane abbrustolito condita con olio e aglio, eppure – a sorpresa – non tutti la chiamano bruschetta. A seconda della regione, quel gesto semplice può assumere nomi diversi, raccontare tradizioni antiche, svelare identità locali.

La bruschetta "classica" e le sue infinite varianti

La bruschetta nasce come cibo povero: un modo intelligente e gustoso per recuperare il pane raffermo. Le prime tracce risalgono all’epoca Romana, quando il pane veniva tostato e condito con olio d’oliva appena spremuto per testarne il sapore. Col tempo, è diventata uno degli antipasti più amati della cucina italiana, simbolo di semplicità e qualità, proposto soprattutto nella stagione estiva ma non solo.

La bruschetta nella versione più classica possibile, come viene conosciuta anche all’estero, ha casa tra Lazio, Abruzzo e Umbria: pane tostato, aglio, olio e pomodoro fresco. Ma questa preparazione di base ha dato vita a mille varianti e interpretazioni locali: quelli che seguono sono solo alcuni degli esempi di come la combinazione pane + prodotti vari possa essere centrale per tutte le nostre cucine regionali.

1. Fett’unta (Toscana)

In Toscana, si chiama fett’unta: una fetta di pane toscano senza sale, abbrustolita sul fuoco e condita con aglio e olio extravergine, spesso “novo”, ovvero appena franto. È un rituale d’autunno, celebrato nei frantoi durante l’olio novello, quando la fett’unta diventa ambasciatrice del gusto toscano.

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2. Soma d’aj (Piemonte)

Letteralmente “carico d’aglio”, la soma d’aj è un’antica specialità piemontese: pane raffermo o tostato, strofinato con aglio in abbondanza e irrorato con un filo d’olio. Nei tempi passati era il pasto dei contadini, spesso accompagnato solo da un bicchiere di vino. Oggi è un piatto di orgoglio popolare.

3. Panunto (Lazio)

Nel Lazio, specie nelle campagne romane e viterbesi, si parla di panunto: una fetta di pane caldo su cui viene strofinato aglio e versato olio, simile alla versione piemotese. In alcune zone viene anche arricchito con pomodoro o con lardo. È spesso servito durante sagre e feste popolari.

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4. Frise e friselle (Puglia, Basilicata, Campania)

Non è tecnicamente una bruschetta, ma ci somiglia. La frisa è un pane duro e secco, che va "sponzato" (ammollato) in acqua, poi condito con pomodoro, olio, origano e a volte tonno o capperi. Tipico delle estati meridionali, si mangia fredda, sotto l’ombrellone o in casa.

5. Crostino (Umbria, Toscana, Marche)

Il crostino non è esattamente una bruschetta, ma ne è cugino stretto. Pane tostato, spesso condito con paté di fegatini, soprattutto in Toscana, funghi, oppure formaggi locali. È servito come antipasto nei ristoranti tradizionali, ma ne esistono anche versioni casalinghe più semplici.

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7. Bruschetta con "spaccatella" (Calabria)

In Calabria, oltre alla bruschetta classica, si usa il termine spaccatella per riferirsi a una base di pane duro schiacciato e condito con pomodori freschi, olio piccante e origano. Spesso preparata nelle giornate estive, è fresca e saporita.

8. Pani cunzatu (Sicilia)

Il pani cunzatu – che in siciliano significa “pane condito” – è una delle espressioni più autentiche della cucina povera dell’isola. Si prepara con pane casereccio (spesso cotto a legna), ancora caldo o leggermente tostato, condito generosamente con olio extravergine d’oliva, sale, origano e fette di pomodoro maturo. Le versioni più ricche includono acciughe sott’olio, formaggi locali come il caciocavallo o la tuma, cipolla.

Originariamente nato come “piatto del giorno dopo” o come pranzo veloce dei contadini, oggi è tornato di moda anche nei forni e nei locali street food: può essere in versione bruschetta, quindi solo con la base, oppure in versione "torta", cioè un pane intero tagliato in orizzontale e poi chiuso dalla calotta, quindi tagliato a spicchi.

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Quello che i piatti non dicono
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