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22 Novembre 2025 18:00

È l’unico ristorante al mondo all’interno di un carcere: la sorprendente storia di InGalera

InGalera, ristorante nel carcere di Milano Bollate, offre formazione e lavoro ai detenuti affiancati da professionisti. Cucina di qualità, riconosciuta anche dalla Michelin, e un forte valore sociale. Scopriamo insieme come nasce e che cos'è questo progetto.

A cura di Enrico Esente
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Foto dal sito web: InGalera

Cancelli d'acciaio, muri freddi, un'aria che sembra surreale, quasi a incutere timore e poi i controlli prima di entrare. Il tema di cui discuteremo in questo articolo sembra incredibile, perché il protagonista sarà il ristorante InGalera. Sì, hai capito proprio bene: questo è l'unico ristorante al mondo dentro un carcere, precisamente quello di Milano Bollate e, la sua storia è incredibile. Il locale è stato aperto nel 2015, grazie a un progetto di Silvia Polleri, un'attivista impegnata da sempre nella ristorazione e nei temi sociali. All'interno ci lavorano i detenuti della struttura penitenziaria, seguiti da uno chef e da un maître professionisti, dove imparano o hanno già imparato la lavorazione dei cibi sorprendendo i clienti con menu esclusivi.

"Il ristorante nasce per offrire ai carcerati, regolarmente assunti, la possibilità di riappropriarsi o apprendere la cultura del lavoro, un percorso di formazione professionale e responsabilizzazione, mettendoli in rapporto con il mercato, il mondo del lavoro e la società civile".  Questo è quanto è possibile leggere sul sito web ufficiale del locale. Nella Casa di Reclusione di Milano Bollate, da qualche anno è stata aperta anche una sezione carceraria dell'Istituto Alberghiero Paolo Frisi di Milano, dove i detenuti possono svolgere le lezioni alberghiere e conseguire il diploma all'interno del carcere. 

La spiegazione del progetto di InGalera

Mangiare da InGalera è sicuramente un'esperienza personale, da raccontare. Come dicevamo poc'anzi, è un progetto che è nato ormai quasi più di dieci anni fa, quando la cooperativa di Silvia Polleri decise di dare ai detenuti un'opportunità concreta. Serviva uno scopo per poi poter tornare attivamente indietro, integrarsi nuovamente nella società. L'obiettivo era quindi rieducare i detenuti a un concetto di responsabilità.

Chiaramente lo scenario è quel che è, stiamo parlando di un ristorante all'interno di un carcere e il peso simbolico è veramente grande. Bisogna fare attenzione però, InGalera non è solo un progetto di una "missione sociale" volta al reinserimento dei detenuti in società, questo è un ristorante dove si mangia anche bene. A dirlo è la Michelin che lo ha inserito con una segnalazione nella propria Guida. "L'unico ristorante al mondo all'interno di un penitenziario – scrivono dalla Rossa – la realtà resta sui generis, in termini di location, con mansioni di sala ed esecuzione affidate ai detenuti e allineate con professionisti del settore. Il locale, dall'ambiente sobrio, propone sia piatti di carne sia di pesce".

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Foto dal sito web: InGalera

Esiste anche un podcast chiamato proprio InGalera, scritto e prodotto da Officine del Podcast, che racconta tutta la storia del progetto. Come si evince ascoltandolo, seppur il ristorante ha poco più di dieci anni di attività, tutto inizia oltre venti anni fa. Lucia Castellano, l'allora direttrice del carcere di Bollate, fece una proposta a Silvia Polleri, presidentessa di ABC La Sapienza in Tavola, una cooperativa sociale. Qui la Castellano chiedeva di aprire un catering con dei detenuti.

Come racconta nel podcast, nel 2014 Polleri riceve la proposta, da PwC, di aprire insieme un ristorante. Da lì, considerando la richiesta ricevuta qualche anno prima, ha l'intuizione di farlo nascere all'interno del carcere di Bollate. Massimo Parisi, direttore della struttura, accetta il progetto che parte con il sostegno della Fondazione Cariplo, privati e Fondazione Peppino Vismara. La cooperativa sociale di Polleri affronta un rischio enorme: aveva solo 400 euro di capitale sociale e quote da 50 euro a persona. Per partecipare a un bando Cariplo servivano 9.000 euro, che Polleri chiese ad amici come contributo a fondo perduto. Oggi quel locale, che tecnicamente si trova all'esterno del carcere di Bollate e non proprio nella sua parte detentiva (per motivi di sicurezza), conta oltre dieci anni di attività e circa ottantamila clienti serviti. 

Cosa si mangia nel ristorante del carcere: i menu tipici

Come raccontavamo, il progetto gastronomico di InGalera è sicuramente di qualità. Oltre a essere una missione sociale, la qualità del cibo è alta. L'offerta generica comprende due menu per la settimana, uno a pranzo, uno a cena e un altro esclusivo per il sabato. Per quello del pranzo il prezzo è di 15 euro e comprende primo, secondo del giorno, acqua e caffè. Per quanto riguarda il menu serale, la scelta è alla carta e si possono ordinare primi come pappardelle al torchio al profumo di finferli, riso al salto con crema di parmigiano, ravioloni di borragine con crema di fave e Castelmagno e secondi come cotoletta alla milanese, o filetto di vitello con patate viola.

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Foto dal sito web: InGalera

Il menu fisso del sabato invece costa 50 euro a persona e comprende una scelta tra piatti di carne o pesce con acqua e vino inclusi nel prezzo. Come scrivono dal proprio sito, si tratta di un percorso di degustazione di sapori e profumi per apprezzare in quantità e modalità equilibrata le proposte della cucina. In realtà esiste anche un quarto menu, questo dal costo di 70 euro e si tratta del "menu tipico milanese". Valido solo su prenotazione e a cena, comprende mondeghili con salsa di zabaione salato, risotto alla milanese con ossobuco, cotoletta di vitello alla milanese e per dessert il salame di cioccolato con crema pasticcera.

La storia del ristorante è diventata anche la trama di un docu-film

La narrazione però non si ferma alla cucina: è diventata anche un documentario. Si chiama "Benvenuti in galera" (regia di Michele Rho) e racconta, tra realtà e speranza, questo progetto di inclusione e riscatto sociale. Ogni tavolo, ogni portata e ogni parola scambiata con il personale di questo locale diventa soltanto una parte della narrazione. Lo scopo è credere che si possa cambiare, scontare gli errori commessi in passato e ritornare a essere cittadini liberi dove poter lavorare reintegrandosi in società senza pregiudizi.

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La locandina del docu–film del ristorante InGalera

Insomma visitare InGalera non significa andare nel solito ristorante carino e cozy (come direbbero gli inglesi), ma mangiare vivendo un'esperienza profondamente umana. Qui ci si addentra in un luogo dove la cucina racconta un qualcosa di vero. InGalera dimostra che la ristorazione può essere anche questo: un ponte concreto tra il carcere e la vita fuori. Ecco, non c'è bisogno di "romanticizzare" il nostro racconto per far capire il vero valore dell'esperienza. Qui si mangia bene, si sostiene un progetto serio e si sta a contatto con una realtà come il carcere che forse tutti noi, per pregiudizio o per paura, non vorremo mai vedere.

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