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Tutti conoscono la bevanda Chinotto, una bibita dall’allure rétro dal caratteristico sapore amarognolo. Probabilmente ti sarà capitato di sentirla associata, o meglio contrapposta, alla celebre Coca-Cola: a lungo sono nate “sfide” riguardo alla preferenza verso una o l’altra bibita, si è persino diffusa la convinzione che il Chinotto fosse una versione di Coca-Cola più scadente. Niente di più sbagliato: il Chinotto è una bevanda a sé dalla storia lunga e iconica, ottenuta da un agrume antico e raro da cui prende il nome. Ebbene sì, alla base di questa bibita gassata dal sapore amarognolo c’è proprio un frutto, una varietà di agrume a lungo dimenticato ma conservato da alcuni agricoltori in piccole aree della Sicilia e della Liguria. Il frutto chinotto non può essere mangiato come gli altri frutti perché è amarissimo, per questo si usa soprattutto per la bevanda (a cui viene aggiunto lo zucchero) e altre preparazioni gastronomiche. Ecco tutto quello che devi sapere su questo agrume dimenticato.
Che cos'è il chinotto
Il chinotto è il frutto di una pianta il cui nome scientifico è Citrus myrtifolia: appartiene alla stessa famiglia di arancio, limone, pompelmo e bergamotto, infatti i frutti sono piuttosto simili all’apparenza. Il chinotto è tondeggiante, grande più o meno quando un mandarino, con la buccia molto rugosa di colore verde-arancione e una polpa gialla. Il profumo è fresco, ma la nota distintiva è il sapore acido-amaro, motivo per cui il chinotto non è mangiabile al naturale o in spremuta, mentre diventa ottimo se trasformato nella celebre bevanda, in liquori o in conserve e marmellate.

Il chinotto, che si dice sia stato importato anticamente dalla Cina verso la fine del ‘500 o all'inizio del ‘600 (anche se alcuni studiosi ipotizzano che sia una pianta mediterranea derivante da una mutazione dell'arancio amaro), si raccoglie da settembre a novembre sia quando è ancora in corso di maturazione e ha la buccia verdastra, sia quando è pienamente maturo e ha la buccia arancione. Furono i navigatori liguri a importare in Italia questa particolare varietà di agrume, ma è sempre rimasta una coltivazione di nicchia: tutt’oggi non esiste in tutta la Penisola ma solo in piccole aree della Liguria, terra dove si trovano le piante più rinomate, e piccole aree della Sicilia, terra dove da sempre gli agrumi prosperano.
Perché la bevanda (e l'agume) si chiama chinotto? Origine e storia di un’icona
L’iconica bevanda che tutti conosciamo si chiama Chinotto proprio dal nome del frutto da cui viene prodotta, ma perché questo è stato chiamato in un modo così particolare? Si lega all’ipotesi per cui la pianta sia stata importata dalla Cina: seguendo questa teoria, i viaggiatori avrebbero nominato l’agrume dalla parola “China”, termine portoghese con cui era conosciuta la Cina che gli esploratori appresero da indiani o malesi che a sua volta deriva probabilmente dal nome della dinastia Qin (221-206 a.C.) che unificò il paese.

È più incerta, invece, l’origine della bibita analcolica frizzante Chinotto, prodotta a partire dall'estratto o infuso dell’agrume omonimo. Alcuni sostengono che sia stata inventata nel 1932 dalla San Pellegrino, che ne è la principale produttrice, altre fonti affermano invece che sia stata prodotto in Sicilia da aziende quali Tomarchio o SBEG BONA dalla metà degli anni ’40, altri ancora la vogliono prodotta dall'azienda Neri di Capranica (VT) o dai laboratori Rigamonti a Milano, il cui proprietario divenne presidente della Recoaro, principale produttrice di Chinotto a livello nazionale negli anni Cinquanta.
Chiunque sia stato l’ideatore, l’idea della bevanda fu geniale e tra gli anni Cinquanta e Sessanta ebbe una popolarità notevole: non esistevano bar di provincia e stabilimenti balneari che non ne avessero un’ampia scorta, nonostante all’epoca la versione in vendita fosse molto più amara dei chinotti attualmente in commercio, molto più zuccherati. Per un periodo di tempo, intorno agli anni ’90 e 2000, la popolarità del Chinotto è diminuita notevolmente, soprattutto con la comparsa di altre bibite gassate e in particolare della Coca-Cola, con cui è subito stata messa in competizione.

In effetti le due bevande si somigliano, perché entrambe sono entrambe sono analcoliche, frizzanti e appartengono quindi alla categoria dei soft drink, ma hanno un sapore totalmente differente: uno col tipico retrogusto amaro dato dall’utilizzo di estratto o infuso di chinotto, l’altra l’inimitabile dolcezza ottenuta da un mix di aromi più o meno segreto, tra cui foglie di coca senza più principio attivo. Oggi, complice gli agricoltori che continuano a mantenere viva la tradizione della coltivazione dell’agrume e il ritorno del gusto per il vintage, il Chinotto sta tornando ad avere un suo mercato.
Come si usa il chinotto
L’utilizzo più comune dell’agrume è la celebre bevanda di cui abbiamo raccontato la storia, ma non è l’unico impiego possibile del frutto. Ribadiamo che, per via del sapore estremamente amaro che ha di natura, non può essere mangiato così come è e anche come ingrediente deve essere prima “deamarizzato”, un po’ come succede con le olive (non edibili appena colte dall’albero). Dal chinotto si ricavano alcune specialità, di solito produzioni molto di nicchia preparate più che altro per il mercato locale: la marmellata di chinotto, i chinotti canditi (quelli al maraschino sono una ricetta che risale a metà ‘800), i chinotti sotto spirito e il liquore al chinotto. Il chinotto è molto apprezzato nel mondo della mixology, sia per creare cocktail originali sia per dare un tocco vintage a drink celebri come l’Americano, il Negroni e lo Spritz.