;)
Quando si parla di selvaggina, il capriolo acquista un posto d’onore. Un animale che in cucina diventa il simbolo del territorio in cui vive, tra le zone boschive del Nord e del Centro Italia, in piatti che ne esaltano la magrezza e l’aromaticità delle carni, sempre intense, ma più delicate rispetto a quelle del cervo o del cinghiale. Dalle tartare alle cotture in umido, passando per gli arrosti, le ricette sono versatili e gustose, sotto il segno di retaggi popolari e nobiliari.
Le caratteristiche della carne di capriolo
La selvaggina ha sempre avuto un ruolo importante nella gastronomia europea: impreziosiva i lussuosi banchetti degli aristocratici e contemporaneamente rappresentava una risorsa alimentare per chi viveva sulle alture. Adesso la caccia al capriolo, ma non solo, è regolamentata da leggi regionali che ne stabiliscono la quantità di capi, la tipologia (dal sesso all’età) e il periodo dell’anno in cui è legale praticarla. La carne di questi animali è povera di grassi, proteica, fonte di sali minerali – in particolare ferro – e vitamine del gruppo B e si caratterizza per avere un gusto selvatico, ma meno aggressivo, virando al dolciastro, se paragonato a quello dei suoi simili.

Come tutta la selvaggina, però, un passaggio fondamentale prima di essere consumata è quello della frollatura (di cui se ne occupa il macellaio): le carni vengono lasciate a riposo a basse temperature per un tempo variabile (in questo caso si tratta di qualche giorno), in modo da far ammorbidire le fibre e affinare il sapore. Così prima di cucinarlo, il consiglio è quello di lasciare marinare il capriolo, per intenerirlo ulteriormente e mitigare le note più incisive: si va dalle 12 alle 24 ore, con la carne lavorata in base alla ricetta scelta, immersa in vino rosso, erbe aromatiche (alloro, salvia, rosmarino, timo), bacche di ginepro, qualche spicchio di aglio, ma anche sedano, carota e cipolla, il tutto coperto con pellicola alimentare e riposto in frigorifero.
Le proprietà della carne di capriolo
La carne di capriolo è una carne magra e ad alto contenuto proteico: ideale per chi cerca una fonte alimentare nutriente e povera di lipidi. La carne di selvaggina, incluso il capriolo, è una buona fonte di ferro, zinco e vitamine del gruppo B (B12, B3). Inoltre, rispetto ad altre carni simili, come il cervo o daino, presenta un contenuto maggiore di omega -3, i così detti grassi buoni.
Come cucinare la carne di capriolo
La carne di capriolo è pregiata e non di facile reperibilità: la si trova soprattutto nelle macellerie specializzate in selvaggina, in quantità contenute. Tra i tagli più usati ci sono la sella (la parte dorsale) da cui si ricavano filetti e controfiletti per piatti raffinati (compresi carpacci e tartare), il cosciotto, perfetto da fare arrosto al forno, la spalla, ideale per ragù con cui condire tagliatelle e pappardelle, e brasati, e il carré, con cui preparare costolette o usare il pezzo intero.
Basta questo per capire che tra i fornelli il capriolo è piuttosto versatile e che la sua polpa si può valorizzare sia cruda sia con cotture brevi e lunghe. Tra le ricette che sanno più di tradizione ci sono quelle in umido: un grande classico è il salmì, con la carne ridotta a spezzatino, marinata e servita con l’intingolo speziato con cui è stata cotta, generalmente vino rosso insieme a erbe, noce moscata e cannella, che la rendono molto profumata. Per quanto riguarda gli abbinamenti, funghi, polenta e purè di patate (o di cavolfiore) sono sempre un passepartout, richiamando le tipiche atmosfere autunnali per piatti corposi e sostanziosi.

Per dare risalto all’eleganza del capriolo, magari per un filetto o un carré, puoi puntare su salse a base di frutti di bosco, tipo i lamponi, così come non è da sottovalutare il sedano rapa (che ricorda il finocchio), da affiancare in crema (cotto, frullato e reso vellutato da panna acida o yogurt) o a crudo, tagliato a julienne, per dare una nota leggera e rinfrescante. La carne di capriolo più essere gustata anche in veste di salume e affettato: con la coscia e la spalla, infatti, si ottengono prosciutti e specialità tipiche come il violino, diffuso in Valchiavenna e Valtellina (celebre è quello di capra): non manca nemmeno il salame, realizzato solitamente con una percentuale variabile di suino per bilanciare parti magre e grasse.

Differenze tra capriolo, cervo e cerbiatto
Tra gli animali che popolano i boschi spesso si tende a fare confusione tra capriolo e cervo: entrambi fanno parte della famiglia dei cervidi, ma si tratta di due specie diverse. Il primo è il Capreolus capreolus, il più piccolo tra i vari “cugini” e raramente supera i 30-35 chili di peso: i maschi hanno palchi (quelle che comunemente definiamo corna) poco allungati, con non più di due punte e una macchia bianca nella zona posteriore ben visibile. Il secondo, invece, è il Cervus elaphus, un mammifero decisamente più imponente, che può superare i 200 kg, con corna ramificate e maestose. E il cerbiatto? Si tratta semplicemente del cucciolo di cervo, che si riconosce dal mantello maculato e dall’assenza dei palchi, che si sviluppano in età adulta.