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2 Maggio 2022 15:00

Caffè sospeso: l’arte di offrire un sorriso a chi non può permetterselo

"È come offrire un caffè al resto del mondo", così dice Luciano De Crescenzo quando deve spiegare cos'è il caffè sospeso. Vediamo la storia di questa tradizione.

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Per parlare del caffè sospeso non si può che partire dall'introduzione dell'omonimo libro di Luciano De Crescenzo: "Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo". Con questa soave descrizione l'autore partenopeo presenta al mondo la tradizione perduta del caffè sospeso, rinata proprio grazie a queste parole riportate in tutto il mondo.

La storia del caffè sospeso

Il primo autore a parlare del caffè sospeso è stato lo scrittore e attore Riccardo Pazzaglia, conosciuto ai più come "l'uomo del cavalluccio rosso", personaggio interpretato in "Così parlò Bellavista" nel 1984, diretto proprio da Luciano De Crescenzo. Nel suo libro del 1999, "Odore di caffè", Pazzaglia impersona un napoletano in esilio che non mangia né beve qualcosa di napoletano, senza vedere i volti e sentire voci, odori, musica di Partenope. In questa opera l'autore va alle origini della storia del caffè sospeso, usanza nata in realtà per riappacificare le persone più che per beneficenza. Nei classici battibecchi su chi debba pagare il conto nei gruppi di amici Pazzaglia colloca la natività del caffè sospeso: per tagliare la testa al toro pagano entrambi i contendenti, con la premura di lasciare la tazzulella ‘e cafè a beneficio di uno sconosciuto.

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Questa usanza fa parte di un gruppo di tradizioni antiche, in voga soprattutto all'inizio del 1900 e fino al boom economico del Dopoguerra: un repertorio di gesti solidali in uso nella società napoletana perlopiù persi nei meandri del consumismo. Esempio fulgido di questa tradizione è "l'acino di fuoco", un tizzone ardente portato nei cortili napoletani offerto dai panettieri a lavoro fin dalle prime ore dell'alba. Grazie al pezzo di legno infuocato gli abitanti del quartiere avrebbero acceso le proprie stufe o i propri forni casalinghi senza dover consumare i fiammiferi.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale questa tradizione si è persa – come quella del caffè sospeso – e sopravvive solo in pochi bar in giro per la città. Torna prepotentemente negli anni '90 prima, grazie al libro di Pazzaglia, e definitivamente nel 2008 grazie a quello di De Crescenzo. L'opera dell'ex ingegnere ha reso modaiola un'abitudine dall'incredibile umanità, un vero e proprio sentimento di amore e compassione, una rappresentazione della comprensione delle difficoltà del prossimo. Un sentimento di pura empatia.

Il caffè sospeso nel resto del mondo

Con la rinascita del turismo a Napoli all'inizio del millennio tantissime usanze cittadine si sono diffuse nel resto d'Italia prima e del mondo poi. Ne ha beneficiato l'epopea della pizza, un prodotto che ha fatto passi da gigante negli ultimi anni nella sua versione classica, evoluta, o con la riscoperta della pizza fritta. Tra le usanze esportate all'estero c'è anche quella del caffè sospeso, una pratica sperimentata un po' ovunque prima con l'espresso italiano e poi con altri prodotti.

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Il rapporto tra Napoli e l'Argentina tanto stretto dall'unione per l'idolo Maradona si è rinvigorito in questa tradizione: a Buenos Aires dopo aver adottato il caffè sospeso partenopeo hanno cominciato a caratterizzare l'abitudine con le specifiche tradizioni alimentari locali, arrivando a creare l'empanada pendiente, col cliente che acquista un'empanada e ne paga due.

Negli Stati Uniti ha fatto scalpore l'adozione del caffè sospeso da parte di Starbucks, il cui simbolo è proprio una sirena bifida, un po' come la Parthenope della mitologia greca: un casuale trait d'union tra Napoli e Seattle che ha portato l'usanza nelle caffetterie di tutto il mondo. Recentemente, la pratica del caffè sospeso è arrivata anche Kiev, a causa della guerra.

La massima espressione mondiale del caffè sospeso non la vediamo in Italia o Argentina però, bensì negli Stati Uniti e non certo per la multinazionale sopracitata: un ragazzino americano, solo ed emarginato, John M. Sweeney, si imbatte nella tradizione del caffè sospeso e nel 2013 fonda una pagina social "con l'obiettivo di cercare di creare un'ondata di gentilezza nelle comunità di tutto il mondo". Il motto della fanpage, la Suspended Coffees, è quello di "cambiare il mondo con la gentilezza, un caffè alla volta". Sweeney ha continuato a studiare, si è laureato proprio qualche mese fa, ma la pagina è diventata una vera impresa da oltre mezzo milione di follower e con adesioni da tutto il mondo. Ha creato un sito per aiutare le persone, offrendo supporto e conoscenza oltre alla semplice tazzulella. Un vero e proprio movimento che ha coinvolto migliaia di persone in tutto il pianeta, portando questa piccola tradizione locale in una dimensione globale. De Crescenzo diceva che c'è bisogno di "un po' di Napoli in ogni parte del mondo": resuscitando la tradizione del caffè sospeso è riuscito nell'impresa di portare un pezzetto della città in tutti gli angoli del pianeta.

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