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C’è un momento preciso, quando la paella riposa sul fuoco e il profumo di riso e spezie invade l’aria, in cui accade qualcosa di magico. Non si vede dalla superficie, perché si nasconde sotto gli strati dorati di chicchi e ingredienti: è il socarrat, la crosticina che racconta l’anima autentica di Valencia.
Una parola che profuma di tradizione
Il termine socarrat deriva dal valenciano e significa “bruciacchiato leggermente”. È un nome che può trarre in inganno, perché non si tratta di riso bruciato, bensì di una sottile crosta croccante che si forma sul fondo della paellera, la grande padella larga e piatta. Dorata, profumata e irresistibile, questa parte è considerata il vero cuore del piatto, tanto che per i valenciani una paella senza socarrat è come una storia lasciata a metà. Non a caso, c’è un detto locale che recita: “Qui no menja socarrat, no sap què és menjar paella”, ovvero chi non mangia il socarrat non sa cosa significhi mangiare davvero una paella.
L’arte del fuoco e della pazienza
La nascita del socarrat è un attimo sospeso tra tecnica e istinto: dopo che il riso ha assorbito quasi tutto il brodo, il calore diretto della fiamma fa evaporare l’umidità residua e inizia a caramellare gli zuccheri naturalmente presenti negli ingredienti. È in quel momento che la paella comincia a “parlare”: un leggero sfrigolio annuncia che sotto la superficie si sta formando la crosticina tanto attesa. È un istante fragile, in cui il cuoco deve saper riconoscere i segnali: un suono secco, un aroma tostato, la promessa di un gusto intenso.
Per ottenere il socarrat serve esperienza, ma anche rispetto per i tempi del riso. Una volta disposto, non va più toccato: è il calore, non il mestolo, a compiere la magia. Il fuoco deve essere vivo all’inizio, dolce durante la cottura e deciso alla fine, per regalare quell’ultima spinta necessaria a caramellare il fondo. Il cuoco si affida all’udito e all’olfatto più che alla vista, lasciando che siano i sensi a guidare il momento perfetto. In alcune famiglie, il compito di “ascoltare” la paella è un rito tramandato di generazione in generazione: i nonni insegnano ai nipoti a riconoscere quel sfrigolio inconfondibile, come fosse un segreto di famiglia.

Un piacere da condividere
Il socarrat non è solo tecnica, ma è un rito che unisce. Quando la paella arriva in tavola, ognuno affonda il cucchiaio nella propria sezione, ma i veri appassionati sanno che il vero bottino si trova in fondo. Nelle famiglie valenciane, quella crosticina è spesso motivo di sorrisi e piccole contese, e c’è chi racconta di nonni che “sgridano” i più giovani se prendono troppo socarrat senza condividerlo con gli altri. Il cuoco, dal canto suo, osserva soddisfatto: il socarrat è la prova che ha saputo rispettare la tradizione, e offrirne un po’ a tutti è motivo di orgoglio.
L’essenza della paella
In quell’angolo nascosto e croccante vive la filosofia stessa della paella: semplicità, cura e condivisione. Non è un errore di cottura, ma un premio, un traguardo che trasforma un piatto popolare in un’esperienza indimenticabile. Cercarlo significa scoprire la vera anima della tradizione valenciana. Così, la prossima volta che assaggerai una paella, non fermarti ai colori vivaci della superficie: scava fino al fondo e lasciati sorprendere dal suo tesoro più prezioso, il socarrat.
