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24 Giugno 2023 15:00

All you can eat: storia e origine della formula nata per combattere la crisi

Dalla crisi del '29 a oggi. Come sono nati gli all you can eat? Da cosa origina il format ristorativo più in voga degli ultimi due decenni? Alla scoperta di come hanno preso piede i locali che offrono tanto cibo a prezzo stracciato.

A cura di Alessandro Creta
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Dalla Grande Depressione del 1929 ai giorni d'oggi, passando per Las Vegas e l'intuizione di un pubblicitario visionario che con la sua idea volle ‘placare' i "coyote ululanti" dentro la pancia delle persone. La grande industria dei ristoranti all you can eat prende piede dall'ennesimo sogno americano, originato però da un autentico incubo. Vissuto da milioni di persone.

All you can eat? Una formula a stelle e strisce

Al solo nominarla, la formula magica ‘all you can eat', ci viene in mente una tavolata piena di sushi, nigiri, uramaki o sashimi, tutto da afferrare con le bacchette e mangiato dopo un tuffo nella salsa di soia. Attribuiamo questa tipologia di ristorazione, per l'appunto, al Giappone o più in generale al mondo orientale. Niente di più lontano dalla sua vera origine: questa, infatti, risale agli Stati Uniti e per capirne la genesi, così come lo sviluppo, bisogna tornare indietro agli anni Trenta del secolo scorso. L'orientalizzazione, se vogliamo proprio la giapponesizzazione di tale formula ristorativa, è stata solamente frutto dei tempi contemporanei e correnti, anche se negli ultimi anni si propone in ayce (acronimo di all you can eat) anche pizza o carne in determinati locali che puntano ad attirare e soddisfare la fame di una clientela numerosa (e per lo più giovane). Che bada alla quantità di cibo, non certo alla sua qualità. Con annessi rischi per la salute.

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Fatto sta, uno dei format ristorativi oggi più diffusi e di successo è nato meno di 100 anni fa: per motivi legati alla crisi, alla depressione economica e la fame che dilagò negli Stati Uniti dopo il crollo della borsa del 1929. Senza il quale, probabilmente, oggi i sabati non li passeremmo a strafogarci di riso e pesce crudo come se non ci fosse domani. Noncuranti, o quasi, della penale alla quale potremmo incorrere se non finissimo tutto ciò che abbiamo nel piatto. Ma, a questo proposito, è legale imporre una multa per chi non finisce quello che ha ordinato? Sì, è perfettamente legale: il rapporto fra cliente e ristoratore è vincolato da un "contratto atipico" che diventa attivo nel momento in cui il commensale riceve il menu e decide di ordinare. Se le informazioni e le regole del locale sono esposte in modo chiaro, il cliente quando ordina accetta implicitamente l'impegno a pagare la penale nei casi previsti dal regolamento interno.

All you can eat: dalla Grande Depressione a oggi

Da simbolo di crisi, da arma contro la fame a emblema dell'opulenza, del cibo a tutti i (bassi) costi, dell'abbondanza e, conseguentemente, pure dello spreco alimentare (anche se delle ‘penali' sono previste per chi lascia degli avanzi). Una metamorfosi capace di rendere la formula dell'all you can eat tutto il contrario di ciò per cui era nata. Come detto oggi questo format è associato per lo più al sushi (nonostante la maggior parte dei locali sia gestita da cinesi) ma per risalire alla sua nascita dobbiamo tornare negli Stati Uniti della Grande Depressione del secolo scorso.

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Il decennio di crisi economica iniziato nel 1929 con il crollo della Borsa di Wall Street costrinse alla fame un grandissimo numero di persone, e al contempo obbligò non pochi locali ristorativi a dover riformulare la loro offerta destinata alla classe media per non vedersi costretti a chiudere i battenti di fronte a una povertà sempre più dilagante. Cosa accadde allora? Se per le strade il sogno americano si tramutava sempre di più in un incubo vari ristoratori adottarono una nuova formula: ispirandosi ai buffet di natura francese si iniziò a puntare sulla quantità di cibo (non certo la sua qualità, ma di quella a pochi importava) e sull'offrire un prezzo fisso (e basso) per avere più roba da mangiare. Fu quasi una conseguenza naturale alla realtà del tempo, anche se la formalizzazione (per così dire) di tale proposta ci fu anni più tardi, nella seconda metà del 1940, quando gli effetti della crisi economica si stavano dissolvendo e si pensava per lo più alla ripresa post bellica. Addirittura pare esserci un nome e un cognome per quanto riguarda l'ideazione di tale format: sembra fu tale Herbert Cobb McDonald, pubblicitario di professione, il quale prendendo forse spunto da quanto avvenuto negli anni Trenta (o illuminato da una visionaria intuizione) inaugurò il primo ristorante presentato ufficialmente come all you can eat. Il termine venne così praticamente coniato.

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Ci troviamo a Las Vegas e McDonald parlava così di una formula che permetteva di mangiare "…ogni possibile varietà di antipasti caldi e freddi per placare il coyote ululante nelle tue viscere". Da quell'istante, e chissà in modo forse un po' inconsapevole, la formula dell'all you can eat diventò un vero e proprio modello di business, capace negli ultimi 15 anni di prendersi una grossa fetta di clientela anche oltre Oceano. Pure nel nostro Paese. Non solo sushi, che comunque va per la maggiore, in tanti si sono cimentati in tale format con i cibi più disparati. A Roma c'è un locale che mette a disposizione degli ospiti, a prezzo fisso, una grande quantità di piatti della tradizione, così come sono sempre di più le pizzerie all you can eat o le bracerie che offrono grosse quantità di carne a un prezzo stracciato. E, fin troppo spesso, a rischio della propria salute.

All you can eat: i rischi dell'abbuffarsi a 10 euro

Pranzare o cenare da chi offre cibo a una cifra irrisoria comporta non pochi pericoli di natura igienica e alimentare. Periodicamente i Nas chiudono ristoranti di sushi (ma non solo) a seguito di controlli capaci di evidenziare incuria e sporcizia in cucina, cattiva conservazione degli alimenti o in generale di cibo scaduto o contaminato. Stando a un rapporto dell'Organizzazione Mondiale di Sanità del 2015 riguardo le tossinfezioni alimentari, ogni anno in Europa 23 milioni di persone si ammalano a causa del consumo di cibo contaminato e 5 mila sono i decessi correlati. I rischi più diffusi derivanti dal mangiare cibo economico in quanto scadente, mal conservato e avariato sono reazioni allergiche, intossicazioni, parassiti intestinali, fino al decesso nei casi più gravi. Benché la legislazione italiana in materia sia piuttosto severa e stringente, troppe volte in questo tipo di locali si viene meno agli standard minimi di sicurezza alimentare. Ci si reca quindi in posti del genere con la consapevolezza sì di spendere poco e mangiare molto, ma anche di poter ‘pagare' un prezzo più alto per quanto riguarda la salute. Il rischio, sia per i gestori sia per i clienti, sembra però valere la candela di una lauta cena a prezzi stracciati.

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Il risultato di tutto questo sistema? Oltre a spese basse e margini di guadagno sicuri da parte degli imprenditori (il modello di business offre delle indubbie garanzie, altrimenti sarebbe stato presto abbandonato) anche laute quanto rischiose abbuffate che, dopo l'ennesimo roll, portano a pentirci di non esser riusciti a controllare la nostra fame. Il tutto a favore di uno stato di food hangover che, immediatamente dopo aver saldato il conto e con la pancia strapiena, ci fa promettere di non tornare mai più in un all you can eat. Per poi sedere, immancabilmente, nello stesso locale, magari allo stesso tavolo, con le stesse ordinazioni, solamente il sabato dopo.

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Quello che i piatti non dicono
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