
L’Italia è universalmente riconosciuta come detentrice del più ricco patrimonio ampelografico al mondo: nel nostro Paese si conta il numero più alto di vitigni al mondo, con una biodiversità incredibile data dalla grande varietà di vitigni “autoctoni” presenti sul territorio.
Ti sei mai chiesto cosa si intenda per vitigno autoctono e perché sia così importante per il vino italiano? Sei nel posto giusto. Insieme, scopriamo il significato di questo termine, quali sono i principali vitigni autoctoni e che caratteristiche li rendono unici.
Cosa s'intende per vitigno autoctono
Un vitigno autoctono è radicato in un territorio specifico e lì ha trovato la sua espressione più autentica: il termine deriva dal greco autòs (stesso) e chtòn (terra), indicando per l’appunto un legame profondo e identitario tra vitigno e territorio. Che cosa caratterizza dunque un vitigno autoctono?
- È originario di una specifica zona geografica e ha sviluppato nel tempo caratteristiche uniche grazie all’interazione con quel territorio.
- Non è stato trapiantato da altre aree: si è evoluto e si è adattato nel corso dei secoli a clima, suolo e condizioni ambientali locali.
- Conferisce al vino profumi e sapori distintivi, strettamente legati al concetto di terroir (cioè l’insieme di fattori naturali e culturali che influenzano il vino).
- È parte integrante della storia, della cultura e delle tradizioni del territorio di appartenenza.
- Spostandolo in un’altra regione del mondo, non darebbe gli stessi risultati.

Quali sono i principali vitigni autoctoni in Italia
In Italia contiamo più di 500 varietà di vitigni autoctoni: ogni regione vanta almeno un vitigno cardine della viticoltura locale, bandiera e ambasciatore del territorio cui appartiene nel mondo. Si tratta in alcuni casi di vitigni molto rari, che hanno rischiato l’estinzione e a fatica sono stati recuperati; in altri casi, invece, parliamo di vitigni che hanno fatto la storia della regione che abitano.
Tra gli esempi più celebri, come non citare il Nebbiolo, in Piemonte, con il quale viene prodotto quello che probabilmente è il vino rosso italiano più ricercato al mondo, ovvero il Barolo, oppure il Sangiovese in Toscana, vitigno principale del Chianti e del Brunello di Montalcino.
Ma il viaggio tra i vitigni autoctoni italiani è lungo e affascinante: ecco una lista da Nord a Sud.
- Petite Arvine e Petit Rouge in Valle d’Aosta
- Lagrein e Schiava in Trentino Alto Adige
- Chiavennasca in Lombardia
- Glera in Veneto, da cui nasce il celeberrimo Prosecco
- Ribolla Gialla e Picolit in Friuli Venezia Giulia
- Pigato e Rossese di Dolceacqua in Liguria
- Cesanese nel Lazio
- Lambruschi in Emilia Romagna, le bollicine italiane più esportate al mondo
- Montepulciano, Trebbiano e Cerasuolo in Abruzzo
- Verdicchio nelle Marche
- Sagrantino in Umbria
- Fiano, Greco e Aglianico, in Campania
- Primitivo, Susumaniello e Nero di Troia in Puglia
- Gaglioppo in Calabria
- Tintilia in Molise
- Aglianico del Vulture in Basilicata
- Inzolia e Nero d'Avola in Sicilia
- Cannonau in Sardegna
Questi sono solo alcuni esempi di vitigni che non solo raccontano il territorio, ma ne custodiscono la biodiversità e la memoria storica.

Differenza tra vitigno autoctono e alloctono
Se i vitigni autoctoni sono famosi per la loro natura stanziale, ben radicata nel territorio di appartenenza, esistono dei vitigni che invece hanno fatto letteralmente il giro del mondo, trovando una casa in quasi ogni luogo in cui sono stati trapiantati.
Parliamo dei cosiddetti vitigni “alloctoni” o più comunemente detti “internazionali”: vitigni che ben si adattano a una grande varietà di climi, territori, suoli diversi, restituendo versioni di sé distinte per livello qualitativo e caratteristiche organolettiche.

Pensiamo allo Chardonnay, capace di produrre vini di assoluto pregio come lo Champagne in Francia, ma anche vini più semplici e commerciali, spesso in blend con altre uve, in zone come la California, l’Australia o il Sud America. Anche il Cabernet Sauvignon ha trovato casa in tantissime parti del mondo, restituendo in alcuni casi vini eccellenti, come a Bordeaux, in Francia, o in Napa Valley, in California. In altri casi, invece, è utilizzato per produrre vini che puntano più sulla quantità che sulla qualità, in regioni come il Cile o il Sudafrica.
La differenza tra vitigni autoctoni e alloctoni, quindi, non è solo geografica, ma riguarda anche il legame con il territorio, la storia e l’identità culturale del vino.