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21 Gennaio 2023 13:00

Viaggio nei sensi: che cos’è il gusto umami? Come funziona e come lo percepiamo

Il gusto umani, teorizzato appena più di un secolo fa dal giapponese Kikunae Ikeda, è ormai un "fattore" organolettico conosciuto da tutti: ecco com'è fatto e quali sono gli alimenti che lo stimolano.

A cura di Martina De Angelis
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Fin da piccolissimi, tutti noi abbiamo imparato a riconoscere quattro gusti fondamentali che percepiamo dagli alimenti: dolce, salato, amaro e acido. Ebbene, negli ultimi anni è stato introdotto un quinto elemento, che in realtà viene studiato sin dai primi del Novecento: è l’umami, gusto sconosciuto ai più e un tempo appannaggio solo degli chef, ma che in realtà percepiamo ogni giorno.

Secondo l’Umami Information Center, il gusto umami corrisponde al sapido, da non confondere con il salato: un sapore intenso, piacevole, soddisfacente, derivante da un particolare elemento presente soprattutto nella carne, nel pesce e nei prodotti caseari, oltre che in molte verdure. Motivo per cui spesso, l’umami, viene identificato con il “gusto delle proteine”.

La storia dell’umami: una scoperta del 1908 a partire dallo studio del dashi

Anche se è stato riconosciuto solo di recente, l’umami è stato scoperto molto tempo fa, nel 1908, dal giapponese Kikunae Ikeda, professore di chimica all’Università Imperiale di Tokyo. Durante alcuni sui studi, lo scienziato si concentro sull’analisi del dashi, bordo di pesce che è uno dei fondamenti gastronomici della cucina giapponese, fortemente saporito anche se preparato con soli tre ingredienti.

È così che Ikeda scopre l’umami, un gusto “saporito” (il significato letterario della parola giapponese) dovuto alla presenza di glutammato monopodico, che lo scienziato trovò nel katsuobushi (una bottarga di tonno che viene utilizzata in scaglie) nell’alga kombu, proprio gli ingredienti del dashi. Più avanti, quando lo studio dell’umami si è ampliato, è stato scoperto presente anche in altri fondamenti della cucina nipponica, tra cui i funghi shitake essiccati e il miso.

Nonostante la grande scoperta, ci sono voluti anni prima che l’umami fosse ufficializzato scientificamente come quinto gusto: basti pensare che solo nel 2012 si è riusciti a studiare e identificare i ricettori che ci permettono di percepire l’umami. E se qualcuno ha provato a controbattere che l’umami non faccia poi così bene, gli studiosi della Tohoku University del Giappone hanno dimostrato come l’insensibilità al glutammato porti perdita di appetito, perdita di peso e indebolimento fisico.

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Gusto umami: come lo percepiamo

Secondo la definizione ufficiale, l’umami è un “gusto sapido piacevole che viene dal glutammato e da diversi ribonucleotidi, tra cui inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari”. Si tratta, quindi, di un sapore molto piacevole per la nostra percezione, in grado di stimolare appetito e salivazione, ricco di gusto ma senzaessere salato o grasso. Non a caso, l’umami è un componente del latte materno, alimento che ci svezza e che per noi è fondamentale.

A differenza dell’amarodell’amaro e dell’acido, che sono segnali di pericolo per il nostro cervello, del dolce, fonte di energia, l’umami è percepito come cibo utile, un po’ come il salato, e quindi diventa piacevole per il nostro palato oltre che percepito come fondamentale dall'organismo per il suo funzionamento.

 

Trovandosi negli alimenti con un altro concentrato di proteine, fondamentali al nostro organismo, l’umami viene percepito come fortemente desiderabile, tanto che secondo gli studi la sua percezione non avviene solo sulla lingua, ma anche attraverso ricettori presenti nello stomaco. E quando i vari componenti dell’umami coesistono in uno o più alimenti associati, la percezione del gusto si moltiplica fino a otto volte del normale, creando un processo note come “effetto sinergico dell’umami”, come avviene nel caso del già citato dashi.

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Dove troviamo il gusto umami? Ecco gli alimenti in cui è più concentrato

Il dashi, composto da alga, schegge di pesce essiccato o funghi secchi, è un vero concentrato di umami, così come lo sono molti componenti della cucina giapponese. Eppure, al contrario di quanto possa sembrare, il quinto gusto non è appannaggio esclusivo del Giappone, anzi: sono tantissimi gli alimenti nostrani in cui se ne trova un’altra concentrazione.

L’esempio più lampante è il Parmigiano Reggiano, soprattutto se stagionato a lungo, oppure il pomodoro molto maturo, o ancora l’eccellente colatura di alici, primizia tutta italiana. E ancora, il gusto umami è riscontrabile in alimenti come il prosciutto crudo, il tonno, la carne di manzo, pollo e maiale, nei piselli, nelle cipolle, in asparagi, broccoli e rape, mais, funghi secchi e decine di altri ingredienti che usiamo quotidianamente nella nostra alimentazione.

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