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3 Marzo 2022 13:00

Tutto sul mole: l’anima “oscura” della cucina messicana

Una salsa risalente agli Aztechi che oggi ha decine di varianti, tante quanto sono gli ingredienti che la compongono: un esempio popolare è il guacamole. Arrivata fino a noi grazie a un frate, il mole è una delle delizie messicane dalla storia antichissima.

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Il mole è l'anima piccante della cucina messicana, una salsa tradizionale che contiene decine di ingredienti e che rappresenta un vero simbolo del Messico, al pari di tequila e mezcal. Vista la quantità di ingredienti, non c'è una sola salsa mole da cui poter attingere: le ricette cambiano a distanza di pochi chilometri e il termine stesso di "mole" può riferirsi a diversi tipi di salse messicane e sudamericane più in generale. Una preparazione che però ha degli elementi comuni imprescindibili: un mole deve avere come base principale il peperoncino e le spezie, elementi che vengono poi addensati con una pasta di mais. La preparazione è così importante che perfino la carne e le verdure stufate preparate con questa salsa e prendono il suo nome, come nel caso della ricetta del mole poblano.

L'uso del mole in Sud America affonda le radici nella cultura pre – ispanica: originariamente veniva offerto agli dèi come forma di offerta e penitenza durante le cerimonie di purificazione, ma anche in cerimonie che oggi considereremmo più "cruente".

Cos'è il mole: la differenza tra la tradizione e la contemporaneità

Per i messicani più tradizionalisti il mole è una qualsiasi salsa (o anche combinazione di ingredienti) a base di peperoncini e spezie. Nella cucina contemporanea messicana, invece, non bastano questi elementi: quello del mole è forse uno dei rarissimi casi della cucina mondiale in cui la contemporaneità è più "rigida" della tradizione. Pensiamo ad esempio al nostro concetto di carbonara, che oggi si ritrova che oggi si trova in diversi piatti, basta che ci sia una salsa cremosa all'uovo: piatti che si possono assaggiare soprattutto in trattoria o in ristoranti contemporanei. In Messico avviene esattamente il contrario: se nei ristoranti di cucina d'autore si tende a codificare molto la ricetta, nei ristoranti tradizionali c'è più varietà e "apertura".

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Nei ristoranti gourmet messicani, grazie a una fucina di giovani chef molto preparati e ossequiosi delle proprie radici, sul mole c'è stata una ricerca molto particolare: hanno appunto "codificato" questa salsa, riducendo l'enorme vastità di tipologie a "sole" 50 tipologie di mole. La più comune è la versione rossa, molto celebri sono quelle verdi, e gialle. Tra queste 50 tipologie ce n'è una che conoscono tutti: il guacamole. Il nome della celebre salsina portata in Europa dalla cucina tex-mex si può tradurre letteralmente con "mole di avocado".

La storia del mole è più vecchia del Messico stesso

La storia del mole (e la storia del Messico più in generale) la conosciamo grazie a un frate mingherlino cresciuto a Salamanca e arrivato nel Nuovo Mondo per una missione umanitaria: Bernardino de Sahagún, l'autore della "Historia general de las cosas de Nueva España", un'opera scritta tra il 1540 e il 1585. Il trattato è un vero monumento etnografico, composto da dodici libri, che difficilmente ha precedenti paragonabili: descrive minuziosamente le tradizioni delle zone incontaminate della nazione e i primi anni dei Conquistadores.

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Tra le usanze descritte ci sono anche le cerimonie di Moctezuma II, il sovrano che ha portato l'Impero azteco al suo massimo splendore. Durante le feste, i sudditi, offrivano al re una salsa di peperoncino chiamata chilmulli o chilmole. Nel corso dei volumi, il frate si riferisce alla salsa sempre con la parola "mulli", un piatto offerto anche alle divinità in segno di gratificazione dopo i lunghi viaggi.

Per circa un secolo non ci sono più resoconti sulla cucina preispanica: la seconda testimonianza la troviamo a Puebla, una città nella zona meridionale del Messico. Suor Andrea de la Asunción, nel convento di Santa Rosa, avrebbe offerto una salsa a base di peperoncini a Tomás Antonio de Serna, un viceré spagnolo di passaggio nel capoluogo.

Attorno a questa visita è nata una vera e propria leggenda che avrebbe un fondo di verità ma che non sarebbe attendibile al 100%. Si narra che Juan de Palafox, arcivescovo di Puebla, fosse una persona davvero esigente in cucina e che il cuoco della diocesi, frate Pascual, subisse molto questa pressione.

Pare che durante una festa il cuoco si ritrovò ad ammucchiare un numero spropositato di ingredienti su un vassoio da riporre in credenza e che, preso dalla foga, fosse inciampato nei pressi dei fornelli col vassoio in mano. La caduta avrebbe portato numerosi frammenti di peperoncini, spezie, cioccolato e quant'altro nella pentola, "rovinando" la portata brodosa. Purtroppo, a causa dei tempi stretti e delle ormai poche risorse, Pascual lasciò la postazione con l'ordine di servire comunque quella salsa, e si mise in disparte a pregare con tutte le sue forze. Il frate venne poi "svegliato" da una sorta di trance dopo il servizio del pranzo: nei suoi sogni tutto era andato per il meglio, le preghiere erano state accolte e la salsa incidentata aveva conquistato tutti i commensali.

La leggenda è così sentita in Messico che ancora oggi nelle zone meridionali del Paese, chi ha fretta in cucina invoca l'aiuto del frate: "Fra Pascual, atiza mi fogón", ovvero "fra Pascual, accendi la mia stufa". In alcune zone il "Pascual" citato non fa più riferimento al frate ma addirittura a San Pascual Baylon, un santo molto venerato nella cultura cattolica e, curiosamente, connazionale, collega e contemporaneo di Bernardino de Sahagún, l'autore che ha fatto giungere la storia del mole fino a noi.

Il mole: il genio di Enrique Olvera gli abbinamenti più classici

A differenza di quanto potrebbe sembrare, la salsa mole non è difficile da cucinare e può essere utilizzata anche nella cottura di una qualsiasi carne o verdura, ma solitamente viene associata a pollo o tacchino. Altro abbinamento molto azzeccato è con il riso, sia in bianco sia condito: i sapori si mescolano quando mangi tutti gli ingredienti insieme, creando un mix gustosissimo.

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Il Mole Madre di Enrique Olvera | Foto di 50 Best Restaurant

Abbiamo parlato di "giovani chef" che hanno codificato la salsa mole ed è grazie a loro se oggi c'è un tale rispetto per l'ingrediente: la prima è stata Zarela Martinez, un'importantissima cuoca che è riuscita a imporre la cultura gastronomica messicana in America dopo aver studiato da alcuni dei migliori chef a stelle e strisce, diventando prima una chef e poi una scrittrice di grande successo; altro esempio è Jorge Vallejo, una delle nuove leve della cucina messicana; in mezzo c'è colui che ha portato la tradizione gastronomica di questa nazione fuori dai confini, ovvero Enrique Olvera. Nessuno più di lui ha dato un'impronta di tale livello al mole e, più in generale, alla cucina messicana tutta. Si tratta anche del primo chef a mettere in un menu d'alta cucina le tortillas, i burritos e ovviamente il mole: non una salsa qualsiasi ma il celebre "Mole madre", una preparazione che richiede anni di lavoro per un piatto vivo e che viene servito seguendo "l'invecchiamento" della portata.

Secondo Olvera "il mole è un'espressione affascinante, barocca, laboriosa e complessa, capace di fondere infiniti elementi in nuovi sapori". Lo chef ha elevato questa preparazione, riuscendo a trasformare una salsa densa e scura in una sorta di pasta madre: il mole di Olvera al ristorante Pujol può avere due o tre anni, ed è continuamente rinfrescato da altri mole più giovani. Il piatto è presentato solo con la salsa, un insieme di dischi concentrici che citano il calendario azteco, una perfetta metafora del tempo e del suo agire tutta in un piatto dall'incredibile sapore.

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Quello che i piatti non dicono
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