Sono in molti i ristoratori nipponici che non consentono l'accesso ai locali se non si parla in giapponese: ma perché? Tanti stranieri la considerano come un'azione discriminatoria, vediamo se effettivamente è così.
Nell'ultimo decennio il turismo estero verso il Giappone è cresciuto a dismisura. Il Paese del Sol Levante ogni anno attira milioni di visitatori pronti a immergersi nella tipica atmosfera culturale tra anime, manga, templi, tecnologia e cucina di alto livello. Una cosa che tanti turisti hanno notato, una volta sbarcati, è che l'interazione con gli abitanti è molto difficile e ciò è dovuto a una scarsa comprensione della lingua inglese. Per questa motivazione andare a mangiare nei ristoranti, soprattutto in quelli più "fuori mano", può risultare complesso in quanto il personale potrebbe non conoscere lingue straniere. Un problema che in patria risolvono semplicemente apponendo un cartello all'ingresso con su scritto: "Solo chi può parlare in giapponese è benvenuto". Questo sostanzialmente indica che chi non è capace di parlare la lingua del posto, non si potrà accomodare in quel ristorante. Sono tantissimi i turisti adirati che gridano alla discriminazione.
Il fatto di trovare cartelli del genere all'esterno di alcuni piccoli ristoranti è una cosa che, con l'alzamento del livello turistico, è diventata sempre più comune. Arrivati a questo punto è giusto domandarsi quali siano le reali cause che spingono i ristoratori locali (e non solo) a fare questo? Per dare una risposta concreta al fenomeno, ci serviremo di un'intervista realizzata dal Bengoshi JP News, quotidiano nipponico, a Daisuke Sugiyama un avvocato che si occupa di cause inerenti al turismo nel Paese.
"Molti ristoratori, che appongono i cartelli, non lo fanno per discriminare il turista – spiega Sugiyama – loro vogliono solo che l'attività proceda bene senza incorrere in qualche incomprensione con lo straniero". L'avvocato chiarisce che, dal momento che nel Paese c'è un effettivo "problema" con l'inglese, il personale dei locali che parla altre lingue scarseggia. Per questa motivazione, per evitare disguidi generici insuperabili a causa della barriera linguistica, si sceglie la via più semplice permettendo solo a chi parla in giapponese di accomodarsi in quello specifico locale.
Alcuni esercenti dei ristoranti, secondo l'avvocato giapponese, potrebbero aver avuto esperienze negative con i turisti in passato. Dei chiari esempi potrebbero essere il mancato rispetto delle regole, schiamazzi che disturbano la quiete del vicinato o difficoltà con il pagamento. In Giappone esiste una pratica, insolita in molte parti del mondo, chiamata otoshi o cover charge. Sostanzialmente, per comodità, la paragoneremo al nostro "coperto". L'otoshi è un piccolo pagamento aggiuntivo che può andare dai 5 ai 10 euro (dipende dai locali, spesso accade negli izakaya) in cui si paga una "tassa del servizio e occupazione del posto". Per giustificare questa spesa solitamente viene offerto un piccolo spuntino nell'attesa della portata principale.
"Può essere discriminatorio, ma non è illegale", puntualizza Daisuke Sugiyama. L'avvocato spiega che non c'è nessuna legge in Giappone che obblighi i ristoratori a servire i clienti in inglese o in cinese, per cui non far accomodare qualcuno che non parli la lingua del posto non è ritenuta un'azione illegale. "Chi fa business di questo tipo deve andarci piano – spiega Sugiyama – se vengono rifiutati alcuni clienti non solo per la lingua parlata ma per la loro nazionalità, si rischia di violare il 14esimo emendamento della Costituzione giapponese. Questa cosa viola inoltre la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, di cui il Giappone è firmatario".
L'avvocato spiega che un ristorante di Shin Okubo (quartiere coreano di Tokyo, ndr) una volta varcò il limite apponendo cartelli all'esterno del locale che vietava ai cinesi e ai coreani di entrare. Sostanzialmente nel Paese nipponico non c'è una legislazione per i diritti civili che punisca esplicitamente i privati che commettono attività discriminatorie. Quindi, a differenza di altri Paesi occidentali, non esiste una legge che vieti ai ristoratori di rifiutare clienti in base alla nazionalità o alla lingua parlata.
Per concludere, come ha spiegato l'avvocato, il problema alla base del comportamento di alcuni ristoratori giapponesi è, nella stragrande maggioranza dei casi, la carenza dell'inglese e la "paura" di non riuscire a risolvere eventuali malintesi. Le esperienze negative passate possono averli portati a una reticenza generale per cui si preferisce far filare il proprio business in maniera liscia senza dover incorrere in qualche incomprensione con il turista.