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9 Novembre 2023 12:40

Questione gianduiotto spiegata bene: una multinazionale può bloccare un progetto italiano?

Il gianduiotto è un prodotto che dovrà diventare Igp a prescindere dal volere di Lindt. Abbiamo parlato della faccenda con alcuni dei protagonisti principali della questione: Guido Castagna, Pietro Gobino e Antonio Borra.

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Ci sono i comitati e gli artigiani da un lato, i colossi dell'industria dall'altro: sembra un film hollywoodiano ma è la realtà che sta investendo il gianduiotto e il suo riconoscimento del marchio Igp. La questione è delicata perché si tratta di uno dei cioccolatini più venduti e famosi al mondo, con un giro d'affari di 200 milioni di euro. Un simbolo dell'Italia e del Piemonte, proprio per questo la denominazione "Giandujotto di Torino" vuole arrivare ad essere protetta dalla sigla dell'indicazione geografica. Purtroppo però questo progetto è in fase di stallo "perché il Gruppo Lindt si oppone", secondo il segretario del comitato del Gianduiotto di Torino Igp, Antonio Borra. Vediamo di mettere ordine in questa faccenda insieme ai protagonisti.

La questione del gianduiotto Igp spiegata passo passo

"Il gianduiotto si fa con tre ingredienti: nasce nel 1865 impastando il cacao e lo zucchero con la famosa nocciola Tonda Gentile del Piemonte, rinomata per la sua qualità" ci dice Antonio Borra, avvocato e segretario del comitato. Il disciplinare Igp vuole quindi prevedere l'utilizzo di "Nocciola Piemonte Igp tra il 30% e il 45%, zucchero e massa di cacao" ma questa cosa non sta bene a Lindt che chiede invece presenza di nocciola per massimo il 26% e aggiunta di latte in polvere. Oltre agli ingredienti è necessario che i cioccolatini "siano prodotti e incartati, almeno nel primo incarto, sul territorio piemontese. Il confezionamento delle scatole può essere fatto anche altrove. Abbiamo deciso di non limitare la geolocalizzazione alla sola città di Torino e provincia perché negli anni tanti torinesi produttori si sono spostati in altre province e ci sembrava scorretto eliminarli".

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Questa cosa non sta bene alla Lindt che vuole aggiungere il latte in polvere. Ma cosa c'entra la Lindt in questa faccenda? Il cioccolatino è stato inventato nel 1865 da Caffarel, storica azienda torinese di Luserna San Giovanni, che nel 1997 è stata acquistata proprio dal gruppo svizzero. La Lindt rivendica quindi l'invenzione del gianduiotto e vuole avere voce in capitolo sull'istituzione della Igp. La multinazionale da 5 miliardi all'anno ha ancora lo stabilimento produttivo in provincia di Torino e quindi non vorrebbe perdere un treno che, come ci dice Pietro Gobino, potrebbe essere fondamentale perché "la Igp posiziona meglio il prodotto, può aiutarlo all'estero dimostrando ai clienti di essere un prodotto di qualità. Per fare questo serve un disciplinare piuttosto serrato. Pensa al barolo: quando usi questa parola sai che berrai un vino fatto in un certo modo e questo aiuta molto quando sei sul mercato". Gobino, figlio del maestro Guido e responsabile della strategia online dell'azienda, ci tiene a questo riconoscimento importante "perché siamo cioccolatai di Torino, città famosa per la gianduia, il cioccolato alla gianduia e il gianduiotto è l'espressione più pura di questa caratteristica".

Per questa ragione Borra dice di "voler mettere la ricetta al servizio della collettività, non di una sola azienda" ma ci tiene a sottolineare che chi produce gianduiotti con la propria ricetta "potrà continuare a farlo. Lindt potrebbe fregiarsi dell'Igp se decidesse di realizzare i gianduiotti secondo il disciplinare".

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foto dalla pagina Facebook di Cirio

Per il momento l'azienda svizzera non risponde, neanche alle nostre richieste di chiarimento, ma se dovesse continuare a fare muro allora "ci attendiamo una decisione forte da parte del Ministero che dovrà per forza di cose prendere una posizione" dice Borra. Questa posizione dovrebbe arrivare anche perché il ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida, è intervenuto durante un incontro in Regione Piemonte per sostenere la candidatura. Lo stesso governatore Alberto Cirio ha ribadito che il "gianduiotto è un prodotto di tutto il Piemonte e non di un’azienda. Per questo la Regione è al fianco del comitato che chiede a Bruxelles il riconoscimento del Gianduiotto Piemonte Igp".

Il rapporto tra i piemontesi e questo cioccolatino lo conferma anche Guido Castagna, torinese di Giaveno e uno dei più importanti cioccolatieri d'Europa, che ci tiene così tanto al riconoscimento: "È un prodotto storico. È stato il primo surrogato della storia del cioccolato perché ci mischiarono la nocciola Piemonte, che all'epoca era un prodotto scadente mentre oggi è un'eccellenza che dà tanti posti di lavoro in regione". Castagna non ne fa una questione meramente storica "anche perché con il tempo la lavorazione è cambiata. Il gianduiotto ha avuto un'evoluzione tecnica ma la ricetta è ancora quella originale". Una questione molto delicata dunque su cui interviene perfino l'Unione Europea.

Cosa dice l'Unione Europea in merito alla questione gianduiotto

"Il Gianduiotto è nato qui e il suo legame con questa terra è un valore da riconoscere e tutelare" dice Alberto Cirio in merito all'incontro con Janusz Wojciechowski, Commissario Ue per l'Agricoltura, che poi sul sito ufficiale della regione afferma di essere certo "oggi anche più di ieri della correttezza delle proprie istanze a tutela del proprio territorio. Il riconoscimento Igp non vuole essere un marchio commerciale, ma uno strumento per garantire questa eccellenza dolciaria come patrimonio comune di tutto il Piemonte e dei cioccolatieri che vorranno seguire la ricetta autentica".

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L’incontro online con il Commissario Ue

Il commissario Wojciechowski ha ringraziato la Regione per aver segnalato questa problematica e ha assicurato che nel rispetto delle regole europee in tema di tutela delle denominazioni farà tutto ciò che è in suo potere per difendere il legame tra i marchi dei prodotti e la loro città o Regione d’origine.  Il prossimo passo sarà un incontro dal vivo con Lollobrigida insieme ad esperti di giurisprudenza in materia di Doc, Docg, Igp e Dop.

Il latte nel gianduiotto è davvero una mossa così "malvagia"?

"Io non dico che col latte nella ricetta il gianduiotto sia più o meno buono" dice Pietro Gobino che poi prosegue specificando il suo punto di vista sulla situazione: "Per me assecondando le richieste di Lindt si creerebbe un disciplinare che non rispecchia la realtà dei fatti, andando a tutelare un prodotto che non è reale". Non è una questione di giusto o sbagliato dunque, semplicemente "un disciplinare più lasco e non totalmente corrispondente a com'è nato il gianduiotto non s'a da fare" conclude Gobino.

Dello stesso avviso l'avvocato Borra che dice di voler superare "le contestazioni di Lindt. Per noi è inaccettabile perché il latte in polvere è un'introduzione avvenuta successivamente, noi invece vogliamo integrare la ricetta originale".

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Per Guido Castagna non è neanche una questione di scelta: "La Igp ha dei paletti, sono richieste dall'alto che vanno accettate, a prescindere da ciò che vogliamo noi". In effetti l'Indicazione Geografica Protetta è un "marchio d'origine attribuito dall'Unione Europea ai prodotti agricoli e alimentari con una determinata qualità, reputazione o ulteriore caratteristica dipendente dall'origine geografica" quindi un disciplinare stringente è un obbligo UE, non solo per volontà dei cioccolatai.

Ma il latte influisce davvero così tanto? Secondo i pasticcieri coinvolti, assolutamente sì. Per Castagna "c'è sia una questione storica, perché all'epoca il latte in polvere non esisteva" ma è soprattutto una questione gustativa. Il cioccolatiere fa un esempio: "È come se avessimo davanti tre caffè espressi con delle miscele pregiate all'interno e ci mettessimo del latte. Sarebbe un caffè macchiato, non sarebbe più un espresso". Secondo Guido Castagna il problema non è neanche tanto il latte in realtà "ma la contestazione più forte che facciamo è la percentuale richiesta". Il disciplinare Igp del gianduiotto prevede Nocciola Piemonte Igp 30-45%, zucchero, massa di cacao, Lindt vuole il 26% di nocciola e l'aggiunta latte in polvere. Questa percentuale "è elevatissima. Il 10% è troppo. Noi chiamiamo questa indicazione una ‘Igp al quadrato‘ perché è la prima Igp europea ad essere formata da un'altra Igp. Dobbiamo quindi usare queste nocciole, lo zucchero a scelta tra bianco e grezzo perché la molecola e la stessa e una qualsiasi forma di cacao. Ci sono addirittura tre ingredienti extra che possono essere utilizzati: lecitina di soia, sale e vaniglia. Li abbiamo ammessi perché possono avere percentuali sotto l'1%, di pochi decimi, ad esempio ‘0,2%‘. Potremmo fare lo stesso con il latte, alzandolo anche fino all'1% ma non il 10% come richiesto".

La multinazionale svizzera vuole aggiungere il latte, secondo Castagna, "per una questione di costi. Il latte aiuta, stabilizza e standardizza il prodotto industriale. Non aumenta la shelf life, anzi, il latte irrancidisce più velocemente, ma sicuramente influisce sulla qualità anche perché parliamo di latte in polvere, quindi concentrato, e non di latte fresco.

Cosa vuole Lindt e cosa può fare per impedire il riconoscimento

"L'azienda vuole avere potere decisionale sulla ricetta e sul nome" ci dice Antonio Borra. Infatti Lindt vorrebbe che questa denominazione si chiamasse "Giandujotto di Piemonte" e non "Giandujotto di Torino Igp". Oltre a questo vuole introdurre il latte in polvere e abbassare la percentuale di nocciole. Tra l'altro proprio su questo punto dibatte anche contro "se stessa": al momento i gianduiotti Lindt hanno una percentuale di nocciole del 28%, ora la vogliono al 26%.

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La differenza tra il disciplinare e la richiesta Lindt sarebbe colmata dal latte in polvere che renderebbe il prodotto molto più dolce e grasso. Inoltre il gianduiotto ha la forza di poter essere mangiato anche dagli intolleranti al lattosio, in questo modo questa forza andrebbe ad essere annullata. Altro punto dibattuto, stando a quanto scrive Repubblica, sta nella forma del prodotto. Lindt vuole mantenere l'immagine della barca rovesciata, cosa prevista anche nel disciplinare, ma non vorrebbe limiti al peso. L'Igp invece vuole un gianduiotto che va dai 4 ai 16 grammi al massimo. Lindt a tutto questo non ci sta perché rivendica la titolarità del marchio, affermando che il gianduiotto è stato inventato proprio dalla Caffarel nel 1865.

Facciamo presente che a prescindere dall'esito, l'azienda potrà continuare a chiamare il proprio cioccolatino "gianduiotto", l'unica penalizzazione sta proprio nel non poter dire di fare un prodotto Igp.

La sorprendente risposta di Caffarel

È arrivata la risposta di Caffarel che un po' a sorpresa si discosta dalla casa madre dicendo di riconoscere "l’importanza dell’iniziativa del Comitato del Giandujotto di Torino volta a valorizzare la riconoscibilità di uno dei prodotti più caratteristici della tradizione dolciaria torinese, introducendo un’indicazione geografica protetta (IGP). Per questo motivo Caffarel, parte di Lindt & Sprüngli Italia, non si è opposta alla proposta di IGP e, al contrario, si è sempre impegnata per la ricerca di un accordo di valore".

L'azienda sottolinea la valenza storica del prodotto, del marchio Caffarel e del suo cioccolatino di punta, Gianduia 1865: "L’autentico Gianduiotto di Torino ancora oggi viene prodotto nello storico stabilimento di Luserna San Giovanni, in provincia di Torino, utilizzando l’antico metodo dell’estrusione e solo con nocciole Piemonte IGP. Il Gianduiotto rimane il prodotto di punta del brand Caffarel che lo distribuisce in Italia e all’estero, generando valore per l’economia nazionale e per l’immagine dell’Italia nel mondo. A ulteriore testimonianza della lunga tradizione che caratterizza il brand, nel 2022 Caffarel e ‘Gianduia 1865. L’autentico Gianduiotto di Torino' sono stati inseriti nel Registro speciale dei Marchi storici di interesse nazionale, curato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy per valorizzare le eccellenze italiane registrate da almeno cinquant’anni e storicamente legate al territorio".

Dal comunicato stampa non è ben chiara la posizione nei confronti di Lindt ma, a quanto pare, Caffarel accetterebbe il disciplinare così com'è stato proposto o quasi: "Caffarel ribadisce che la propria volontà è sempre stata quella di identificare un accordo di valore, e auspica che si possa presto giungere a una soluzione comune, che soddisfi tutte le parti coinvolte riguardo alla denominazione dei propri prodotti".

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