
C'è chi lo versa con generosità e chi lo misura al millilitro per non sprecarlo, ma sono in pochi quelli che sanno cosa c'è davvero dietro la produzione di olio extravergine di oliva e quanto dovrebbe costare realmente. Da qualche anno viviamo in una sorta di paradosso dove i supermercati sono diventati una giungla di etichette, origini e prezzi. L'olio di oliva è un settore che corrisponde a una materia molto delicata e complessa da trattare e forse, proprio per questo, ci sono ancora prezzi discordanti da bottiglia a bottiglia.
Ci sono oli extravergini che costano quasi meno di un litro di benzina e altri che, per mezzo litro, superano i 15 euro. Com'è possibile questa cosa? Perché c'è una forbice di prezzi così ampia quando parliamo dello stesso prodotto e soprattutto con la stessa dicitura "extravergine"? Dov'è la verità? Sono solo alcune delle domande che abbiamo fatto a chi, ogni giorno, ha a che fare con l'olio: chi lo produce, chi lo vende e chi lo analizza.
Abbiamo iniziato con Nicolangelo Marsicani, frantoiano e anima appassionata dell'olio campano, poi siamo passati a Massimo Ambrosio, produttore e custode di un modello agricolo di pura eccellenza. La terza voce in gioco è stata quella di Giampaolo Farchioni, direttore commerciale e proprietario di Farchioni, fino ad arrivare a Indra Galbo, giornalista e capo panel di Gambero Rosso. L’olio, si sa, è uno dei simboli della nostra identità gastronomica, un ingrediente che dà senso alla cucina mediterranea. Eppure, proprio come succede per il vino, dietro ogni bottiglia si nasconde un mondo di pratiche, differenze qualitative e scelte produttive che non sempre il consumatore riesce a decifrare. Le loro risposte ci raccontano di un'Italia olearia divisa ma complementare. Tra passione, numeri e un grande assente all'appello: la cultura generale della materia che, secondo tutti gli intervistati, manca a gran parte degli italiani.
Partiamo subito col dire che la risposta più quotata per un olio extravergine di qualità è fra le 12 e le 15 euro, mai meno di 11 euro. Non tutti ci hanno risposto in maniera netta e fra poco scoprirete perché.
"In Italia si deve fare cultura dell'olio": l'opinione di Nicolangelo Marsicani
L'olio prodotto da Nicolangelo Marsicani è di una qualità eccezionale. Proprietario del frantoio Marsicani nella piccola Sicilì di Morigerati, in provincia di Salerno, nel 2024 è stato riconosciuto come "Frantoio dell'anno" dalla guida Gambero Rosso. Diretto e appassionato, ci ha spiegato la situazione con il tono di chi vive il suo lavoro come una specie di missione. "In Italia non c'è cultura dell'olio – puntualizza Marsicani – gran parte della gente non sa distinguere un olio vergine da un extravergine e, finché sarà così, continueremo a comprare bottiglie scadenti solo perché costano di meno".

Ha raccontato che ci sono oli che si spacciano per extravergini ma che in realtà non sono tali e, anzi, vengono introdotti nel mercato come difettati. "La normativa, molto spesso, non riesce a intercettare le frodi – dice – il mercato è pieno di queste storie e tutto ciò rovina chi invece lavora onestamente e per bene". Per lui un olio senza difetti, non può costare meno di 12 o 15 euro.
"Dietro c'è un lavoro enorme – spiega – cura dei campi, difesa delle piante, raccolta a mano, frangitura immediata. Due anni fa ho speso duemila euro per proteggere i miei uliveti, quest'anno sono arrivato a ottomila euro. Come facciamo a pensare che un litro di olio valga solo 5-6 euro?".
La sua riflessione si apre anche alla società contemporanea andando contro a chi è disposto a pagare oltre 20 euro per un aperitivo, o cambiare cellulare ogni anno, ma non a spendere 15 euro per un olio che ci nutre tutti i giorni. "Purtroppo gran parte del mio business è fuori dall'Italia – dice Marsicani – lavoro tra Brasile, Cina e Stati Uniti. Lì le persone studiano, assaggiano, vogliono capire il prodotto. In Italia si è perso il senso del valore. Bisogna ripartire dall'educazione, far capire che l'olio non è un semplice condimento, ma un alimento nobile della Dieta Mediterranea".
“Un olio buono non ti lascia la bocca unta”: la lezione tecnica di Indra Galbo
La parola passa ora a Indra Galbo, giornalista e capo panel di Gambero Rosso, che da anni si occupa di degustazione e formazione sensoriale sull'olio. Il suo approccio è tecnico ma è capace di farsi capire anche dal consumatore comune. "Se parliamo di olio extravergine 100% italiano – dice Galbo – non può costare meno di 11 – 12 euro al litro. Sotto questa soglia, o si scende di qualità o si lavora in perdita". L'esperto mette ordine tra i fattori che determinano il prezzo spiegando, come gli altri intervistati, che ci sono costi fissi che variano da regione a regione. "Un olio del Garda costerà sempre di più rispetto a uno pugliese, perché la produzione è minore. È la legge del mercato, dove c'è meno offerta, i prezzi salgono".
Indra Galbo, oltre a una questione di prezzi e produzione, ha individuato anche un nodo culturale. "In Italia – spiega – l'olio è percepito come un bene scontato, quasi obbligatorio da avere nella propria cucina. Rispetto al vino, manca tutta la parte edonistica rappresentata dall'alcol. Quest'ultimo viene invece trattato con curiosità, studio e cultura. L'olio non viene considerato come un prodotto da assaggio o da scoperta". L'esperto cita l'esempio della Spagna, primo produttore mondiale, che tre anni fa ha visto la propria produzione dimezzata per motivi climatici. "Quella crisi – sottolinea Galbo – ha avuto ripercussioni globali e ha rivelato quanto il mercato dell'olio sia in realtà fragile e interconnesso. Ma ha anche mostrato che il valore della qualità può resistere solo se c’è consapevolezza".

Per il panel leader la chiave di volta deve essere la cultura del prodotto che, come sottolineato da tutti gli interlocutori, in Italia manca alla gran parte delle persone. "Bisogna far assaggiare l'olio alla gente – propone – farlo conoscere nelle fiere, nei ristoranti e nelle scuole. Solo attraverso l'assaggio si capisce il reale valore di questo prodotto". Infine "regala" anche una piccola lezione sensoriale da provare per capire se l'olio è buono. "Vuoi capire se un prodotto è di qualità o meno? Fai lo strippaggio: chiudi i denti e tira dentro aria, nebulizzando l'olio sul palato. Se è di qualità, non lascerà la bocca unta, ma fresca, con note di pomodoro, erba tagliata, carciofo, mandorla. L'olio buono non copre, esalta".
"Rifiutiamo la logica del prezzo": la filosofia di Massimo Ambrosio
Alla Fattoria Ambrosio di Salento, piccolo comune nel Salernitano, il prezzo dell'olio non corrisponde a una formula matematica, ma a una questione di filosofia del prodotto. Massimo Ambrosio, imprenditore agricolo e produttore di un olio di qualità, tra i migliori in Campania, lo dice con estrema franchezza. "La domanda su quanto dovrebbe costare un litro di olio extravergine per me ha poco senso. Noi non siamo un distributore di carburante, né vendiamo l'olio al litro: noi vendiamo emozioni gustative, esperienza e identità". Il produttore quindi rifiuta la cosiddetta logica del prezzo, raccontandoci che per lui l'olio non deve essere pensato sotto forma di quantità, ma come una qualcosa di qualitativamente sensoriale.

"Il nostro prodotto non è una commodity – spiega – non serve solo ad aggiungere grasso ai piatti, li completa e regala sensazioni che fanno parte della memoria gustativa del Mediterraneo. Insomma segue una logica differente dall'olio industriale e dai prodotti privi di valori sensoriali". Dietro questa visione però c'è una consapevolezza molto concreta perché ci spiega che i costi variabili (raccolta, molitura, energia) sono aumentati. "Questi incidono meno dei costi fissi – puntualizza Ambrosio – la differenza tra olio industriale e artigianale sta nello studio del prodotto, nella ricerca e negli investimenti tecnologici. La Gdo utilizza spesso l'olio come prodotto civetta. Significa che attira i consumatori con prezzi irrisori e offerte di marketing aggressivo diseducandoli dal prodotto".
Massimo Ambrosio vede il futuro dei piccoli produttori capaci di coalizzarsi in piccoli gruppi e formare un'alternativa alle grandi aziende. Queste, pur essendo concorrenti, operano comunque verso obiettivi comuni. "La filiera dell'olio – spiega – presenta una divisione tra due mondi: l'olio premium che si distingue per qualità e percezione del consumatore, e l'olio commerciale, il cui valore dipende dalla provenienza geografica. Le riforme dovrebbero puntare ancora di più sulla trasparenza, tracciabilità e contrasto alle frodi alimentari".
“Il prezzo deve raccontare la filiera”: la visione industriale di Giampaolo Farchioni
Nella nostra inchiesta non poteva mancare anche la voce di chi invece produce oli destinati alla grande distribuzione. Dall'altra parte del mercato c'è Giampaolo Farchioni, direttore commerciale e proprietario di Farchioni Olii, una delle realtà più consolidate della Gdo italiana. Secondo Farchioni c'è bisogno di una lettura più pragmatica della questione, ma non per questo meno sensibile alla qualità. "Noi ci troviamo in una posizione unica – spiega – siamo a metà tra artigianalità e industria. Abbiamo oltre 800 ettari di uliveti e tre frantoi di proprietà in Umbria, Toscana e Puglia, qui produciamo anche tre Dop selezionate. La nostra forza è la tracciabilità totale, dal campo alla bottiglia".

Per Giampaolo Farchioni, parlare di un giusto prezzo dell'olio è sostanzialmente impossibile. "Posso dire che il mercato è complesso – puntualizza – le oscillazioni dei prezzi dipendono da tante cose: clima, rese, inflazione, costi energetici e logistici. Dietro ogni litro di olio ci sono mesi di lavoro, controlli, bottiglie e tappi. Sotto una certa soglia, quel prezzo che puoi trovare al supermercato poi non copre più nulla". Come ci spiega, l'Italia ha una struttura produttiva abbastanza diversa da quella degli altri paesi. "Il nostro territorio è frammentato – racconta Farchioni – tra colline e montagne c'è produzione, questo è vero, ma la resa è molto bassa e la raccolta è manuale. Non possiamo produrre a costi spagnoli o di altri paesi produttori. Eppure, questa complessità è la nostra forza perché ci rende unici e autentici".
Per quanto riguarda i consumatori, Giampaolo Farchioni lancia un messaggio controcorrente: "Si dice che gli italiani non vogliano spendere per l'olio, ma non è vero. I dati di vendita smentiscono tutto ciò. Tra i nostri prodotti, ce n'è uno con un prezzo che si attesta nella fascia media-alta, che è tra più venduti in assoluto in Italia. Quando il consumatore percepisce trasparenza e autenticità, è disposto a pagare di più". L'ultimo nodo resta quello delle promozioni e del marketing aggressivo dove spiega che non è il male in sé, ma che va gestito con moderazione. "Se l'olio viene continuamente svenduto – dice Farchioni – si distrugge la percezione del suo valore reale. Il nostro obiettivo è far capire che dietro a un prezzo equo, c'è un lavoro reale, una filiera che resiste. Solo così il prezzo diventa un messaggio di rispetto".
Tiriamo le somme
Dopo aver ascoltato le voci degli esperti, per quanto riguarda un argomento parecchio "spinoso", è giusto tirare le somme e capire se c'è una verità di fondo al prezzo dell'olio. In realtà, è chiaro che non esista un solo (e unico) prezzo giusto per l'olio extravergine di oliva, specialmente se è al 100% italiano. Esistono però modi per apprezzarne e riconoscerne il valore, e ce lo ha spiegato chi vive questo settore ogni giorno. Marsicani parla di missione e di cultura da ricostruire; Ambrosio di emozione e artigianalità; Farchioni di equilibrio tra filiera e mercato; Galbo di tecnica e conoscenza.

Tutti però (più o meno) concordano che un olio extravergine italiano, autentico e di qualità, difficilmente può costare meno di 15 euro. Sotto quella soglia, inevitabilmente qualcuno pagherebbe il prezzo della non conoscenza dell'argomento e quel qualcuno sarebbero proprio i produttori e la terra stessa. Come ci hanno raccontato, forse più che chiedere "quanto dovrebbe costare", dovremo iniziare a pensare a "quanto vale". Solo quando impareremo a riconoscerne il valore, l’olio tornerà a essere ciò che è sempre stato: il vero oro verde d’Italia.