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Momento gioviale per stare in compagnia, occasione sociale che apre la serata: il momento dell’aperitivo è una piacevole consuetudine per gli italiani, che lo amano a tutte le età e in qualsiasi stagione. Non si tratta solo di sorseggiare un buon drink o di spizzicare tra invitanti stuzzichini salati, o di trovarsi un ambiente piacevole e accogliente: si tratta di passare qualche ora piacevole e leggera, occasione per scambiare due chiacchiere e rilassarsi, ma in modo meno impegnativo rispetto a una cena intera.
Insomma, l’aperitivo lo amano proprio tutti. E l’happy hour o l’apericena? Sono ugualmente momenti di tendenza ma attenzione: sebbene i tre termini vengano spesso usati come sinonimo, aperitivo, happy hour e apericena non sono la stessa cosa e presentano differenze sostanziali. Per esempio l’aperitivo è più antico, nato alla fine dell’Ottocento come rito sociale pre-cena, quindi leggero e non abbondante, mentre l’happy hour, più recente (nacque nel 1920) è stato pensato per offrire con bevande, e in seguito cibo, a prezzi scontati, spingendo quindi i clienti a consumare molto.

E l’apericena? Una via di mezzo tra i due, che però sostituisce la cena vera e propria. Ecco quali sono tutte le differenze, storiche e gastronomiche, fra i i tre momenti conviviali entrati a far parte stabilmente delle nostre vite.
L’aperitivo, un rito sociale nato nell’Ottocento
Per come lo conosciamo oggi, il rito dell’aperitivo è nato nell’Ottocento a Torino ed è strettamente legato all’invenzione del vermouth, un aromatizzato nato proprio per "stimolare" l'appetito. La storia di questo momento conviviale, però, è molto più antica: è un’abitudine che risale addirittura all’antica Roma, come testimoniano alcuni reperti in cui si vede come i romani fossero soliti bere un composto di vino e miele prima dei pasti con l'intento di stimolare l’appetito. La parola "aperitivo" deriva proprio dal latino "aperire", ovvero "aprire", inteso come aprire lo stomaco per stimolare la fame.
Questo concetto assume una sfumatura medica e l’aperitivo diventa una bevanda data a chi stava male e soffriva di inappetenza fino al 1700, epoca in cui l’aperitivo passa da "medicinale" ad "appuntamento" trovando il suo compimento nel 1786, anno in cui Antonio Benedetto Carpano presenta al mondo il vermouth, un vino chinato con assenzio, erbe e spezie. Nel proprio bar torinese, Carpano serve degli shottini accompagnati da salatini e qualche oliva, un po' come oggi, ma all'epoca l'aperitivo era molto breve, un po' come la pausa caffè dei giorni nostri: una toccata e fuga prima del ritorno a casa o del ristorante.

È il Novecento l’epoca dell’aperitivo moderno, un periodo in cui il ritrovo sociale si diffonde in tutta Italia, Genova e Firenze, poi a Padova, Venezia e Milano, dove l’incontro con il Campari fa esplodere ulteriormente questo momento che diventa simbolo della bella vita nelle stazioni sciistiche lombarde. Nel corso del secolo si diffonde in tutta Italia, fino agli anni '90 dove c'è l'esplosione di una vera e propria aperitivo-mania che ci ha portati diritti diritti ai giorni nostri, in cui è un rito quasi doveroso "l'ape" del venerdì pomeriggio.
L’aperitivo oggi è declinato in decine di forme diverse, più o meno abbondanti, ma rimane comunque un momento pre-serale per stuzzicare l'appetito prima di cena, con un consumo moderato di alcol accompagnato da un buffet di cibi freschi e sfiziosi, ma generalmente leggeri. Perché è considerato un vero e proprio rituale? Nell’aperitivo il cibo e perfino i cocktail hanno quasi un ruolo secondario, perché la cosa importante è stare insieme.
L’happy hour, una moda più recente nata per marketing
L’happy hour è un’abitudine decisamente più recente che risale all’inizio del Novecento: vuol dire letteralmente “ora felice” in inglese ed è un concetto nato negli ’20 negli Stati Uniti, durante il Proibizionismo. Il termine era usato dai marinai americani per descrivere il momento in cui si divertivano con attività fisiche, come la boxe, per scaricare lo stress. Sulla terraferma questa tradizione si è poi ampliata a causa del Proibizionismo: l'alcol era bandito così le persone andavano negli speakeasy per bere qualcosa dato che in molti ristoranti mancavano gli alcolici.

L’happy hour come lo conosciamo oggi è un’evoluzione di questo momento di leggerezza e prende vita nel dopoguerra grazie ad alcuni pub inglesi: per cercare di attirare clienti nelle ore successive al lavoro, nella fascia tra le 17:00 e le 19:00, decisero di proporre cocktail e bevande alcoliche ad un prezzo molto scontato, a volte (ma non obbligatoriamente) accompagnati da stuzzichini gratuiti o a prezzi ridotti. Ecco che diventa chiara la differenza con l’aperitivo: l'happy hour è incentrato principalmente sul bere e meno sul mangiare e nasce per attirare clientela, incentivando gli avventori a consumare qualcosa anche da soli, senza quindi quel senso di condivisione tipico dell’aperitivo.
La strategia ebbe comunque un notevole successo e l’happy hour si diffuse prima nei Paesi anglosassoni e poi in tutto il mondo, assumendo caratteristiche diverse a seconda del Paese e della cultura locale. In Italia, ad esempio, l'happy hour ha coinvolto molto anche il cibo, creando dei veri e propri buffet gratuiti oltre che una vera confusione con l’aperitivo, anche perché gli orari combaciano.
Oggi la pratica dell’happy hour non è di moda come qualche anno fa, anche perché con il tempo la pratica ha assunto connotazioni negative, con prodotti sempre più scadenti che hanno portato questa tradizione a ridurre di moltissimo il proprio raggio d'azione. Oggi questa scontistica è sempre più ridotta e nella maggior parte degli Stati occidentali è ormai superata e desueta.
E l’apericena?
In tutto si inserisce una terza abitudine pre-cena che ha preso sempre più piede e che, ormai, è talmente diffusa che non la consideriamo nemmeno una novità: l’apericena. Questo è il fenomeno più recente dei tre, comparso verso la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 probabilmente ispirandosi alla “merenda sinoira”, una tradizione piemontese che prevede una merenda-cena con assaggi abbondanti che ricorda l'attuale apericena. I locali di Torino iniziarono a proporre una variante moderna e completa di questa abitudine regionale, idea che poco dopo fu abbracciata anche da Milano. L'imprenditore milanese Vinicio Valdo è considerato uno degli ideatori, avendo introdotto i buffet durante gli aperitivi per incoraggiare il consumo nel suo locale, portando all' "aperitivo alla milanese".

Attenzione a non confonderlo né con l’aperitivo né con l’happy hour: l’apericena è figlia di entrambi, ma comunque diversa da tutti e due. Come suggerisce il neologismo (diventato decisamente cool negli ambienti più mondani), l’apericena è una fusione di "aperitivo" e "cena", e indica un momento di convivialità serale in cui un aperitivo si trasforma in un pasto completo e informale, servito spesso tramite un ricco buffet con una varietà di stuzzichini, assaggi salati e dolci, ma anche veri e propri piatti come insalata di riso o pasta fredda.
Dall’happy hour, infatti, prende sia la presenza di bevande alcoliche e analcoliche, sia il prezzo vantaggioso per attirare i clienti che di solito è una tariffa fissa. Si tratta quindi di un’alternativa alla cena tradizionale o al classico buffet da ristorante: l’apericena è proprio caratterizzata da un’atmosfera dinamica, che permette di socializzare e mangiare con meno formalità ma non solo di stuzzicare, anzi di consumare un vero e proprio pasto. Proprio questo concetto di cena alternativa, ma allo stesso tempo abbondante e gustosa, ha portato l’apericena a diffondersi in tutta la penisola fino a diventare un trend di successo nella ristorazione e un'abitudine popolare tra i giovani e non solo.