È una delle più discusse tradizioni della gastronomia italiana, ma anche una delle più antiche e immortali: a Pasqua si mangia l’agnello. Ma ti sei mai chieste perché esiste quest’usanza? Da Achille al Nuovo Testamento, ecco tutto quello che c’è da sapere sul legame fra carne d'agnello e Pasqua.
È il simbolo per eccellenza della Pasqua, ma anche una delle tradizioni gastronomiche italiane più contestante e che crea maggiore scalpore: l’usanza di mangiare l’agnello a Pasqua è fortemente radicata nel nostro Paese, ma al tempo stesso fortemente osteggiata da animalisti, vegani, vegetariani e spesso anche dagli "onnivori". Eppure non c’è contestazione che tenga, l’agnello continua a essere mangiato in questo periodo dell’anno proprio come si è sempre fatto secoli. Ma ti sei mai chiesto da dove arriva questo stretto legame tra il mangiare l’agnello e la festa della Pasqua? Oggi non vogliamo affrontare questioni etiche ma raccontarvi il legame fra questa tipologia di carne e le nostre tradizioni, principalmente cristiane ma non solo.
Siamo abituati ad associare l’agnello alla religione cristiana e non a torto, perché è in effetti una delle sue iconografie più rappresentative, ma in realtà nell’area mediterranea l’agnello ha da sempre un significato fortemente simbolico. Ben prima dell’avvento del cristianesimo, infatti, con la religione ebraica e ancora più indietro nel tempo, l’agnello era considerato il simbolo del candore, della purezza e della fragilità della vita.
Proprio per questo già nella cultura classica, in particolare quella greca, si fa riferimento ad agnelli e capretti come animali da sacrificare: sacrificare alle divinità uno di questi animali voleva dire donare ciò che si aveva di più puro e prezioso. Si trovano tracce della simbologia legata all’agnello, per esempio, nell’Iliade e nell’Odissea, e in particolare Achille, il semi dio eroe della Guerra di Troia, a essere spesso descritto come impegnato a cuocere le carni di questi animali. Del resto, non deve sorprendere: La Grecia, al pari della Sicilia, della Calabria, ma anche dei Paesi dei Balcani, era una zona dedita alla pastorizia, specializzata proprio nell'allevamento di questi animali.
Questo concetto si ritrova anche in diverse parti dell’Antico Testamento perché anche le antiche popolazioni seminomadi ebraiche davano all’agnello lo stesso valore: con l’offerta di un agnello il credente donava a Dio ciò che aveva di più bello, puro e prezioso, come se offrisse sé stesso. Nel caso dell’Ebraismo antico però, secondo alcuni teologi impegnati nella spiegazione della tradizione, il sangue dell’agnello non simbolo di salvezza dal peccato ma di liberazione dalla schiavitù: era proprio con il sangue di agnello che gli ebrei dovevano macchiare le loro porte per non essere coinvolti nell'ira di Dio che si sarebbe scatenata sugli egiziani, rei di aver ridotto in schiavitù il popolo amato.
Inoltre Dio invita Mosè e Aronne anche a mangiare l'agnello durante la Pasqua Ebraica, proprio come memoriale della liberazione, spiegando anche come deve essere cotto: è uno dei primissimi legami tra Pasqua e agnello, una connessione che verrà rafforzata ancora di più con le scritture contenute nel Nuovo Testamento ma a cui la religione cristiana darà un significato molto diverso.
Con la scrittura del Nuovo Testamento e l’avvento della religione cristiana viene mantenuto l’agnello come simbologia, ma gli vengono attribuiti nuovi significati: l’animale rappresenta sempre un sacrificio, un simbolo di purezza e innocenza, ma viene usato come identificazione simbolica di Gesù Cristo e del suo ruolo di vittima sacrificale. Non a caso è lo stesso Giovanni Battista a chiamarlo “l’Agnello di Dio”, prefigurandone il ruolo sacrificale per la redenzione dell'umanità.
L'agnello, nella tradizione cristiana, rappresenta sempre la purezza e l'innocenza, ma in questo caso legate alla figura di Cristo: è lui l'agnello che si offre in sacrificio, diventando esso stesso l'agnello che, in precedenza, veniva sacrificato; in questo caso però il sacrificio ha un'accezione negativa, è visto come l'uccisione di un innocente e non più come modo di donare alla divinità ciò che si possiede di più prezioso. La Pasqua cristiana celebra la credenza della morte e resurrezione di Gesù Cristo ed ecco quindi che il legame tra agnello e Pasqua si consolida ancora di più, portando la scomparsa dell'uccisone dell'agnello come rito sacrificale ma mantenendone il consumo tradizionale, solo con un significato simbolico e teologico diverso.
Sempre più, nel corso dei secoli a venire, le autorità cristiane hanno cercato di slegare l'idea del sacrificio rituale dal consumo della carne di agnello, già dal dibattito di Laodicea (310-390 d. C.) e fino all'ultimo monito di Papa Benedetto XVI nel 2005, anche per la rinnovata sensibilità verso gli animali. Ma se non è più "dovere" dei credenti sacrificare l'agnello a pasqua, la tradizione resta ben radicata, con tantissime ricette locali diventare simboli dei loro territori di riferimento.
Il consumo di agnello oggi è un tema fortemente dibattuto, una discussione che si riaccende ogni Pasqua tra gli schieramenti di chi non vorrebbe vedere animali così giovani macellati solo per essere mangiati e tra molti allevatori che, invece, affermano che è necessario “sfoltire” il gregge di agnelli maschi perché sono animali improduttivi e creano anche problemi nella gestione del gregge stesso.
Eppure, nonostante tutti gli scontri e le polemiche, la tradizione di consumare la carne d’agnello in occasione delle festività pasquali è fortemente radicata in tantissime regioni d’Italia, un po’ per la tradizione religiosa di cui abbiamo parlato, un po’ perché nel tempo la carne di agnello ha assunto l'accezione di alimento pregiato: in passato la Pasqua era proprio una delle rare occasioni in cui ci si poteva permettere di consumarla e quindi molte ricette a base di agnello sono diventate tipiche di questa festa.
Di agnello esistono diverse categorie: l'agnello da latte o abbacchio per i romani, l'agnello bianco, l'agnello maturo e l’agnellone (sottanno o castrato), tipologie che si differenziano tra loro a livello di età dell’animale (e quindi anche il tipo di alimentazione con cui è stato cresciuto), valori nutrizionali, tenerezza e sapore delle carni. In Italia si trovano delle vere eccellenze per quanto riguarda l’agnello: la tipologia più conosciuta è l’Agnello Sardo Igp, ma sono molto validi anche l’Agnello d'Abruzzo Igp e l’Agnello del Centro Italia Igp. A livello di ricette, poi, c’è davvero l’imbarazzo della scelta: una volta marinata la carne di agnello in modo corretto, infatti, ne puoi usare tantissimi taglie la puoi cuocere al forno, in padella, in umido, sulla brace e anche fritta.
Come se non bastasse, c’è anche una particolare tradizione in alcune zone d’Italia che sono gli “agnelli dolci”: in questo caso non è coinvolto l’animale, ma solo il suo aspetto. Fra le varie tradizioni locali, il più famoso è l'agnello dolce di Favara, in provincia di Agrigento: un dolce decisamente artistico, fatto con la pasta reale (ottenuta dalla lavorazione a caldo di mandorle tritate, acqua e zucchero) la pasta di pistacchio e lo zucchero fondente che decora il dessert. La Sicilia non è l'unica regione d'Italia in cui esiste questa tradizione a metà fra la gastronomia e l'arte: gli agnelli di Pasqua decorati si fanno anche in Abruzzo, Puglia, Calabria e in altre zone del Sud Italia.