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30 Marzo 2023 13:00

Agnello di Pasqua dolce, la specialità siciliana nata in un monastero a fine ‘800

Pasqua in tavola vuol dire agnello? Sì, ma non per forza di carne: la Sicilia ha una tradizione dolce davvero particolare, di cui Favara è la capitale incontrastata.

A cura di Martina De Angelis
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La Sicilia ci ha abituati a creazioni di pasticceria uniche nel panorama italiano, ma a Pasqua ha una specialità che riesce a stupire ancora una volta. È l’agnello di Pasqua dolce, una statuetta a base di pasta di mandorle a forma di agnellino, da regalare come augurio a grandi e piccoli.

La preparazione dell’agnello dolce è diffusa in varie aree della Sicilia e persino in Puglia, in quell’area leccese che ebbe forti scambi culturali con la vicina isola, ma il vero regno di questa specialità è uno solo: Favara, cittadina della provincia di Agrigento eletta “città dell’agnello pasquale”.

Agnello dolce: le origini della specialità di Favara

La storia dell’agnello dolce è antica: la specialità dolciaria, infatti, secondo la tradizione affonda le sue origini alla fine dell’Ottocento. Come molte altri dolci siciliani (e non solo), la sua invenzione si deve alle monache di un monastero.

A Favara si racconta infatti che furono le suore del Collegio di Maria a inventare un dolce che simboleggiasse la Pasqua. Per questo scelsero uno stampo di gesso a forma di agnello, simbolo sacrificale nell’iconografia cristiana, e vi pressarono un impasto a base di pasta di mandorle e di un’altra specialità di Favara, il pistacchio.

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Inizialmente gli agnelli dolci venivano preparati per essere regalati ai fedeli, e la loro ricetta era un segreto convenutale tramandato di sorella in sorella. Poi, nel 1898, una famiglia nobile favarese scoprì gli agnelli dolci, ne rimase incantata e ne commissionò una grande produzione.

Da allora, l’agnello dolce è diventato una vera star, e sembra che persino monsignor Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, se ne innamorò durante una sua visita ad Agrigento nel 1923. Negli anni Cinquanta la produzione dell’agnello dolce aumentò esponenzialmente grazie alle pasticcerie di Favara, che si specializzarono nella preparazione, e da allora la cittadina venne denominata la “città dell’agnello pasquale”.

La sagra dell’agnello dolce: una celebrazione da Guinness dei Primati

L’agnello dolce è diventato un simbolo talmente identificativo di Favara da meritarsi una festa tutta sua. La Sagra dell’agnello pasquale viene organizzata durante la Settimana Santa ed è interamente dedicata alla mostra e alla degustazione della specialità locale, ma è anche un’occasione di raccontare le bellezze e le tipicità della città. Nel 2003 la sagra è entrata anche nella storia, poiché è stato realizzato un agnello pasquale che è entrato ufficialmente nel Guinness dei Primati: era talmente grande da pesare 202 kg!

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Come si prepara l’agnello dolce di Favara

In teoria, la ricetta dell’agnello pasquale dolce di Favara è abbastanza semplice. Bisogna realizzare per prima cosa la pasta reale, un composto ottenuto dalla lavorazione a caldo di mandorle tritate, acqua e zucchero. A questa, andrà aggiunto il ripieno di pasta di pistacchio, ottenuto lavorando sempre a caldo pistacchi tritati, acqua e zucchero. I due composti si inseriscono nello stampo, che può essere di varie dimensioni, e poi la forma finale viene decorata con fondente di zucchero e fiocchi di pasta di mandorla morbida, oltre a con campanelle, bandiera rossa e perline argentate.

In pratica, però, non è così facile lavorare l’impasto abbastanza bene da fargli assumere la forma perfetta dello stampo, e quindi il risultato non sempre riesce proprio bellissimo da vedere. Per celebrare, in qualche modo, tutti gli agnelli mal riusciti, è nata persino una pagina ironica su Facebook: “Agnelli di pasta di mandorle brutti”, ideata per gioco proprio per raccogliere i dolci riusciti meno bene.

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Non solo Favara: tutte le varianti dell’agnello dolce

Ormai Favara è sinonimo di agnello di Pasqua dolce, ma non è l’unico comune dove si prepara questa specialità, che ha assunto diverse varianti a secondo del luogo di appartenenza.

A Erice, per esempio, non si usano stampi e l’agnello dolce viene modellato a mano, in forma bidimensionale, per poi essere riempito con una cedrata lasciata a maturare precedentemente in giare apposite. A Mirto, invece, in provincia di Messina, l’agnello si ispira al dolce tipico del paese, la pignolata, e assume colorazione bianca e nera.

Anche in Puglia, in particolare in Salento e nel Leccese, si prepara l’agnello dolce: anche qui la storia vuole che sia stato ideato per la prima volta dalle suore di un convento, ma invece di essere ripieno di pistacchi viene farcito con la faldacchiera, una crema leccese densa simile allo zabaione.

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