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25 Agosto 2025 15:00

Perché al Nord lo chiamano anguria e al Sud melone?  

Lo stesso frutto, tanti nomi: al Nord “anguria”, al Centro “cocomero”, al Sud “melone”. Un viaggio linguistico tra storia, dialetti e sapori d’estate.

A cura di Enrico Esente
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Le tradizioni culinarie delle regioni italiane sono così influenti nella cultura del Paese che richiederebbero pagine e pagine di libri per raccontarle. Pensa solo che basta attraversare qualche regione per scoprire che lo stesso frutto può avere nomi completamente diversi. Prendiamo come esempio l'anguria, per eccezione il frutto che rinfresca le nostre estati. Al Nord viene chiamato anguria, al Centro cocomero e al Sud e nelle isole melone, mellone in napoletano o melone d'acqua. Ma a cosa sono dovute queste distinzioni? Vediamolo insieme.

Perché a Napoli si parla di mellone

Scendendo nel Mezzogiorno del Belpaese, sopratutto nella città di Napoli, questo frutto viene comunemente chiamato melone o "mellone", nel caso della città partenopea, si definisce così per una logica molto pratica: c'era già il melone giallo (con una L) e serviva distinguerlo da quello rosso. Proprio nel capoluogo partenopeo le cose sono un pochino diverse perché in generale pare che tutti e tre tipi di frutto siano sostanzialmente chiamati "mellone" ma con un aggettivo qualificativo. Il cantalupo diventa "mellone e'pane", in quanto la consistenza della polpa è "mollicosa".

Il popone diventa "melone giallo o gialletto", visto il colore della buccia e, come dicevamo poc'anzi, il cocomero diventa "mellone d'acqua". Una curiosità è che questo nome non deriva da traduzioni dall'inglese "watermelon" o dal tedesco "wassermelone". Il termine tedesco deriva dall'inglese e gli anglosassoni lo chiamano così perché le varietà coltivate lì sono più acquose. Quindi deriva dalla dominazione francese della città partenopea, infatti "melon d'eau" significa letteralmente melone d'acqua.

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A Napoli, dire “mellone” è naturale quanto dire “caffè” per intendere un espresso. È una parola che profuma di mercati rionali, di voci che chiamano “Signò, oggi ‘o mellone è doce assaje!” ("Signora il melone oggi è molto dolce!") di estati calde e di tavolate con le fette messe in frigo. In fondo, l’Italia è anche questo: lo stesso frutto, tre o quattro nomi diversi, e ognuno convinto che il proprio sia quello giusto. E forse, proprio per questo, ogni morso d’estate ha un sapore diverso a seconda di dove lo mangi.

Perché al Nord si chiama anguria?

Il nome scientifico dell'anguria è il Cucumis citrullus: un frutto dolce, dissetante e rinfrescante oltre a essere ricco di benefici per l'organismo. "Anguria" etimologicamente è una parola che proviene dal greco "angourion" che, in passato, indicava il cetriolo. Arrivò nel lessico dell'Italia settentrionale grazie alla dominazione bizantina e rimase legata a un'area precisa. "Cocomero", come lo chiamano al Centro, sarebbe il modo più corretto poiché discende dal latino "Cucumis" (quindi il nome scientifico del frutto) ed è considerato il termine "ufficiale" dell'italiano standard.

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Insomma, al Nord la parola “anguria” è figlia di scambi commerciali e influenze linguistiche, più che di coltivazioni locali: è un termine importato e adottato, come spesso accade con tante parole del nostro lessico.

Che nomi vengono usati nelle altre regioni?

Chiaramente non potevamo lasciare fuori altri appellativi regionali di questo delizioso frutto che effettivamente cambia nome da regione a regione. In Liguria, nei mercati ortofrutticoli, viene chiamato "pasteca" per indicare l'anguria che deriva dal francese moderno "pastèque" e dal portoghese "pateca". In Puglia (specialmente nel Salento) si chiama "sarginiscu" per indicare un frutto portato dai Saraceni. In Sardegna "síndria" dallo spagnolo castigliano sandía. In Calabria viene definito "zipangolo o pizzitangulu" le cui etimologie dovrebbero essere legate a leggende locali.

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