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8 Marzo 2024 15:49

La storia della prima chef italiana con 3 Stelle Michelin: la rivoluzionaria Nadia Santini

Nadia Santini rappresenta un esempio di eccellenza nel panorama della cucina italiana. La sua storia, il suo talento e la sua dedizione sono un'ispirazione per tutti coloro che amano la buona cucina.

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Nata a San Pietro Mussolino, in provincia di Vicenza, nel 1954, Nadia Santini cresce tra le risaie e i fiumi della bassa Mantovana, in una famiglia dove la cucina è un rito di condivisione e amore. L'incontro con Antonio Santini, futuro marito e compagno di vita, la porta a Canneto sull'Oglio, dove sorge il ristorante Dal Pescatore. È qui che inizia il suo viaggio culinario, una parabola costellata di successi e innovazioni che la consacrerà prima donna italiana a ricevere 3 stelle Michelin nel 1996. Questo dei tristellati è un club davvero ristrettissimo: in Italia prima di lei le ha ricevute solo Annie Feolde all'Enoteca Pinchiorri, francese di nascita e ormai italiana di adozione; dopo di lei solo Luisa Marelli Valazza nel 1998 (che oggi ha solo 1 Stella).

Ci duole constatare che quella di Nadia Santini è anche una storia "tristemente" italiana: la critica l'ha ignorata a lungo e, addirittura, tra i primi a raccontare la sua storia è stato un critico gastronomico straniero nel 1999, John Mariani, che già all'epoca definì il ristorante Dal Pescatore "il migliore al mondo". Altro momento di grande ribalta internazionale arriva nel 2010 grazie al regista tedesco Lutz Hachmeister che gira un documentario intitolato "Three Stars" in cui la Santini recita insieme ad altri colleghi tristellati. Nadia spicca per classe e giocosità, incassando i complimenti pubblici di un'altra grande collega come Anne-Sophie Pic (10 Stelle Michelin in giro per il mondo) che la descrive come "straordinaria" e fonte di ispirazione.

Nel documentario interviene anche Angela Hartnett, chef stellata londinese con un passato nelle cucine tristellate di Gordon Ramsey, che la indica come una delle sue eroine. Vediamo la storia di Nadia Santini, una chef rivoluzionaria che ha nell'arte di cucinare un vero e proprio atto d'amore.

Nadia Santini è la chef più importante della storia italiana

Nadia Santini non è solo una chef, ma una custode della tradizione culinaria italiana. La sua filosofia si basa sull'utilizzo di materie prime di stagione e di alta qualità, provenienti principalmente dal territorio circostante. Il rispetto per i sapori autentici e l'amore per la sua terra si traducono in piatti raffinati e armoniosi, dove la semplicità si sposa con la ricerca e l'innovazione.

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Foto di Relais & Chateux

Il ruolo dell'amore nella vita professionale della cuoca è davvero centrale per un copione che sembra scritto da Walt Disney: comincia a cucinare proprio nel ristorante che lei porterà alla ribalta mondiale e la prima (e unica) maestra di cucina è stata Teresa, nonna di Antonio Santini, suo futuro marito. Si conoscono all'università perché entrambi si iscrivono a Scienze politiche, trasferendosi da Mantova a Milano e a soli 20 anni i due decidono di convolare a nozze.

Il viaggio di nozze è il sogno di ogni appassionato di alta cucina: vanno infatti a fare un tour da tutti i grandi maestri della cucina francese. Partono da Paul Bocuse, vanno poi dagli Haeberlin e terminano dai Troisgros (il ristorante che ha 3 Stelle da più tempo, fin dal 1968). Questo viaggio cambia radicalmente l'idea di cucina che hanno i due perché, nonostante gli studi, vogliono comunque ritagliarsi uno spazio tra i fornelli. Decidono di lasciare l'università per dedicarsi alla trattoria di famiglia di Antonio.

La famiglia del marito di Nadia è infatti nel mondo della cucina fin dal 1925, quando Teresa e Antonio (omonimo del nipote) aprono la propria trattoria. Si chiamava "Vino e pesce", un nome semplice e diretto: il vino lo faceva Antonio, un Lambrusco vecchio stile, il pesce era quello di fiume ed era quasi solo fritto. Negli anni '50 subentrano i genitori di Antonio che sono bravissimi commercianti e abili cuochi. Arrivano clienti da tutta la Lombardia: in cucina ci sono Giovanni e Bruna Santini, papà e mamma di Antonio, insieme a Teresa che insegna tutti i segreti alla nuora. La specialità di casa diventa la pasta fresca con i leggendari tortelli di zucca, tutt'oggi in menu e vero marchio di fabbrica di Nadia.

La signora Teresa è una vera maga in cucina e una donna dal cuore enorme: a differenza di tanti chef che si tengono ben stretti i propri segreti, lei divulga a chiunque passi in cucina. È il caso di Nadia Santini che giovanissima si ritrova a fare i tortelli di zucca con quella che diventerà parte della famiglia. Teresa Santini, orginaria di Mazzi, meriterebbe un capitolo a parte: nata in Brasile da genitori italiani, per buona parte della vita fa la spola tra i due mondi con 6 mesi in Europa e 6 mesi in Sudamerica. Lei e il marito raccolgono il caffè in Brasile e il grano a Mantova. Solo quando i due si stancano di questa dura vita decidono di mettere su il locale.

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I tortelli di zucca di Nadia Santini | Foto di Relais & Chateux

Tornando alla ristorazione: Giovanni e Bruna capiscono che il nome del locale non può più essere così scarno, necessita di un naming più evocativo. Nel 1970 assume il definitivo nome di "Dal pescatore". Nel 1974 subentrano Nadia, ai fornelli, e Antonio, in sala. Niente passaggi intermedi, niente stage curriculari in giro per il mondo: Nadia Santini è infatti una delle pochissime persone ad avere le 3 Stelle Michelin pur essendo, di fatto, autodidatta.

Fin dai primi giorni impone un nuovo modo di interpretare il ristorante, avveniristico per l'epoca: spazio tra i tavoli, più vetri e meno cemento, più giardino, una sala per la lettura e soprattutto pochi posti perché "Penso che sia impossibile gestire una cucina che serve 100 persone. Non posso dare il mio cuore a un piatto se sto cucinando per più di 30″. Dal Pescatore si trasforma da osteria popolare a ristorante d'alta cucina grazie alle influenze avute in Francia dalla coppia in viaggio di nozze. Il tutto senza mai "tradire l'Italia e il cuore dei piatti".

La promessa l'ha mantenuta in pieno: nel 1982 la Guida Michelin conferisce al Pescatore la prima Stella, seguita pochi anni dopo dalla seconda. La terza, quella della consacrazione definitiva e dell'ingresso "nell'immortalità", la ottiene nel 1986. Curiosamene è lo stesso anno in cui il figlio Giovanni comincia a lavorare a pieno regime in cucina con Nadia e nonna Bruna (ancora ai fornelli a 95 anni). Il secondo preferisce la sala e diventa un grande sommelier: Alberto Santini oggi cura la carta dei vini insieme al padre e alla moglie del fratello, Valentina. Siamo arrivati a quattro generazioni ma occhio alla quinta perché nel 2014 è nato Lorenzo Santini e la storia prosegue da quasi un secolo.

In un'epoca dominata da chef maschi, Nadia Santini ha saputo imporsi con tenacia e talento, aprendo la strada a molte altre donne nel mondo della cucina. La sua cucina di territorio, capace di reinterpretare le ricette tradizionali con un tocco di modernità, ha fatto scuola e l'ha resa un'icona della gastronomia italiana.

La cucina di Nadia Santini

Equidistante da Parma, Cremona e Mantova, nel parco naturale dell'Oglio Sud, nel cuore della pianura padana, il ristorante con una trentina di posti a sedere sfrutta le risorse del suo ambiente, in primis il riso Vialone nano e il pesce d'acqua dolce, insieme all'orto di famiglia. Nadia Santini compone piatti ispirandosi alle grandi emozioni vissute sulle tavole francesi ( Troisgros, Paul Bocuse,  Alain Chapel, Michel Guérard, Roger Vergé) e dalla tradizione di Gualtiero Marchesi e della “nuova cucina italiana” di cui è stata promotrice e innovatrice.

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Nonostante le 3 Stelle, l'inserimento in 50 Best Restaurant, numerosi riconoscimenti e premi, tra cui il "Veuve Clicquot World's Best Female Chef" nel 2013, la tradizione è ancora attuale in casa Santini. La cucina è radicata al territorio e in menu non mancano mai paste fresche e risotti. Su tutti i leggendari tortelli di zucca ripieni oppure il famosissimo risotto con pistilli di zafferano e aceto balsamico di Modena che ha ispirato perfino Massimo Bottura. Se ti stai immaginando un ristorante fermo nel tempo ti sbagli di grosso però: parliamo di pietanze decisamente rivisitate e adattate ai gusti e alla sensibilità moderna.

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Quello che i piatti non dicono
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