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29 Settembre 2020 13:00

La storia del polpo alla luciana, il piatto preferito dei pescatori

Mangiare i polipetti alla luciana è come mangiare un pezzo di Napoli che non c'è più. Questo piatto nasce in una zona che in pochi anni è cambiata per sempre, per questo è così importante: testimone di un passato che non torna, ma la cui testimonianza dobbiamo custodire. La ricetta originale ha dato vita a un proverbio celebre in città: il polpo si deve cuocere nell'acqua sua.

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Ph. Gennaro Miele dell’Osteria da Carmela

Una ricetta povera e gustosa: il polpo alla luciana è un simbolo della cucina partenopea, dalla storia meravigliosa che racconta di una Napoli che ormai non c’è più. Chiamata così perché la sua origine è legata indissolubilmente al Borgo di Santa Lucia, una zona del capoluogo campano che si trova nei pressi di Castel dell’Ovo, è una ricetta è molto semplice: polpo, prezzemolo, olive nere, pomodorini e, soprattutto, il tempo. Il tempo è infatti un ingrediente fondamentale, proprio perché da questo piatto nasce un proverbio molto usato a Napoli: ‘O purpo se coce int' all'acqua soja, il polpo va cotto nell'acqua sua, che si usa quando una persona dura di comprendonio ignora i consigli anche se sta palesemente sbagliando; in pratica, un modo per dire: dai tempo al tempo.

La storia dei polipetti alla luciana

Il nome del piatto e la sua genesi sono legati al borgo di Santa Lucia. I polipetti, infatti, devono il proprio nome agli abitanti del borgo, uno dei rioni più antichi della città, che per naturale vocazione facevano i pescatori. I momenti della partenza e del ritorno di questi uomini erano permeati di rituali arcaici, legati alla famosa cabala napoletana. Dalla ghiaia del Chiatamone, una via che si è consacrata per aver ospitato tre grandi giornali italiani (Il Mattino, La Repubblica e Il Roma), i pescatori calavano le proprie barche in mare per far ritorno con alici, merluzzi, orate, vongole e proprio i polpi.

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Ph. Gennaro Miele dell’Osteria da Carmela

Gli abitanti di Santa Lucia erano specializzati in questo tipo di pesca perché usavano la tecnica dell’anfora. Questo processo, ideato dagli antichi Romani, è diventato poi specialità dei popoli arabi e ancora oggi i migliori pescatori all’anfora si trovano in Tunisia e Marocco. La tecnica di pesca è tanto semplice quanto geniale e fondamentalmente si basa su un piccolo inganno che i pescatori tendono ai polpi. Questi animali sono molto intelligenti, malgrado la vulgata comune, nonché abilissimi cacciatori notturni: infatti pescarli non è semplicissimo.

Dopo la battuta di caccia notturna, i polpi cercano rifugio per riposare tranquilli e quale posto migliore di una bella anfora adagiata sul fondo del mare? Ci si infilano, pensando di essere al sicuro e potersi godere il meritato riposo "post-cena": ma è qui che entra in gioco l’abilità del pescatore. Le anfore sono legate l’una all’altra attraverso un cavo: basta tirarlo per portare tutte le anfore sulla barca. Questo tipo di pesca assicura la massima qualità del pescato, perché il prodotto viene lavorato immediatamente e l’animale non subisce traumi che possano indurire la carne. È anche per questo motivo, i polipetti alla luciana sono così buoni.

Il pomodorino, magari del Piennolo, sicuramente dà una spinta in più, ma è la qualità del pescato che rende questa ricetta prelibata. Sono stati proprio gli abitanti del borgo a mettere a punto la ricetta originale: i polpi vengono tagliati a pezzi grossolanamente e riposti in una casseruola di terracotta, coperta da panno umido. Bisogna cuocerli lentamente, per tanto tempo, così da farli ammorbidire. Non bisogna aggiungere acqua, né aprire il coperchio fino alla fine della cottura perché, per l’appunto, il polpo va cotto nella propria acqua.

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Ph. Gennaro Miele dell’Osteria da Carmela

Col tempo e col successo ottenuto dal piatto è nata una variante molto succulenta, come la seppia alla luciana. Grande successo per un primo che arriva sempre da quel periodo storico: gli spaghetti alla luciana. I pescatori più abbienti e i borghesi che con gli anni si sono trasferiti a Santa Lucia, usavano il sugo del polpo come condimento della pasta: una vera squisitezza che ancora oggi campeggia sulle tavole di tutti i napoletani e nei ristoranti tradizionali (in foto all'Osteria da Carmela, nei pressi del Teatro Bellini).

Oggi di quel borgo resta poco e la ricetta dei polpi è un testimone importante di una Napoli scomparsa: Santa Lucia ha smesso di essere un borgo di pescatori dalla fine dell’800 a causa del Risanamento di Napoli, un ingente piano urbanistico portato a termine dall’allora sindaco Nicola Amore e previsto già da Ferdinando II di Borbone.

Le intenzioni erano buone ma alla fine la situazione rimase immutata: i lavori infatti servirono a mascherare il degrado e la povertà dei rioni nascosti, piuttosto che a risolvere i problemi delle persone. Con i lavori scomparve la ghiaia dal Chiatamone e il mare da Santa Lucia, facendo scomparire con essa la tradizione di pescatori del borgo.

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