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Tra i muretti a secco e le onde che si infrangono sulle rocce nere, sull’isola di Pantelleria nasce un dolce che sa di vento, di festa, e di memoria: i baci panteschi. Un nome romantico, una forma elegante, un sapore che racconta storie.
Pantelleria è un frammento di terra sospeso tra l’Africa e la Sicilia, baciato dal sole e accarezzato dallo scirocco. Un luogo che parla in dialetto con forti influenze arabe, che profuma di capperi, zibibbo e mare: è qui che la cucina non è solo nutrimento, ma rito, appartenenza, e resistenza.
I baci panteschi nascono proprio in questo crocevia culturale: un dolce semplice eppure spettacolare, che unisce la sapienza delle nonne al desiderio di celebrare la bellezza del quotidiano. Un tempo riservati alle grandi occasioni – matrimoni, battesimi, feste patronali – oggi sono il simbolo della pasticceria dell’isola.
Il mistero delle origini
Le origini dei baci panteschi sono avvolte da un’aura di mistero che affascina tanto quanto il sapore stesso del dolce. Non esiste una documentazione storica precisa che ne attesti la nascita, e proprio questa incertezza ha alimentato diverse leggende e teorie.
Un'ipotesi è che Pantelleria, trovandosi a metà strada tra la Sicilia e la Tunisia, ha sempre vissuto un intreccio culturale intenso. Alcuni sostengono che i baci panteschi siano una rielaborazione locale di dolci nordafricani, come le zlebia o altri fritti decorativi con pasta leggera e miele. Questa ipotesi si basa non solo sulla vicinanza geografica, ma anche sulla presenza storica di influenze arabe e berbere sull’isola, testimoniata anche da altri piatti locali. Il ferro a forma di fiore, per esempio, viene utilizzato per la preparazione ricorda strumenti simili usati in Nord Africa e nel Medio Oriente, rinforzando l’idea di un legame culturale profondo.
La seconda ipotesi li colloca nel territorio di Pantelleria: i baci panteschi sarebbero quindi frutto dell’inventiva isolana, nati forse in qualche monastero o tra le famiglie contadine. Questa teoria poggia sull’idea che il dolce rappresenti la reinterpretazione pantesca delle ferratelle abruzzesi per la tecnica o dei cannoli siciliani per gli ingredienti, con un tocco distintivo legato ai prodotti del territorio: ricotta di pecora locale, zucchero, scorza d’arancia.
Qui il mistero si infittisce: non esistono testimonianze scritte di quando esattamente questo dolce abbia cominciato a chiamarsi “bacio”. Il nome stesso sembra suggerire un’unione romantica tra due parti croccanti tenute insieme da un cuore morbido — un simbolo forse recente, ma legato a riti nuziali e feste familiari.
Il ferro che crea il fiore: come sono fatti
Per fare un bacio pantesco non bastano gli ingredienti: serve anche un ferro speciale, un attrezzo dalla forma floreale che si scalda nell’olio e viene immerso nella pastella per creare una cialda croccante, sottile come un petalo.
Il gesto è antico e quasi magico: la cialda, dorata e fragile, viene poi accoppiata con un’altra, e tra le due si cela un cuore morbido di ricotta dolce, lavorata con zucchero, scorza di limone o arancia, a volte arricchita con gocce di cioccolato. Una spolverata di zucchero a velo completa l’opera: il bacio è pronto. Si tratta di due metà che combaciano perfettamente.

Mangiare un bacio pantesco è come assaporare la storia di un’isola. Croccante fuori, cremoso dentro, è un dolce che gioca con i contrasti, come la terra che lo ha visto nascere. Ogni famiglia ha la sua variante: chi aggiunge un pizzico di cannella, chi monta la pastella con vino bianco o latte di mandorla, chi ne fa una versione salata.
Nonostante la semplicità degli ingredienti – farina, uova, latte, ricotta – i baci panteschi richiedono tempo, attenzione, pazienza. Ma in cambio regalano emozione. Perché ogni morso è un viaggio: tra le case dammuso, i vigneti terrazzati, e la luce intensa del tramonto sul mare.
Dolci che resistono al tempo
Oggi i baci panteschi si trovano nei ristoranti e nelle pasticcerie dell’isola, ma il loro sapore autentico resta quello delle cucine domestiche, delle mani infarinate e delle ricette tramandate a voce. Sono dolci che resistono al tempo, proprio come Pantelleria: forte, fiera e silenziosa.
E allora, se ti trovi sull’isola o se volete portare un pezzo di Mediterraneo nella vostra cucina, provate a prepararli. Più che un dolce, sono un gesto d’amore. Ma non uno qualunque: un bacio pantesco.
