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16 Ottobre 2025 10:10

Il pane che sfama l’umanità ma riempie i bidoni: come sprechiamo il cibo più universale

Pietra miliare della cultura gastronomica e fonte di nutrimento per miliardi di persone, il pane resta oggi uno degli alimenti più buttati: un paradosso che interroga economia, ambiente e coscienza collettiva.

A cura di Francesca Fiore
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È il cibo più semplice e universale, eppure il più carico di significato. Ogni anno nel mondo si producono circa 288 milioni di tonnellate di pane e prodotti da forno in migliaia di forme diverse, croccante o morbido, lievitato o piatto, con cereali antichi o farine raffinate. È il simbolo per eccellenza della vita e della condivisione, presente da millenni sulle tavole di ogni cultura, dal pane azzimo ebraico alla baguette francese, dalla pita mediorientale al pane di segale nordico.

Eppure, proprio questo alimento così prezioso è anche uno dei più sprecati: secondo le stime, circa un terzo del cibo prodotto finisce nella spazzatura lungo la filiera o nelle case, per acquisti eccessivi o mancato consumo in tempo utile: si stima che oltre il 10% del pane e dei prodotti da forno venga perso o sprecato prima di arrivare al consumo domestico. Un paradosso ancora più evidente se si pensa che il pane è anche uno degli alimenti più facili da riciclare.

Il pane, cuore dell’alimentazione mondiale

Sin dall’antichità, il pane è stato uno degli alimenti alla base della sopravvivenza umana. Le prime tracce di pane risalgono a oltre 14.000 anni fa, ben prima dell’invenzione dell’agricoltura, e da allora la sua presenza ha accompagnato lo sviluppo delle civiltà, intrecciandosi con la storia, la religione e la cultura.

Nessun altro alimento rappresenta così bene la capacità umana di trasformare la materia prima in nutrimento. Il pane è il risultato dell’unione di elementi semplici — farina, acqua, lievito, sale — che diventano qualcosa di più grande della somma delle loro parti. È simbolo di condivisione (“spezzare il pane”), di comunità, di accoglienza. In molte lingue, le parole per “pane” e “vita” condividono la stessa radice; in molte religioni rappresenta il nutrimento dell’anima oltre che del corpo.

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Oggi il pane resta un pilastro delle diete globali. Secondo studi agronomici, il frumento – principale cereale usato per il pane – è coltivato su circa 221 milioni di ettari nel mondo, con una produzione annua di circa 771 milioni di tonnellate. Questo rende il pane, e i prodotti derivati, uno degli alimenti più consumati e culturalmente trasversali sul pianeta. In Italia, secondo l’indagine nazionale IV SCAI del CREA – Alimenti e Nutrizione, il gruppo “cereali e derivati” pesa in media 197 grammi al giorno per persona e il 76% degli italiani consuma regolarmente pane.

Ma il pane è anche identità. Ogni cultura ha sviluppato la propria versione: la baguette francese, la ciabatta italiana, il naan indiano, la pita mediorientale, il pane nero dei Paesi scandinavi, le tortillas messicane. In Italia, sono oltre 200 le tipologie di pane in Italia che raccontano la storia delle sue regioni. Fra le varietà più o meno conosciute, spiccano 5 pani Igp – la Coppia Ferrarese, il Pane casareccio di Genzano, il Pane di Matera, la Piadina Romagnola e il Sudtiroler Schuttelbrot – e 3 pani Dop, la Pagnotta del Dittaino, il Pane di Altamura e il Pane toscano. Queste varietà raccontano storie di clima, agricoltura, tradizione e gusto, dimostrando come un alimento così essenziale possa declinarsi in infinite forme.

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Il paradosso dello spreco: quando il pane finisce nel cestino

Ed è proprio qui che emerge il grande paradosso: nonostante il suo valore nutrizionale, storico e culturale, il pane è anche uno degli alimenti più sprecati al mondo. Secondo il Food Waste Index 2024 del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, ogni anno vengono buttati circa 1,05 miliardi di tonnellate di cibo lungo la filiera alimentare globale. E una fetta importante di questo spreco riguarda proprio i prodotti da forno: nelle famiglie europee, pane e derivati rappresentano circa il 12% dello spreco alimentare domestico.

In Italia, secondo il Rapporto Waste Watcher 2024 – Osservatorio internazionale su cibo e sostenibilità, Focus Italia, il pane fresco è uno dei cibi più sprecati, con 24,1 grammi a settimana per persona rientra nelle “top 5” degli alimenti sprecati, accanto a frutta e verdura.

Le cause dello spreco sono molteplici: dagli acquisti impulsivi o sovrastimati alla scarsa pianificazione dei pasti e alla cattiva conservazione, dalle abitudini alimentari che cambiano, con minore consumo di pane fresco quotidiano, all'eccesso di offerta commerciale eccessiva nei supermercati e nei panifici, che spesso producono più del necessario.

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Il prezzo (nascosto) del pane sprecato

Lo spreco di pane non è solo uno spreco di cibo. Dietro ogni pagnotta gettata ci sono ettari di terreno coltivati, acqua utilizzata, energia consumata, trasporti effettuati e lavoro umano. Secondo la FAO, circa il 28 % delle terre agricole mondiali è impiegato per produrre cibo che non verrà mai consumato. Inoltre, il cibo sprecato che finisce in discarica genera metano, un gas con un potere climalterante circa 28 volte superiore a quello della CO₂ su un orizzonte di 100 anni.

E poi c’è il lato etico: mentre in alcune parti del mondo il pane si butta, in altre rappresenta un lusso. Oggi oltre 735 milioni di persone soffrono la fame cronica (FAO – SOFI Report 2024), un numero che rende ancora più intollerabile lo spreco di un alimento così fondamentale.

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Come ridurre lo spreco: piccoli gesti, grande impatto

Ridurre lo spreco di pane è possibile e spesso molto più semplice di quanto si pensi. Ecco alcune buone pratiche alla portata di tutti:

  • Acquistare meno e meglio. Pianificare i pasti e comprare solo la quantità di pane necessaria, evitando le offerte che spingono a comprare più del necessario.
  • Conservarlo correttamente. Il pane si conserva meglio in sacchetti di carta o in contenitori traspiranti, lontano da fonti di umidità e calore. Il congelamento in porzioni è un’altra strategia efficace.
  • Riutilizzare il pane raffermo. Pangrattato, zuppe, polpette, bruschette, dolci: il pane duro può diventare ingrediente prezioso per mille ricette.
  • Sostenere la redistribuzione. Molti panifici e supermercati collaborano con associazioni per recuperare il pane invenduto e destinarlo a chi ne ha bisogno. Anche i cittadini possono sostenere queste iniziative.
  • Innovare con l’economia circolare. Le aziende stanno studiando come trasformare il pane invenduto in bioprodotti, farine secondarie o bioenergia, dando nuova vita a ciò che altrimenti sarebbe un rifiuto.

Celebrare il pane… senza sprecarlo

Ogni 16 ottobre, mentre celebriamo la Giornata mondiale del pane, possiamo scegliere di farlo non solo con gratitudine e rispetto, ma anche con responsabilità. Spezzare il pane con qualcuno ha sempre significato condivisione e comunità: oggi può significare anche consapevolezza e sostenibilità. Perché il pane non è solo cibo: è storia, cultura, memoria e futuro. È il filo che collega l’umanità da millenni e, proprio per questo, merita di essere onorato — non buttato.

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Quello che i piatti non dicono
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