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C’è un piccolo enigma che scorre tra i tavoli dei ristoranti siciliani. Non è un piatto tipico rivisitato o una moda gastronomica passeggera, ma un’acqua minerale dal nome che in pochi sanno pronunciare al primo colpo: Tepelene. Nel giro di pochi mesi, questa etichetta albanese è passata dall’essere pressoché sconosciuta al diventare una presenza costante soprattutto nel Sud-est dell’isola – Ragusa, Siracusa e parte del Catanese – tanto da far sorgere la domanda: come e perché un’acqua straniera è riuscita a ritagliarsi tanto spazio in una terra che trabocca di sorgenti? Secondo quanto riportato da Il Fatto Alimentare nell’articolo “Tepelene: l’acqua minerale albanese nei ristoranti siciliani. Il business è firmato Coca-Cola” di Sara Rossi, la questione non riguarda la qualità dell’acqua, ma la strategia commerciale e le proprietà dell’azienda che la imbottiglia.
Un marchio estero che gioca in casa
Tepelene nasce e si imbottiglia in Albania, nella città omonima della prefettura di Argirocastro, dove è uno dei marchi più diffusi. In Sicilia, però, è arrivata con una precisa strategia: non solo essere presente nei menu dei ristoranti, ma anche legare il proprio nome a grandi eventi locali, come Etna Comics e la Catania Marathon, almeno dal 2023.
La particolarità? Non stiamo parlando di un’acqua di lusso dal prezzo giustificato da un’origine esotica o da processi di imbottigliamento esclusivi. Tepelene si vende nei supermercati a prezzi simili a quelli delle acque italiane più comuni. La differenza è tutta nella catena di distribuzione.
Il legame con Coca-Cola (e con la Sicilia)
Qui si trova la chiave del mistero: Tepelene è prodotta da Coca-Cola Bottling Shqipëria, filiale albanese del gruppo. Questa, a sua volta, è controllata da Sibeg srl, azienda catanese di proprietà della famiglia Busi, storica imbottigliatrice e distributrice di Coca-Cola e di tutte le bevande del marchio nell’isola. In altre parole, la stessa azienda che porta la Coca-Cola nei bar e nei supermercati siciliani importa anche Tepelene dall’Albania, facendole trovare posto nei ristoranti e sugli scaffali della GDO.

Il paradosso dell’acqua che viaggia
L’Italia è tra i maggiori produttori mondiali di acqua minerale: oltre 200 marchi, 150 fonti attive, un consumo pro capite tra i più alti in Europa. Eppure, si importa un’acqua in bottiglia di plastica da centinaia di chilometri di distanza, aggiungendo al già grave impatto ambientale del settore il peso del trasporto internazionale.
Una scelta che stride con le ambizioni “green” di Sibeg, che ha dichiarato l’obiettivo di diventare carbon neutral entro il 2026. Il risultato è un piccolo cortocircuito commerciale e comunicativo: un prodotto di cui il territorio non ha bisogno, ma che si insinua con forza grazie a un canale distributivo potente e a una strategia di marketing capillare.