Meglio aggiungere il basilico all'inizio, durante o alla fine della cottura? Una domanda semplice ma che in pochi si pongono: ecco tutto quello che devi sapere su quando e come mettere il basilico nel tuo sugo per ottenere un aroma intenso.
C'è un profumo che, più di ogni altro, racconta l’estate italiana: quello del basilico appena colto. Una carezza verde sulle dita, un’esplosione aromatica nell’aria. Eppure, nonostante la sua apparente semplicità, il basilico è una delle erbe aromatiche più delicate da gestire in cucina, soprattutto quando si parla di lui nel contesto più classico che ci sia: la pasta con il sugo di pomodoro e basilico. Un piatto universale, simbolo dell’Italia nel mondo, ma tutt’altro che banale da realizzare con maestria.
La domanda è semplice: quando va messo il basilico nel sugo al pomodoro? Chi pensa che vada buttato in pentola fin dall’inizio per "farlo insaporire" sta commettendo un errore comune ma decisivo. Il basilico, infatti, non ama il calore prolungato: già a temperature superiori ai 50-60 °C comincia a perdere le sue caratteristiche aromatiche, sviluppando un retrogusto amaro e svanendo nel nulla.
La cosa migliore è aggiungerlo a fuoco spento, poco prima di servire, in modo che il calore residuo della salsa ne esalti l’aroma senza danneggiarlo. Alcuni preferiscono usarlo addirittura completamente a crudo, direttamente sul piatto: una scelta ottima per chi cerca un contrasto più fresco e immediato.
Un piccolo trucco: se preferisci un profumo ancora più intenso, scalda brevemente l’olio con uno spicchio d’aglio e qualche foglia di basilico, poi rimuovi tutto prima di versare il pomodoro. In questo modo hai creato una base aromatica perfetta, a cui potrai aggiungere ulteriore basilico, se ti piace.
Forse lo sai già ma non si sa mai: il basilico non si taglia, si spezza. Ma sai davvero perché? La spiegazione è scientifica: tagliando le foglie con una lama, soprattutto se non ben affilata, si rischia l’ossidazione, cioè quel processo che le fa annerire e perdere freschezza. Inoltre, il taglio netto può “ferire” la struttura della foglia, compromettendo il rilascio equilibrato degli oli essenziali.
Il metodo migliore? Staccare delicatamente le foglie con le mani, scegliendo quelle più giovani e profumate nella parte superiore della pianta, e spezzettarle al momento con le dita. In questo modo, liberano il loro profumo nel modo più naturale e rispettoso possibile.
La questione si fa ancora più seria quando si parla di pesto alla genovese, il tempio sacro del basilico. Secondo tradizione, andrebbe preparato con mortaio e pestello, non solo per rispetto della ricetta ma per un motivo ben preciso: evitare il calore. I frullatori, infatti, generano calore con la velocità delle lame, rischiando di ossidare le foglie e conferire al pesto quel fastidioso retrogusto amarognolo. Se proprio non puoi fare a meno del frullatore, c’è un trucco salvagusto: raffredda le lame e il contenitore in frigorifero per almeno un’ora prima dell’uso. È una soluzione pratica e molto efficace per chi ama la comodità senza rinunciare al sapore autentico. Va da sé che se devi aggiungere il pesto a una pasta, devi assolutamente evitare di scaldarlo.