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27 Luglio 2025 13:00

I piatti più fuorvianti per i turisti: quando il nome non dice nulla di quello che mangerai

Sviste storiche, confusioni geografiche, informazioni scorrette diffuse da film e serie tv: a volte il nome di una ricetta può essere del tutto fuorviante e riservarti qualche sorpresa inaspettata, ovvero che ordini qualcosa ma ne ricevi in tavola una totalmente diversa. Ecco quali sono i piatti che creano più confusione in Italia e all’estero.

A cura di Martina De Angelis
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Il legame tra lingua e cucina è molto stretto, profondo e ricco di sfumature: basti pensare ai molti proverbi che abbiamo proprio legati al mondo del cibo, espressioni come “cascare a fagiolo” o “farsi infinocchiare”. A volte però alcuni nomi possono trarre in inganno, evocando preparazioni che non corrispondono a quello che ti aspetti di trovare nel piatto: vale quando per i turisti che vengono in Italia, ma spesso vale anche per noi italiani che andiamo in viaggio all’estero. Da cosa deriva questo fenomeno? I fattori che hanno influito negli anni sono molteplici: errori di traduzioni da una lingua all’altra, informazioni sbagliate diffuse da film e serie tv, false attribuzioni, nomi proprio non strettamente legati agli ingredienti effettivi della pietanza. Quali sono i piatti più fuorvianti per i turisti in viaggio? Ecco le ricette che creano maggiore confusione.

1. "Pepperoni" pizza, ma senza peperoni

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Partiamo da un grande classico, ovvero la pizza "pepperoni". È una delle ricette che crea più confusione in entrambi i sensi, ovvero per gli italiani che viaggiano negli Stati Uniti d’America e per gli americani che vengono a visitare l’Italia: la "pepperoni pizza" è una delle versioni Usa di pizza più amate in patria, la più diffusa e ordinata, quella che abbiamo visto in decine di film. Alle orecchie di un italiano è automaticamente pizza con i peperoni, in realtà il termine "pepperoni" indica un particolare salame piccante di origine italo-americana, cioè il "pepper", inventato Usa tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento. Ha una macina fine simile a quella del salame Milano, un po’ piccante e leggermente affumicato come la salsiccia napoletana, ma è certo che si tratta di un salume e non di un ortaggio. L’equivoco, in questo caso, è linguistico: pepe si dice “pepper” in inglese, da cui "pepperoni sausage”, che è appunto il nome del salame in questione, diventato poi nome identificativo del tipo di pizza che lo ha come ingrediente.

2. Il "latte" per gli americani e per gli italiani

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Altro termine che crea una confusione esagerata è “latte”, che vuol dire due cose ben diverse per gli americani e per gli italiani. Se ti trovi negli Stati Uniti e ordini del “latte” ti troverai in mano una bevanda a metà tra il nostro cappuccino e il nostro caffellatte, una combinazione di espresso e latte caldo che però ha una quantità maggiore di latte rispetto al cappuccino e con una schiuma molto più sottile. In Italia invece, se al bar ordini del latte, è semplicemente latte caldo, al massimo leggermente macchiato, e infatti il problema è anche inverso, ovvero gli americani che in Italia ordinano il “latte” che conoscono loro e si ritrovano a bere tutt’altro.

3. Le mitiche Fettuccine Alfredo

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Le fettuccine Alfredo sono una delle ricette che crea maggiore confusione per gli americani che vengono in Italia: si tratta di un piatto molto diffusa negli Usa, dove la convinzione generale è che sia italiano – viene servito, infatti, in tutti i ristoranti anche vagamente italo-americani, per non parlare delle salse pronte al supermercato – e si aspettano di trovarlo anche in Italia. Noi sappiamo bene che qui non è così diffuso, ma la storia in realtà è più intricata di quanto immagini e gli americani non hanno torto, non del tutto almeno. La salsa Alfredo è davvero una ricetta di origini italiane, nata a Roma a inizio Novecento: sembra che il ristoratore Alfredo Di Lelio l’abbia ideata per aiutare la moglie a rinvigorirsi dopo la gravidanza, ed era fatta solo da tre semplicissimi ingredienti, pasta, burro e parmigiano mantecati per ottenere una salsa cremosa. Il piatto è diventato poi popolare tra i clienti del suo ristorante, il “Ristorante Alfredo”, attirando anche celebrità e turisti da tutto il mondo. Il piatto ha ottenuto grande fama negli Stati Uniti nel corso del XX secolo, dove è diventato le “fettuccine Alfredo” ma dove la ricetta si è anche “storpiata” in una versione molto più sostanziosa a cui viene aggiunto di tutto, dalle verdure al pollo a tocchetti.

4. Le french fries non sono francesi

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In questo caso si tratta più di una curiosità storica che non di un vero e proprio piatto fuorviante, anche perché diciamoci la verità, le patatine fritte ormai sono praticamente ovunque. Solo che il nome inglese con cui sono conosciute a livello internazionale potrebbe creare confusione: si chiamano infatti “french fries”, letteralmente patatine francesi, ma questo non vuol dire che se vai in Francia ti devi aspettare patatine fritte stupefacenti o grandi celebrazioni della ricetta. Le french fries, infatti, non sono francesi ma sono una specialità del Belgio, anche se i francesi non sono del tutto d'accordo con questa versione della storia. Cosa c’entra la Francia? Esistono due teorie in merito. Secondo la prima versione i soldati nordamericani di stanza nella regione della Vallonia scoprirono questo spuntino di patate fritte e poiché la lingua dominante nel Belgio meridionale è il francese, la gustosa pietanza venne soprannominata “french fries”. Un’altra teoria afferma invece che il termine “French” sia stato utilizzato per indicare lo stile di taglio delle patate “alla francese”.

5. La "parmesan" non è mai una parmigiana italiana

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All’estero, soprattutto nei paesi anglosassoni, il termine “parmigiana” è spesso associato a piatti come il chicken parmesan o eggplant parmesan, che prevedono l’uso di carne o verdure impanate, fritte e poi cotte al forno con salsa di pomodoro e formaggio fuso. Queste versioni sono nate come adattamenti della cucina italiana da parte delle comunità di immigrati, che hanno reinterpretato ingredienti e ricette in base alla disponibilità locale e ai gusti del luogo. Sebbene il chicken parmesan non esista nella tradizione culinaria italiana, e la “parmigiana” in Italia sia classicamente quella di melanzane (senza carne e con strati ordinati di verdura, sugo e formaggio), queste varianti internazionali rappresentano una forma di cucina italo-americana a sé stante. Non sono copie autentiche, ma evoluzioni culturali che hanno trovato una loro identità e popolarità, e che raccontano un'altra storia, diversa ma comunque legata alle radici italiane.

6. La "pasta primavera" non esiste

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Il nome “pasta primavera” suona italiano e fresco, e spesso inganna i turisti italiani che la trovano nei ristoranti americani o britannici. In realtà, si tratta di un piatto nato a New York negli anni '70, a base di pasta con verdure saltate, talvolta con aggiunta di panna o formaggi. In Italia non esiste un piatto codificato con questo nome: si preparano certamente primi con verdure primaverili, ma vengono chiamati semplicemente “pasta con le verdure” o specificando gli ingredienti, come “pasta con zucchine e menta”. “Primavera” in questo contesto è una licenza poetica nata all’estero, che magari è stata mutuata anche da qualche italiano: ordinandola, però, dentro potresti trovarci ingredienti molto diversi da quelli che ti aspetti.

7. La "Florentine" non è sempre una bistecca alla fiorentina

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Per un turista straniero che legge “Florentine steak” in un menù internazionale, il riferimento è spesso vago. A volte viene servita una normale bistecca con spinaci (piatto noto in Francia come “à la florentine”, appunto con gli spinaci), del tutto diversa dalla vera bistecca alla fiorentina: un taglio spesso di carne di vitellone o chianina, cotta alla brace, con osso e al sangue. Il termine “florentine” nel mondo anglosassone può indicare piatti molto diversi e spesso non ha nulla a che vedere con Firenze o la tradizione toscana. Nel mondo anglosassone, l’aggettivo non è usato in modo rigoroso e può riferirsi a piatti con spinaci, come nei casi di “Eggs Florentine” o “Chicken Florentine”, dove “à la Florentine” significa semplicemente “con spinaci”, mutuato dalla cucina francese.

8. Il "Garlic bread" all’italiana? Mai visto in Italia

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Il garlic bread è uno degli accompagnamenti più comuni nei ristoranti pseudo-italiani nel mondo, soprattutto negli USA e nel Regno Unito. Pane, aglio, burro e prezzemolo: spesso viene servito come antipasto. Ma il cosiddetto “pane all’aglio” non esiste nella tradizione italiana con questa forma. Alcuni collegano vagamente il concetto alla bruschetta, ma si tratta di due cose completamente diverse per ingredienti, preparazione e contesto. Il garlic bread è un’invenzione italo-americana che ha preso una strada tutta sua.

9. L'immancabile salsa marinara

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Torniamo negli Usa per metterti in guardia da un’altra preparazione che potrebbe confonderti non poco: la salsa marinara, in inglese “marinara sauce” non ha niente a che vedere con il condimento usato sull’omonima pizza nostrana. In questo caso di tratta di un sugo italo-americano a base sedano, cipolla, carote, moltissimo aglio e un insieme di erbe odorose che viene utilizzato per condire qualsiasi piatto negli Stati Uniti, tranne la pizza come potrebbe far pensare la denominazione. In particolare è impiegata per un altro piatto che manda il cervello degli italiani in tilt: la parmigiana di pollo, una variante decisamente bizzarra della parmigiana di melanzane in cui l’ortaggio è sostituito da pollo fritto, condito con formaggio e marinara sauce per poi essere accompagnato da spaghetti in bianco o usato direttamente come condimento della pasta.

10. La genovese … è napoletana

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Un sugo cremoso, morbido, avvolgente, un condimento per la pasta bianco a base di cipolle e carne di manzo cotti a fuoco lento per tantissimo tempo finché tutto non diventa un intingolo cremoso e profumato: il sugo alla genovese è uno dei più golosi della tradizione italiana, ma non ti aspettare di certo di trovarlo se vai a Genova. La genovese è uno dei piatti più famosi di Napoli, uno di quelli di cui la città partenopea è più gelosa, al punto che fuori dai confini campani sono davvero in pochi a conoscere la gentilezza di questo ragù. Esistono diverse leggende riguardo al suo nome così fuorviante: una delle più diffuse vuole che probabilmente sia davvero nato a Genova e che fu portato a Napoli da un cuoco o un marinaio ligure, diventando iconico nella città campana e praticamente caduto in disuso in quella ligure; un'altra invece vuole che sia stata "copiata" dai cuochi svizzeri presenti nelle corti nobiliari francesi, ricollegando il nome di pasta alla "ginevrina".

11. E il Pan di Spagna? È genovese!

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Se c’è qualcosa di davvero genovese quello è il pan di Spagna: il nome è decisamente fuorviante e potrebbe portarti a pensare che la morbida base per dolci sia un’invenzione iberica, invece è italiana al 100%. Il suo nome particolare è legato a un evento storico: secondo la tradizione, a metà del Settecento, un cuoco in viaggio in Spagna con l’ambasciatore di Genova, presentò per la prima volta questo dolce dalla pasta soffice e molto leggera in un banchetto reale a Madrid. Piacque moltissimo e venne chiamato così in onore dei reali.

12. L’insalata russa non è del tutto russa

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Sfatiamo un grande mito: l’insalata russa non è un piatto tipico della Russia e non è nemmeno russa di origine, non del tutto almeno. In realtà la storia di questo piatto dalle mille varianti – praticamente ogni nazione d’Europa lo prepara in modo diverso – è estremamente ingarbugliata ed esiste in diverse versioni. Una delle più accreditate collega davvero questa ricetta con la Russia, solo che l’inventore era belga, un cuoco di nome Lucien Olivier che a metà del XIX secolo gestiva un famoso ristorante a Mosca chiamato “Hermitage”.

La ricetta di Olivier non ha nulla a che vedere con l’insalata russa come la intendiamo noi: pare che fosse preparata con oltre 100 ingredienti ma che la combinazione fosse segretissima e che lo chef se la sia portata nella tomba. Oggi esiste una sorta di insalata russa in Russia, ma si chiama insalata Olivier ed è molto diversa dalla ricetta italiana, ugualmente iconica ma che non ha niente a che fare con l’insalata russa originale di chef Olivier: avrebbe preso il nome di “russa" da rusa, termine in dialetto piemontese che indica il colore dato dalle barbabietole usate nella ricetta del 1800 nata alla corte dei Savoia. In sostanza quindi esistono molteplici versioni dell'insalata russa, di cui una effettivamente russa, ma quella che conosciamo noi con la nazione Russia non a niente a che fare.

13. La Carbonade non c'entra nulla con la carbonara

carbonade alla fiamminga

Chi legge “carbonade” su un menù internazionale potrebbe pensare a una variante della pasta alla carbonara, magari con qualche tocco creativo. In realtà, la carbonade flamande (o carbonnade) è uno stufato di manzo alla birra tipico del Belgio e del nord della Francia, completamente diverso dalla carbonara italiana. Il nome deriva dal metodo di cottura lento e tradizionale, spesso associato a piatti “di carbone” o di osteria. Il rischio di confusione è alto, perché il termine “carbonade” assomiglia molto a “carbonara”, ma i due piatti non hanno nulla in comune, né per ingredienti né per provenienza. È un esempio perfetto di come la somiglianza linguistica possa portare a malintesi gastronomici.

14. Il "pudding" inglese non è un budino

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Per un italiano la parola “pudding” richiama subito l’idea di un dolce al cucchiaio, simile al nostro budino. In Inghilterra, però, il termine ha un significato molto più ampio e può indicare sia piatti dolci sia salati. Il famosissimo “Yorkshire pudding”, per esempio, non è un dessert, ma un tradizionale contorno salato di origine inglese, originario dello Yorkshire, costituito da una pastella a base di uova, latte e farina, cotta al forno fino a ottenere una consistenza soffice e fragrante con un caratteristico buco centrale; oppure il “black pudding”, che altro non è che una salsiccia di sangue simile al nostro sanguinaccio salato. Insomma, se ordini un pudding in Inghilterra, potresti ritrovarti qualcosa di molto lontano da un dolce.

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Quello che i piatti non dicono
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